109. Jo

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Il Messico mi sembra un posto così allegro e colorato, ed in effetti è così. Mi trasmette tanta positività e felicità. Per le strade è pieno di ragazzi che vanno in spiaggia e chitarristi che suonano musica tradizionale per i turisti. Qui la gente è così diversa da noi, vorrei avere la loro pelle abbronzata, invece mi sento un pesce fuor d'acqua in mezzo a loro, ma credo che anche sentirsi diversi è una bella esperienza — se non ti si ritorce contro. Le persone sono allegre mentre passeggiano per il mercato, il vocio dello spagnolo messicano è qualcosa che dà ancora più armonia a questo posto. Mi guardo intorno e non posso far altro che dimenticate i miei pensieri e osservare ogni piccolo dettaglio di questa città satura, coloratissima. Non penso neanche al fatto che Hero è accanto a me e non possiamo tenerci per mano.

«È bellissimo qui, non è vero?» mi dice ad un tratto, anche lui osserva tutto ciò che ci circonda.

«Sì, sembra un altro mondo, più bello» rispondo distrattamente.

Lo guardo per un secondo e faccio appena in tempo a notare che si asciuga il viso un po' sudato con la sua maglietta bianca. Be', breve ma intenso, devo dire.

«Hai caldo?» gli chiedo, ma è la domanda più retorica che avessi potuto fargli.

«Se ho caldo? Perché lo chiedi?» ridacchia. Si passa una mano tra i capelli portandoseli all'indietro. «Perché non andiamo in spiaggia? Abbiamo messo il costume per qualcosa, no?»

Ha ragione stavolta.

Continuiamo a camminare mentre ne discutiamo. «Come troviamo una spiaggia che non sia troppo turistica?»

Si guarda attorno e si dirige verso una bancarella che vende borse fatte a mano, una signorina intreccia un materiale che non saprei definire con precisione ma che somiglia a della paglia.

Lo seguo e si ferma lì davanti. «Che stai facendo?» gli chiedo a bassa voce.

Guarda le borsette, che sono molto carine, e poi guarda me. «Che ne dici? Ne vuoi una?» dice sorridendomi.

Dato che non abbiamo ancora preso nulla per ricordo... «Mhm, sì, mi piacerebbe averne una.»

Alla fine ne scegliamo una di misura media, rosa e gialla, e la paghiamo. La signorina, che indossa un tipico vestitino messicano, ci ringrazia. Poi Hero le chiede: «Mi scusi, conosce una bella spiaggia non troppo affollata?»

Lei risponde di sì, mi fa cercare su google maps il luogo e spiega che è una spiaggia molto tranquilla, dove l'acqua e cristallina e la vita marina è poco disturbata dalla gente.

Perfetto.

Finiamo per comprare anche due piccoli sombreri dalla stessa bancarella, per evitare un insolazione e diventare scemi per il caldo.

«Allora, apri google maps e troviamo velocemente questa cazzo di spiaggia, perché sto morendo di caldo.»

«Okay okay, calma» lo rimprovero scherzosamente.

Alla fine del mercato si trova un cunicolo stretto, dove per passarci dobbiamo camminare l'uno dietro l'altra. Io sto davanti e Hero mi segue, perché tra i due ho più l'anima da esploratrice. Non è molto lunga la strada e dopo circa cinque minuti di camminata in quel vicolo soffocante siamo sbucati davanti a un bellissimo panorama. Dobbiamo solo scendere delle scale e i nostri piedi toccheranno la sabbia bianca. C'è pochissima gente — un paio di coppie e qualcuna con dei figli piccoli, tra i 3 e i 7 anni. Staremo bene qui. Nelle vicinanze c'è anche un piccolo chiosco dove vendono bevande, panini, tacos e molto altro.

Appena arriviamo sulla sabbia, ci sistemiamo vicino alla riva, stendiamo i due teli che abbiamo portato e ci spogliamo. Ho messo un bikini con il reggiseno a triangolo rosa e il sotto leggermente sfiancato di una sorta di verde acqua. Hero indossa il solito costume a bermuda.

Faccio una corsa fino alla battigia dove la sabbia non brucia e metto i piedi nell'acqua. È fantastica; è fresca e limpida, non vedo l'ora di fare il bagno.

«Piccola, mi spalmeresti un po' di crema solare sulle spalle?» Trovo Hero al mio fianco e mi mette un braccio attorno alla vita, stringendomi a sé.

«Certo. Tu hai la pelle più chiara rispetto a me, diventeresti un peperone sotto questo sole» gli dico scherzosamente e ridiamo insieme mentre torniamo a sederci sui nostri teli.

Prendo la crema e me ne verso un po' sulle mani. Inizio a spalmarla tutta sulle sue spalle, che ho sempre trovato bellissime, facendogli un leggero massaggio. Piega il collo in avanti ed emette un lamento di sollievo. «Ti piace?» gli chiedo, soddisfatta per avergli fatto uscire quel suono dalle labbra.

«Sì, un sacco» risponde con voce sommessa.

Finisco per spalmargliela su tutta la schiena, perché se dovesse bruciarsi poi avrà una metà a posto e l'altra color gambero, il che sarebbe imbarazzante.

«Grazie» mi dice voltandosi verso di me e mi bacia. Metto un'altra goccia di crema sulle mie dita e lui, confuso, inizia a dire: «Ma che diavolo— Jo!» Gli imbratto il naso di proposito e lancia un urletto che mi fa scoppiare a ridere. «Perché? Dimmi solo perché, cazzo!» dice ridendo di sé stesso mentre se la spalma sul naso e un po' sulle guance.

«Vuoi diventare un clown? La crema sul naso è importante, tesoro» lo prendo in giro.

Mi guarda male, le sue guance leggermente bianche, si precipita verso di me e inizia a farmi il solletico.

Il solletico no.

«Giuro che ti faccio diventare tutta bianca, passami quella crema» dice con un tono di minaccia mentre continua a uccidermi con il solletico.

«No!» riesco a dire a malapena per le risate. «Smettila! Hero!» Lo odio, lo odio, lo odio. «Aspetta— scendiamo a un compromesso, però finiscila!»

Finalmente smette di torturarmi e quando mi guarda scoppia a ridere. Sicuramente sono tutta rossa in faccia. «Allora? Sentiamo.»

Ehm, in realtà l'ho detto solo per farlo smettere e ora non so cosa inventarmi. «Hero, non c'è nessun compromesso...» gli dico sorridendo.

Lancia un occhiata malefica al mio ventre. «Okay, l'hai voluto tu—»

«No no! Fermo, ce l'ho!» Farei di tutto pur di fermarlo. «Ti do la possibilità di... spalmarmi l'olio abbronzante.» So quanto ama il mio corpo, quindi...

Allunga la mano per stringere la mia. «Andata, prendi l'olio.»

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