98. Hero

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Sono così contento di riaverla tra le braccia... Cristo, è come tornare a casa dopo un lungo viaggio. Casa è sempre casa.
Durante quel periodo di pausa, dopo qualche settimana mi sono rassegnato, sarebbe stato inutile piangermi addosso, ma non nego che mi mancava. Il suo profumo, il ritmo del suo respiro, il battito del suo cuore... sono essenziali per me. Banale da dire? Sì, ma è la verità, cazzo.

Dio. Giuro che quel telefono lo tiro dalla finestra.
«Jo» la chiamo. «Spegni questa cazzo di sveglia.»
La sento ridacchiare sotto i baffi. Non c'è niente da ridere, è traumatizzante.
Mi avvicino a lei, mettendole un braccio attorno alla vita e mi sorreggo su un gomito guardandola dall'alto. «Ti sembra divertente?» La sveglia suona ancora.
Mi guarda divertita, con una mano si copre la bocca e cerca di trattenere le risate, ma poi scoppia a ridere. «Scusa.»
«Un cazzo.» Allungo il braccio e clicco su "interrompi". «Finalmente» e mi lascio cadere a fianco a lei.
Si gira verso di me. Nella mia camera c'è una finestra da cui entra la luce del sole che illumina gli occhi della ragazza più bella che conosca. È difficile descrivere il loro colore. Si tratta di un delicato, blu cristallino che deriva dal grigio-azzurro. Non so perché, ma questo è il colore che mi viene in mente.
«Perché mi fissi?» domanda. Sembra una bimba.
Non mi ero accorto di starle fissando gli occhi, l'anima. «Pensaci, il motivo è sempre lo stesso.» Le bacio la fronte.
Sorride, e batte le palpebre più volte. «I miei occhi, vero?»
Annuisco, mettendole una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
Sospira. «Io amo i tuoi. Potrei guardarti negli occhi per ore intere senza distogliere lo sguardo nemmeno per un secondo.» Mi accarezza lo zigomo con il pollice. «Ricordo la prima volta che ti ho visto ho pensato fossero azzurri, poi quando stavamo andando nelle nostre camere e mi hai detto "Vicini di stanza, allora?" ho realizzato che erano verdi.»
Amo quando condivide questi ricordi con così tanta spensieratezza, perché in effetti sono ricordi ingenui, banali e prematuri, l'inizio di noi.
«Non sono né azzurri né verdi in realtà, dipende» preciso.
Ridacchia. «Lo so. E da cosa dipende?»
Alzo le spalle. «Boh, forse dalla luce, o dal mio stato d'animo, chi lo sa» e ridiamo insieme.
Mi prende il viso tra le mani e mi guarda le labbra. «Sai che mi sei mancato tantissimo?»
«Non lo so, dimmelo tu.» Alzo un po' la testa e le nostre labbra quasi si toccano. Sento il suo respiro sul mio viso.
«Mi sei mancato da morire» conferma, e mi bacia dolcemente. Le nostre labbra sono come un puzzle, coincidono perfettamente.
«Cosa ti è mancato di più di me?» le chiedo.
Si guarda furtivamente attorno. «Tutto.»
Mi lascio scappare un sorriso. «No, voglio saperlo nel dettaglio. Dimmi, cosa ti è mancato di più di me?» le ripeto la domanda.
Socchiude gli occhi e ci pensa su qualche secondo. Sospira prima di parlare: «La tua voce al mattino, i tuoi abbracci a letto, le coccole,» ridacchia «i baci, il tuo corpo...»
«Il sesso?» la interrompo. Odia e adora allo stesso tempo quando parlo così esplicitamente.
Alza gli occhi al cielo. «Hero! Cercavo di essere romantica.»
Rido. «Oh, okay. Continua pure con le tue sdolcinatezze» le faccio una smorfia disgustata.
«Bene, mi hai interrotta? Ora non andrò avanti con quello che avevo intenzione di dire.»
Sbuffo. «Dai, piccola, ti prego. Continua.»
Scuote la testa. «No no, te la sei cercata» alza le spalle. «Mi dispiace.»
«Fanculo.»
Ride, mi da un ultimo bacio e si alza.
Oggi c'è il firma copie. Sarà pazzesco. Incontreremo un sacco di gente, parleremo davanti a loro, ed io e Jo dovremo fare di tutto per non scambiarci sguardi che possano essere fraintesi. Da questo punto di vista, sarà un'impresa.
È la mia donna e non c'è momento in un cui non la guardi come se fosse il mio mondo. Quando siamo insieme siamo nel nostro mondo, gli altri non contano.

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