95. Hero

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«Sei pazzo!» esclama, mentre la tengo in spalla correndo per raggiungere le nostre camere.
Ho un flashback. Ricordo il primo giorno ad Atlanta, la stavo tenendo proprio come sto facendo ora e rideva a crepapelle, e in quel momento mi sono innamorato della sua risata.
«Shh! Non fare casino!» le dico, e lei stenta a trattenere le risate.
Arrivati davanti alla sua camera la metto giù. «Chiave» e me la mette sul palmo della mano. Apro la porta alla velocità della luce.
Mi spinge dentro e dopo aver chiuso la porta ci poggia la schiena sopra. Metto le mani ai lati della sua testa e la bacio con trasporto, passione e gelosia, non come facevo in terrazza.
«Sei mia, vero?» le dico guardandola negli occhi.
Il suo respiro è caldo e pesante sul mio viso, quando dice: «Non ho scelta, che lo voglia o no.» Mette le mani sulle mie spalle e le stringe. Le bacio il collo e mugola piano.
«Tu lo vuoi o no?» le chiedo mentre le sfilo la maglia del pigiama da sopra la testa. Oh... questo reggiseno di pizzo bianco... fa sembrare il suo seno pieno ancora più eccitante.
«Lo voglio.» Ansima. «E tu? Sei mio?» Le sue mani sono sotto la mia felpa azzurro chiaro e toccando il mio addome mentre la tolgo.
Riesco a sentire la mia erezione crescere, crescere per lei. Amo il modo in cui mi ha fatto quella domanda. «Si, cazzo.»
Sorride, fiera di avermi, di possedermi. Forse è tossica come cosa, ma è vero: lei mi possiede in tutti i sensi, non c'è parte di me che non le appartiene, sono tutto suo.
La prendo in braccio, avvolge le gambe attorno al mio bacino e la faccio sdraiare sul letto. Inizio a baciarle tutta la pancia, poi traccio un sentiero fino al punto in cui i suoi seni si toccano tra loro. Faccio un succhiotto sul suo petto mentre respira pesantemente e geme.
«Hai un preservativo?» chiede, e mi ricordo che in effetti non ne ho uno con me.
La guardo e scuoto la testa. «Nella mia camera» che è persino lontana da qui.
Sospira. «Prenderò la pillola.»
Dopodomani abbiamo il firma copie. «Piccola...»
«Va bene, fa nulla» mi rassicura facendomi distrattamente i grattini in testa.
«E se poi non ti senti bene?»
«Starò bene. Sai che non è la prima volta che la prendo.»
«Sicura?» Non voglio che succeda qualcosa e che la causa sia "una scopata".
Annuisce. «Mi stai facendo impazzire e ora non puoi pentirtene.»
«Ho anche delle mani oltre ad un cazzo, bellezza» e ridacchio.
Ride. «No, amore.»
Sogghigno. «Ah, quindi hai proprio voglia di cazzo?»
«Smettila!» e mi fa spostare accanto a lei. Si gira verso di me, si poggia su un gomito. Amo i suoi occhi — scusate, piccolo appunto. Si mette a sedere e mi monta a cavalcioni, giusto lì sopra. Si struscia contro il rigonfiamento dei miei pantaloni di tuta e prendo un respiro improvviso.
«Sai cosa?» dice, e fa scorrere le dita sulla mia pelle nuda arrivando fino all'orlo dei pantaloni messi a vita bassa, da cui si vedono un po' i boxer e le passa in quel punto. Porca puttana... Un brivido mi percorre.
«Cosa?»
«Chi se ne frega. Tanto ho portato delle pillole, per le evenienze come questa» fa spallucce.
Quindi si aspettava che qualcosa sarebbe successo... Io i preservativi li porto a prescindere, chiunque potrebbe averne bisogno. Quando sto con i miei amici ne abbiamo sempre uno con noi, in caso a qualcuno servisse. Si chiama "amicizia tra uomini", molti di noi fanno anche questo, già. Bisogna sempre essere pronti.
