80. Jo

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Marzo 2019

Ricordo quella notte di dicembre benissimo, perché è stata l'ultima che ci siamo toccati.
Sapevo che quello che stavamo facendo era sbagliato, sbagliatissimo. Ma non mi importava, in qualche modo me lo sentivo che quella sarebbe stata l'ultima volta che le sue mani mi avrebbero portato in paradiso e che le mie avrebbero toccato il suo. Non mi pento di averlo fatto.
Dopo che avevamo avuto l'orgasmo, non mi sono girata dall'altra parte voltandogli le spalle, l'ho abbracciato.
Mi accarezzava la schiena delicatamente e mi rassicurava ripetendomi che sarebbe andato tutto bene. L'ho amato come non mai in quel momento. Nonostante gli avessi appena chiesto di prendere una pausa, lo avessi toccato dopo aver detto che non avremmo dovuto farlo, è stato lì per me. Ho realizzato per la prima volta che mi amava sul serio; quello che provava per me non era un semplice sentimento forte, ma amore vero. Quando ami qualcuno faresti di tutto per permettergli di essere felice, e lui l'ha fatto. Per la verità io non ho pensato molto a lui quando ho preso questa decisione, perché era ovvio che sul momento non ne sarebbe stato felice, ma sapevo che riflettendoci si sarebbe conto cosa fosse meglio per entrambi. Abbiamo fatto la scelta giusto.
A capodanno siamo andati ad una stupida festa di una delle amiche mie e di Kath. Non mi sono seduta sulle sue gambe mentre bevevamo e ridevamo stravaccati su dei divanetti, non l'ho baciato, non gli ho tenuto la mano... eravamo semplicemente insieme. Sembrava uno di quegli appuntamenti ingenui e timidi premeditati del liceo. Mi sono sentita una ragazzina, non la donna che mi sentivo quando ero a letto con lui, nella nostra casa.
I giorni successivi all'ultimo tocco — come ho soprannominato quella notte — abbiamo dormito comunque insieme. Ci addormentavamo distaccati, senza sfiorarci, ma la mattina mi ritrovavo ogni volta tra le sue braccia. Nel sonno finivamo sempre per abbracciarti.
Il 4 gennaio siamo rientrati a Los Angeles. Sull'aereo non eravamo seduti vicini perché Hero ha fatto il biglietto dopo di me. Ogni tanto veniva a trovarmi per sgranchirsi le gambe e mi chiedeva come stavo. Era seduto qualche sedile dietro di me; io un posto nei sedili di sinitra lato corridoio, lui anche ma era in quelli di destra.
Mi sono voltata verso dietro sporgendo la testa, e ho incrociato i suoi occhi... mi stava guardando e sorrideva, poi mi ha mostrato un pollice in su e sono scoppiata a ridere.
Durante le tre ore di scalo a Sydney abbiamo mangiato qualcosa da Burger King e girovagato per qualche negozio, senza comprare nulla. Qualche ragazza ci ha fermati per fare una foto e ci ha chiesto: «State insieme?»
Hero ha guardato me e ha scosso la testa.
«Oh, no. Siamo qui per questioni lavorative» le ho risposto con un sorriso.
Ancora non eravamo troppo conosciuti per non poter viaggiare senza delle guardie del corpo, ma qualcosa sapeva chi eravamo.
Abbiamo aspettato al nostro gate in silenzio. Io leggevo e lui smanettava un po' su Instagram per noia. Ho alzato lo sguardo dal libro e l'ho guardato. Ha incrociato il mio sguardo ed è rimasto in silenzio con un mezzo sorriso sulle labbra e quella fossetta sulla guancia destra. Quanto avrei voluto baciargliela.
Eravamo in un silenzio un po' imbarazzato, nessuno dei due sapeva come spezzarlo, così mi sono concentrata nuovamente sui pensieri di Tessa per non badare ai miei. Stavo già finendo il primo libro.
Ci siamo imbarcati sull'aereo, avremmo dovuto affrontare tredici lunghe ore di volo. Stavolta il mio posto ero tra i sedili del mezzo, mentre il suo sempre a destra.
Ho ricominciato a leggere e avevo finito. Ero in lacrime, ma ero in pubblico e mi sono trattenuta dal singhiozzare.
Hero si è girato verso dietro — adesso era lui ad essere qualche sedile più avanti — e vedendomi piangere ha mimato «Tutto okay?» con le labbra.
Gli ho mostrato il libro e ho simulato un cuore che si spezza con le mani. Ha riso ed è tornato a guardare davanti a sé.
Avevo messo a portata di mano After We Collided così avrei potuto iniziare a leggerlo subito dopo. La storia era così avvincente che non riuscivo a smettere di leggere. C'era molto di più di quel che credevo nella storia di Hardin e Tessa, davvero molto di più. Dopo un po' mi sono addormentata e mi sono svegliata solo quando stavano servendo da mangiare. Avevo dormito cinque ore, ne mancavano quattro all'arrivo.
Poi mi è tornato in mente il fatto che quando saremmo arrivati avrei preso la mia roba e sarei andata da Anna, e mi sono rabbuiata. Così ho continuato a leggere per non pensare ai miei problemi ma a quelli di Hardin.

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