30. Hero

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Quando parlo il mio tono è deciso e convinto, ma in testa quelle parole non hanno senso, perché so che sarà difficile se non impossibile. È bastata una cazzata a distruggerci, di cazzate ne succederanno a miliardi e io non riesco a continuare così. È vero che lei mi ha perdonato per una cosa ben peggiore, lo so. La perdonerei, ma so che così è meglio per entrambi, colleghi, e niente di più.
«Ma... perché dici così?» dice delusa mettendomi una mano sulla mia.
Tolgo la mano. «È meglio così, fidati» rispondo freddo.
«No no, Hero, non è meglio così. Tu non vuoi questo, te lo leggo negli occhi, e nemmeno io. Ti prego risolviamo questa cosa...»
«Si hai ragione, nessuno dei due lo vuole, ma è meglio per entrambi.»
Abbassa lo sguardo, poi mi guarda di nuovo negli occhi e avvicina leggermente il suo viso alla mia faccia, ma è abbastanza distante che non riesco a sentire il suo respiro.
Distolgo lo sguardo e torno a mangiare.
«Hero... guardami, ti prego» dice con voce rotta.
Mi rifiuto ancora di guardarla e lei scoppia in lacrime.
«Lo so! Ho sbagliato a fare quel che ho fatto, ma puoi guardarmi? Ti faccio così schifo per quello stupido bacio da non volermi guardare in faccia?» fa una pausa. «Hero, guardami» singhiozza.
Mi volto e le rivolgo il mio sguardo.
«No, non mi fai schifo, il problema è proprio questo. Se mi avresti fatto schifo a quest'ora non sarei qui a prendermi cura di te quando stai male, a prepararti da mangiare, a ospitarti qui nonostante tutto, ad ascoltarti e a dirti che dobbiamo chiudere per il bene di entrambi!» faccio un respiro profondo.
Lei mi ascolta in silenzio e qualche lacrima le riga le guance.
Continuo: «È facile capire perché sono ancora qui con te, dovresti capirlo da sola... avanti, dillo.»
«Perché... perché tu mi ami?»
Cristo, ci è arrivata. È così poco evidente?
«Esatto, cazzo...» mi prendo la testa tra le mani.
Quando lei chiude gli occhi due grosse lacrime le scivolano fino al collo. Tira su con il naso. «E io sono qui per lo stesso motivo, se non fosse stato così sarei con quel ragazzo forse e invece sono qui... con te.»
Se siamo insieme oggi non è per sua volontà, si è imbattuta puramente per sbaglio in me.
«Non sei stata tu a volermi vedere, io ero a casa, tu non te lo aspettavi e boom» simulo una bomba che scoppia con le mani.
«Hai ragione, ma non me ne sono andata, sono rimasta qui a mangiare con te e potrei rimanere fino a domani se tu lo vuoi...»
Certo che voglio che resta.
Mi alzo e vado a sedermi sul divano con la mia lattina di birra in mano. «Resta sempre quel fatto, Jo» dico tranquillamente.
«Hero, come te lo devo dire che ho sbagliato e che mi dispiace? Non posso fare altro che scusarmi!» Viene a sedersi accanto a me. «Dimmi due cose: che cosa dice la tua testa di fate con me?»
Perché queste domande? Non voglio rispondere.
«Rispondi.»
«La testa? Be', la testa dice di lasciarti andare per sempre e provare a ricominciare da zero, essendo colleghi e basta. Ora che hai avuto la tua risposta, altro?»
«Seconda cosa: il tuo cuore che ti dice?»
Bella domanda, ma anche per questa so la risposta.
Chiudo gli occhi mentre cerco le parole giuste, mi massaggio la nuca e inumidisco le labbra.
«Il cuore dice cose ben diverse...» dico sottovoce, come se non volessi essere sentito.
«E che cosa dice?» Jo mi incita a continuare.
«Lui... lui vuole tenerti stretta, baciarti, farti compagnia quando ti annoi, prendermi cura di te, coccolarti, renderti felice... ma come posso renderti felice? Tu mi rendi felice solo con un sorriso mentre io... ti rendo felice?»
Merda, con questa ragazza mi sciolgo troppo facilmente... non riesco a fare il duro con lei.
Mentre pronunciavo queste parole lei è arrossita evidentemente.
«Certo! Certo che mi rendi felice» mi prende il viso tra le mani. «Non pensare a cosa voglio io, perché se sono qui e ti sto pregando di perdonarmi è evidente. Pensa a cosa vuoi tu. Tu cosa vuoi?»
Avvicino il mio viso al suo e appoggio la fronte contro la sua. Lei chiuse gli occhi.
«Io voglio te... Jo, ti amo da morire, lo giuro.»
Sorride con gli occhi chiusi. È bellissima.
«Ti amo anche io.»
«Sono un casino... e tu—»
«Siamo entrambi un casino, e insieme siamo un bellissimo casino» apre gli occhi, mi guarda e ridacchia.
«Fanculo» sussurro e la bacio con trasporto prendendole il viso tra le mani.
La sua lingua si fa strada nella mia bocca e va in cerca della mia. Mi sfiora e seguo i suoi movimenti. Le mani di Jo toccano le mie spalle e mi fa sdraiare su di lei, io mi reggo sulle mani.
Smetto di baciarla e inizio a farle un succhiotto sul collo, dove si vede. Lei respira pesantemente e sorride mentre mi accarezza i capelli.
«È pazzesco come tu mi sia mancato così tanto, non ci siamo parlati per una notte e una...» le alzo la maglietta e le bacio tutta la pancia «e una mattina e già sento il bisogno di te...»
«È la stessa cosa per me.»
Arrivo al bottone dei suoi jeans, le rivolgo uno sguardo come per chiederle il permesso di toglierli.
Annuisce e alza i fianchi.
Muore dalla voglia di fare qualcosa o di farsi fare qualcosa.
«Voglio farti una cosa, forse lo hai già provato in vita tua... ma nessuno lo fa come lo faccio io...»

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