47. Hero

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Siamo atterrati e in poco tempo abbiamo ritirato i bagagli grandi. Dico a Jo di seguirmi, conosco questo aeroporto come le mie tasche.
«Eccoli!» Mercy quando ci vede uscire dalle porte degli arrivi.
«Ciao!» Jo va ad abbracciare Mercy e poi esita quando vede mia mamma. Le porge la mano: «Signora Fiennes.»
Mia madre la abbraccia e le dice: «Oh, cara, mi fai sentire più vecchia di quanto non si già. Solo Martha.»
Io e mia sorella ridacchiamo.
«D'accordo» le dice Jo e si guardano per qualche secondo.
«Be', ciao mamma, non mi vedi da due mesi e neanche mi saluti, grazie!» le dico scherzosamente.
«Smettila, vieni qui» mi abbraccia. «Mi sei mancato.»
«Almeno questo.»
Mia sorella mi da un rapido abbraccio e poi ci incamminiamo verso il parcheggio.
La macchina di mia madre è abbastanza grande da contenere due valigie e due trolley.
«Su, in macchina!» mia madre esclama salendo dalla parte del guidatore.
Mercy si mette davanti con la mamma ed io e Jo ci mettiamo dietro.
«È simpatica» sussurra.
«Ah, dici?»
Annuisce. Sono felice che le piaccia.
L'aeroporto dista un po' da casa mia, ci metteremo una mezz'oretta per arrivare.
Io sono sfinito, mi fa male la schiena e la testa, e ho fame. Appena arrivo a casa preparo un Chicken Tikka Masala, mamma ha detto che c'è tutto a casa.
Jo sospira, intuisco che anche lei è stanca morta e il viaggio l'ha stressata.
Non staremo a casa mia per la notte, andremo in un hotel, così avremo tutta la privacy di cui abbiamo bisogno. Dal 3 al 10 novembre senza poter scopare non preoccupandosi che qualcuno possa sentirci è frustrante, quindi: stanza d'hotel. Jo ha detto che ha preso una suite.
                                        ***
«Ti prego, era buonissimo! Posso un altro po'?» mi chiede Jo.
Le rispondo che può mangiarne quanto ne vuole e gliene metto un altro po' nel piatto.
Anche mia madre e Mercy hanno gradito.
Devo dire che la mamma non fa molte domande a Jo, almeno, niente di invadente, niente che possa turbare il suo stato d'animo sereno, o il mio.
«Ho cresciuto un cuoco, vero?» mia madre le lancia un'occhiata complice.
«Si» Jo ridacchia.
«Modestamente» ammetto.
Mia sorella mette una forchetta di pollo in bocca ed è pensierosa. Poi dice: «Quant'è che non fai la pizza?»
«L'ha fatta tre giorni fa» Jo risponde al posto mio.
«Falla prima che parti, per favore» Mercy mi prega.
Le assicuro che la preparerò in questi giorni e, andando a posare il suo piatto nel lavandino, mi bacia la guancia.

Qualche ora dopo, abbiamo preso la mia macchina, un po' malandata perché è troppo tempo che non la uso, e andiamo in hotel. Ci danno la chiave alla reception ed andiamo alla ricerca della nostra stanza. Ottavo piano, stanza numero 176.
Eccola.
Mi butto all'istante sul letto morbido e pieno di cuscini e coperte.
«Be', che ne pensi?» Jo si siede a cavalcioni su di me mentre io ho le mani dietro la nuca.
«Mi piace.»
Mi tira a se prendendomi dalla felpa blu che ho addosso.
Le sue labbra sono sulle mie e sento il suo respiro caldo. I nostri nasi si sfiorano e la mia fronte è contro la sua.
«Ti amo» sussurro tra i baci che mi sta dando.
«Ti amo, Hero, tantissimo» sussurra a sua volta.
Ho una voglia matta di sentirla stretta su di me, ma sono troppo stanco per oggi, anche se il mio cazzo dice esattamente il contrario.
Per oggi va così, domani è un altro giorno.

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