«Vuoi farlo allora?» le chiedo un'ultima volta.
Annuisce, e inizia ad abbassarmi boxer e pantaloni insieme. Alzo i fianchi per aiutarla.
«Casomai, io te lo avevo detto, okay?» le dico scherzosamente, abbassandole i pantaloni del pigiama e gli slip molto sottili.
«Si, okay. Ora zitto e fai quello che devi» mi ordina. Vuole scoparmi o essere scopata? Credo che voglia che ci pensi io, perché è ferma aspettare chissà che.
Guardo la sua bellezza qualche secondo. Poi alzo la schiena aiutandomi con i gomiti e le bacio tutto il collo e le clavicole. Mentre lo faccio, le slaccio quel reggiseno che le sta così maledettamente bene e lo butto a terra.
La rigiro sotto di me. Le mie labbra sono su tutto il suo corpo, raggiungo il linguine e decido di prendere solo un assaggio del suo buonissimo gusto. La mia lingua disegna cerchi e le mie labbra succhiano il suo punto più sensibile.
Alza i fianchi e mette una mano tra i miei capelli e l'altra sulla mia spalla. «Hero...» mugola. Questo suono che esce dalle sue labbra... «Ti prego...» mi supplica.
«Si, piccola...» Adesso sono dentro di lei. La sensazione che si prova mi era mancata da morire. È così stretta attorno a me, Dio.
«Non basta...» dice ansimando. Apre la volta più volte per parlare, ma non riesce perché ho accelerato il ritmo. «Meglio» e accenna un sorriso.
I suoi seni fanno su e giù mentre mi muovo dentro e fuori da lei. È bellissima, immersa nel piacere come adesso, con me tra le sue gambe, le pupille dilatate e la fronte perlata di sudore, mentre mugola il mio nome.
Immergo il naso tra i suoi capelli profumati e il suo collo, e il mio respiro sulla sua pelle la fa rabbrividire.
«Mi...» cerca di dire qualcosa «mi fai venire i brividi anche a cento gradi...» dice.
Mio Dio... questa cosa che ha appena detto non la dimenticherò mai. Le sorrido. «Lo so, piccola... merda...» prendo un respiro «tu mi fai lo stesso effetto.»
Mugola, emettendo un gridolino. «Oh mio Dio... Hero...» stringe forte la mia schiena.
Voglio che lo dica di nuovo. «Si... Come mi chiamo? Dillo.»
«Hero...» Il suo respiro si fa più affannoso di prima. Potrei dire che sta per venire. Infatti, le sue cosce iniziano a tremare e apre di più le gambe cercando di respingere l'impulso di chiuderle.
«Resisti... anch'io ci sono quasi.»
Annuisce e deglutisce, prima di mugolare di nuovo per poi venire. Pochi secondi dopo vengo anch'io dentro di lei.
Ci sdraiamo l'una accanto all'altra. Poi lei si alza. «Arrivo, vado in bagno.»
Un minuto dopo ritorna e si mette sotto le lenzuola. Sfiora le mie labbra con il pollice e mi bacia a stampo, con dolcezza. «È stato pazzesco.»
«Che cosa?» voglio sentirglielo dire.
«Quello che abbiamo appena fatto.»
«Sesso?» sfoggio il mio sorrisino.
Alza gli occhi al cielo. «Sei un idiota! Ma mi sei mancato tanto» mi bacia il naso.
«Anche tu.»
Si accoccola a me e mi accarezza con delicatezza il petto. Inizia a venirmi sonno pian piano.
«Ti amo» le dico sottovoce.
«Ti amo» mi assicura a sua volta.
Mi addormento, ed è la prima volta dopo tanto tempo che mi sento davvero bene e sollevato. Averla tra le braccia è una certezza, fin quando forse un giorno qualcuno la smentirà.

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