Capitolo 62

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Sono al quattordicesimo vestito.
Sono esausta e ho fame.
Ho provato a calarmi giù dalla finestra. La commessa mi ha bloccata. Le ho augurato di rompersi una gamba mentre scende in atelier a prendere il quindicesimo vestito.
Nella mia mente, ovviamente.

Ora sono qui stesa sul divanetto, che fisso il lampadario. La voglia di andare a mangiare è tanta, quasi quanto quella di aprire la chat di Andrew e mandarlo a quel paese.

In questi momenti mi mancano i miei amici. Una parte di me vorrebbe tornare in America per poterli riabbracciare. L'altra parte invece sa che una volta tornata lì, dovrò restarci fino all'inizio dell'estate.
Casa mia mi è mancata tantissimo, e sono stata via solo tre mesi.
Come farò a sopportarne altri sei?

Il tasto dell'ascensore si illumina, segno che qualcuno sta arrivando.
Ovviamente è la signora Martini. Che ha ancora tutte e due le gambe funzionanti. Fantastico.

La ragazza dietro di lei ha tra le mani un vestito. È completamente nero. Partiamo malissimo.

Un po' intimorita dal mio umore nero, più dell'abito, si avvicina. Mi mostra il suo migliore sorriso tirato per poi guardare speranzosa il camerino. Sembra stia andando al patibolo.
Solo perché non sa come la stai vivendo tu Jyl...

Trattengo uno sbuffo mordendomi le labbra ed entro nel camerino. Aspetto che lei sistemi il vestito sul manico, poi esce, lasciandomi da sola con questa che sembra la versione moderna della tunica della Monaca di Monza.

Con facilità lo indosso. Ha le maniche lunghe in pizzo, scomodissime. Lo scollo a cuore, che detesto, e la gonna è plissettata, e mi fa sembrare più bassa.
In più mi va un po' largo sulla pancia, il che sarebbe positivo se solo ci fosse molto da mangiare domani.
Ma probabilmente ci saranno solo tartine e schifezze minuscole.
Magari potrei andare a prendere una piadina subito dopo.

Prendo dalla borsa un elastico e mi lego i capelli in una cosa bassa.
Ora che mi guardo con tutte queste luci puntate addosso, riesco a vedere dei riflessi blu che non sono niente male.

Mi sistemo le maniche sulle braccia, cercando di non fare troppi movimenti per non rischiare di strapparle.
Gia comprare un abito qui costa tanto. Comprarne addirittura due, di cui uno inutilizzabile, è davvero troppo.

Mi guardo un'ultima volta allo specchio, convincendomi sempre di più che faccia schifo.

Scosto la tenda rosa e ritorno dalla commessa, ma trovo solo la ragazza. Credo che si senta in imbarazzo, perché continua a distogliere lo sguardo da me e quando mi sistemo sul piccolo rialzo davanti allo specchio lei mi mostra un sorriso di circostanza.

"Non ti mangio, tranquilla"
La rassicuro, facendole l'occhiolino. Questo però non ha l'effetto sperato, perché ora se possibile diventa ancora più rossa.

"Come ti chiami?"

Lei sembra perplessa, infatti passano alcuni secondi prima che risponda.
Ma ehi, le ho chiesto il nome, mica il codice bancario.

"Iris"
Balbetta, rossa in viso.

"Piacere, io sono Jyl. Hai un nome bellissimo"
Ma se ti ha sempre fatto schifo.
Stai zitta, devo pur parlare di qualcosa.

"Grazie, anche il tuo"
Credo che a momenti le verrà qualcosa, balbetta a disagio e si tortura le mani.

"È da tanto che lavori qui?"

"No"
Però se anche tu rispondi a monosillabi mi diventa impossibile fare conversazione...

"Ti hanno assunta da poco?"

"No"
Scuote la testa.
"Sto facendo uno stage per diventare stilista"
Ah ma allora sa formulare della frasi complete.

"E hai imparato qualcosa?"
Le domando sincera. Lei mi guarda dubbiosa.

Il Rumore Del SilenzioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora