Cap 132. Scegliere è difficile

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"Che....che COSA?" sbottò Jensen sconvolto.

Erano tutti sorpresi per via di quest'ennesima dichiarazione. Sam però disse:

"Io...lo sospettavo..." disse.

Tutti si voltarono verso di lui.

"Lo...lo sapevi e non mi hai detto niente?" chiese Jensen.

John era più sorpreso di Jensen sentendo che suo figlio sapeva ogni cosa.

Sam tentò di giustificarsi imbarazzato.

"Non so perché non te l'ho detto.." esordì imbarazzato. "Sai che ti direi tutto...ti dico tutto. Non credo neanche che lo sapessi davvero e non ricordo come l'ho saputo bene..credo fosse più un'intuizione di...Jared, sai..." disse Sam confuso.

Jensen lo fissò preoccupato. Avrebbe dovuto pensare alla condizione di Sam al più presto.

"Ad ogni modo, credo di non avertelo detto...perché...forse perché non ne ero sicuro e volevo aspettare di esserlo, ecco, sì, credo sia così."

Jensen sorrise intenerito e lo abbracciò. A quel punto si voltò di nuovo verso John.

"Stai davvero con mio padre? Da quando?" chiese poi.

" Ci siamo...avvicinati...c'è stato un piccolo avvicinamento..un incontro di labbra, quando ci siamo incontrati, poco dopo esserci visti alla sua baita, quando tu eri stato preso da quei bastardi e mio figlio era sotto ipnosi per ricordare."

Sam si ritrovò a pensare:

Sapevo di avere ragione...quando li ho visti sfiorarsi le mani...

Poi però sgranò gli occhi e si rese conto di non ricordare quel momento. Oh, era così frustrante questa amnesia. Era chiaro che non poteva vivere così!

Jensen comunque sorrise.

"Beh, se voi siete felici, lo siamo anche noi. " disse ancora stordito ma sorridendo. "Ma...come è successo? Raccontateci!"

"Non c'è molto da dire. A dire la verità è come se c'era qualcosa fin da quando eravamo ragazzi. Uscivamo insieme, eravamo migliori amici, poi Bobby è scomparso e non ho saputo più niente di lui..il destino ci ha divisi e riuniti di nuovo. Sapete, sono quelle cose che non si possono spiegare, ma forse Bobby può fornirvi più dettagli, mi ha detto che se la rivelazione sarebbe andata bene, avrei dovuto invitarvi tutti a cena a casa. Mia, ovviamente, ma lui avrebbe cucinato. Vuole fare le pizze fatte in casa."

Jo, Sam e Jensen sgranarono gli occhi.

John che si fidanzava con Bobby e li invitava a casa per mangiare la pizza fatta in casa.

Da Bobby. La fantascienza non aveva limiti.
Accettarono.




*

Quando arrivarono a casa di John, sorrisero a vedere Bobby, con le mani sporche di farina che faceva le pizze.

Cas, Jensen e Sam andarono in salotto a vedere la partita, mentre Jo si era offerta di tenersi occupata, preparando un budino alla vaniglia per tutti, da mangiare dopo le pizze.

La cenetta fu allegra e goliardica. Il discorso si spostò sulle relazioni, John parlò finalmente a cuore aperto del suo innamoramento per Mary, una ferita che si era chiusa una volta che realizzò finalmente che era giusto che Mary stesse con il marito. Da parte sua, era contento che le cose fossero andate in quel modo, perché ammirava il legame tra Mary e il marito, così fedeli l'uno verso l'altro da tanti anni...

"Se non si considera la scappatella con te.." rise Sam. Tutti risero e John brontolò sul fatto di avere un figlio con la lingua troppo lunga.

Poi riprese a dire che era convinto che finalmente tutti stavano con chi erano destinati a stare.

A quelle parole Sam sentì una nota di inquietudine farsi strada in lui.

Soprattutto quando John cominciò a parlare della sua storia d'amore con Jensen.

"Voi due eravate destinati a stare insieme!" disse e poi il discorso tornò sulle anime gemelle, il progetto che avevano in mente, bla, bla...

E a scanso di fraintendimenti, John chiarì ancora una volta.

"Sono a favore della sperimentazione per chi desidera trovare l'anima gemella ma non sarà un'imposizione obbligatoria. Sarà solo per chi vuole farlo. La gente ha ancora il diritto di scegliere con chi vuole stare, senza l'influenza di un potere più grande." E dicendo così, diede un fugace bacio sulle labbra a Bobby.

Poi i due cominciarono a raccontare aneddoti divertenti


"Ti chiamavi John Morgan, ti piaceva suonare la chitarra, e mangiare le patatine fritte al mattino e il cappuccino a mezzogiorno, detestavi la violenza e il sangue e proprio per questo decidesti di diventare un poliziotto, per impedire alle persone cattive di fare del male alle donne e ai bambini. Quella era la cosa che detestavi più di tutti. Che facessero del male alle donne e ai bambini."

"Costringevi anche me alla tua assurda idea di pranzo e colazione, scarrozzandomi in giro per i bar." disse Bobby commosso.

E riparlarono anche del vero motivo per cui Bobby aveva abbandonato la sua famiglia tantissimi anni fa.

"Ho mantenuto la promessa, John. Ne sono uscito. Non volevo far più parte di una setta che facesse del male alle persone innocenti e plagiasse le giovani menti innocenti, e che Dio mi perdoni, non ho più voluto saperne niente, né ho tratto in salvo qualcun altro, e mi vergogno, e provo rimorso per questo, ma ne sono uscito, John!"

Bobby era fuggito per proteggere la sua famiglia.





Alla fine della cena, i ragazzi si congedarono da Bobby e John e fecero una piacevole passeggiata per le strade di Venezia, poi salutarono Cas e Jo e andarono a casa loro.

Sam aveva qualcosa che non andava e Jensen se ne accorse. Era stato strano per tutta la serata.

"Sam...amore.." disse Jensen, toccandogli le spalle. "Ti sconvolge che i nostro padri stiano insieme?" chiese.

"Io...no! Sì. Cioè no, sconvolgere non è la parola giusta. Mi preoccupa, ecco."

Jensen alzò un sopracciglio. "Perché?"
Sam non sapeva come spiegarsi.

"Perché...mio padre e il tuo...insomma...ne hanno passate tante..e il mio ha sofferto tanto per amore..."

"Ma adesso è tutto passato. Hai sentito cosa ha detto su Mary. Lui è felice che lei è innamorata del marito e non sta più male per lei. Vuole stare con Bobby adesso e..."

"Sì, lo vuole, è vero, ma se fosse un errore??"

Jensen lo fissò stupito.

"Un errore? Io non capisco, Sam..."

"Forse non è davvero quello che vogliono. Mi sembra che questa cosa..sia avvenuta un po' troppo in fretta. Voglio dire...e se...se si fossero messi insieme perché li ha....avvicinati...la nostra situazione? Loro sapevano esattamente cosa l'altro stesse provando, il dolore e la paura di perderci...situazioni simili...e si sono avvicinati...e quindi credono magari..."

"Frena, frena un attimo...non puoi...dire certe cose. La condivisione della stessa esperienza unisce, ok? Ma non fino a questo punto. Insomma...guarda Cas. È stato al nostro fianco da quando eravamo bambini. Non mi sembra che né io né te siamo finiti a letto con lui. Perché dici queste cose?" rise Jensen un po' a disagio.

Sam sospirò.

"Senti, Jens...io non voglio sconvolgerti, né farti incazzare. So che Bobby è tuo padre ma...non possiamo essere sicuri che per John è...l'amore della vita, capisci?"

Jensen aprì la bocca senza sapere cosa dire, poi balbettò un:

"Comunque...sono affari loro...se vogliono stare insieme, noi...non siamo nessuno per impedirlo. Staranno insieme fino a quando vorranno e se poi vorranno finirla, che sia." Disse stavolta un po' irritato.

Sam però non aveva nessuna intenzione di arrendersi dal non fare niente.

"Dovremmo restare in disparte a guardare, in balia degli eventi? Jensen, mio padre ha sofferto già così tanto, non reggerebbe un'altra delusione..io voglio solo...essere sicuro che non sia uno sbaglio...."

Jensen si passò una mano sulla faccia. "Beh, non possiamo avercela questa sicurezza..."

"Certo che non possiamo, perché quel testardo di mio padre non vuole sottoporsi al trattamento per la localizzazione dell'anima gemella."

Jensen sgranò gli occhi. Ecco dove voleva andare a parare Sam!

L'aveva quasi intuito che volesse arrivare lì, ma non osava chiederlo.

"Se non vuole farlo, dovremmo rispettare la sua scelta." Disse Jensen.

Sam abbassò lo sguardo e poi disse:

"No."

"Scusa?" chiese Jensen e questa volta si stava davvero irritando.

"Non dovremmo farlo. John non sa cosa sta facendo. È come quando diceva che se sei attaccato a qualcuno puoi fingere di non vedere che non è la persona adatta a te. Lui sa queste cose bene perché ragiona esattamente così. È per questo che non vuole provare il trattamento. Ha paura di scoprire che non è Bobby.,....."

"E se anche fosse?? Se anche fosse che non lo è??? Che differenza fa??" cominciò ad alterarsi Jensen.

"C'è la differenza..."

"Io non...non riesco a capire dove vuoi andare a parare, ma comunque puoi pensarla in questo modo se ti fa piacere, tuo padre non vuole farlo e non lo convincerai mai, quindi auguri."

"Se non vorrà farlo, glielo farò io..." disse Sam, vergognandosi.

Jensen sgranò ancora di più gli occhi. Non poteva credere a quello che aveva appena sentito.

"Davvero? E come pensi di fare? Gli infilerai una siringa nel cervello mente grida terrorizzato?"

"Pensavo di addormentarlo prima...senza che se ne accorga..."

"Tu sei pazzo, SAM. PAZZO!" disse Jensen spintonandolo.

Sam barcollò e poi gridò di riflesso:

"Non posso lasciare che nasconda la testa sotto la sabbia!!"

"È UNA SUA SCELTA!" gridò di rimando Jensen.


Sam rimase sconvolto dalla furia di Jensen e cercò di calmare gli animi.

"Jensen...non arrabbiarti per favore....non litighiamo..."

"Sei tu che vuoi litigare..."

"Non capisci, io mi preoccupo solo per mio padre..."

"Mi ameresti di meno, mi lasceresti, se non fossimo anime gemelle?"

Sam sentì una fitta di dolore a quelle parole. No! Non avrebbe mai potuto lasciarlo.

"Jensen, noi ci siamo incontrati perché siano anime gemelle...ricordi come è avvenuto il tutto? È stato il dottor Dagherov a far sì che noi ci incontrassimo..che venissi da te...se non avesse fatto quello che ha fatto, avremmo potuto non incontrarci mai..."

Jensen chiuse gli occhi respirando forte, provando a calmarsi. Sam lo aveva fatto davvero incazzare, ma capiva che alla fine rimandava tutto al loro amore. Era in nome di quello che Sam ancora una volta stava agendo in maniera impulsiva.

"E io ti amo così tanto...capisci quindi che...se c'è la possibilità che posso vedere mio padre felice tanto quanto lo siamo noi, io voglio che lo sia..." disse Sam, cercando di accarezzargli il viso.

Jensen con grande sforzo dovette costringersi ad allontanarsi da lui questa volta.

"Non è una tua scelta...ed è anche di mio padre che stiamo parlando. Come puoi essere così egoista?"

Quelle parole a Sam non andarono giù. Non sopportava più gli insulti di Jensen.

"Ma certo...io sono stupido, pazzo, impulsivo, irrazionale...e ora anche EGOISTA!!" disse con gli occhi lucidi.

"Io non.."

"Stà tranquillo, Jensen, una volta completata la cura, potrai finalmente sbarazzarti di me!! Non vedi l'ora, vero??"

Silenzio.

Sam ancora tremava mentre aspettava che Jensen gli desse una risposta. Quest'ultimo camminò piano verso di lui, fece il verso come per dargli uno schiaffo. Sam girò la testa e chiuse forte gli occhi, ma Jensen non lo colpì. Abbassò la mano lentamente, come l'aveva alzata.

"Come puoi...dire questo, dopo tutto quello che abbiamo passato...dopo tutto quello che ho fatto per te, per noi. Dopo che piango nel cuscino ogni notte, mordendomi la lingua, per non farti sentire i singhiozzi, per non farmi sentire da te, mentre dormi, per non farti sentire che sto piangendo..."

Sam spalancò la bocca incredulo. Jensen si allontanò, Sam cercò di afferrarlo disperatamente per un braccio.

"Jensen, perdonami, ti prego. Non volevo dire quelle cose."

Jensen si voltò verso di lui, ancora arrabbiato, mentre Sam cercava di portargli le mani sul viso, dicendo ancora:

"Perdonami. Ti amo. "

Jensen chiuse gli occhi.

"Tu sei più importante...più importante di tutto..."

Delle lacrime scivolarono lungo le guance di Jensen, mentre teneva gli occhi ancora chiusi.

"Hai ragione, sono stato un egoista. Non ho pensato a te. Scusami. Scusami."

Jensen dovette farsi violenza su sé stesso per allontanarsi dalle sue mani calde.

"Quello che tu vuoi fare...è una follia...Sam...dopo tutto quello che abbiamo passato, potremmo stare in pace, perché...perché vuoi scatenare un'altra baraonda che non sai dove ci porterà? Perché?"

"Jensen, io...mi dispiace...io non.."

"Non posso aiutarti. Mi dispiace. Non questa volta." Disse Jensen, scuotendo la testa e andando via.


Sam singhiozzò e crollò a terra in ginocchio.

Provava dolore. Un dolore fortissimo.

Essere anime gemelle non voleva dire fuggire dal dolore.

La fuga dal dolore era solo un'illusione.

Amore e Morte nel mirino - SoulmatesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora