67. Hero

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Quasi un mese dopo.

Mancano dieci giorni a Natale e non ho ancora preso i biglietti per Londra. Mia madre me lo ha ricordato più volte, ma io non ho mosso un muscolo. Cazzo, non voglio andarci, forse è per questo. Più tardi la chiamo, adesso devo fare una doccia.
Questa doccia... mi ricorda tante cose. Ogni cosa in questa casa mi fa sentire la sua mancanza. C'è silenzio in questo bagno, tranne il rumore dell'acqua che scorre sulle mie spalle. Con lei qui dentro rimbombano sempre le nostre risate. Ma adesso... c'è una quiete assoluta, è così qui calmo che sono completamente convinto che il mondo me lo stia facendo apposta — lasciandomi in silenzio, facendomi impazzire, lasciando le mie paure prendersi gioco di me, sempre di più. Non ci siamo mica lasciati, solo che ho continuamente paura che possa succedere da un momento all'altro. Io ci provo con tutto me stesso a non combinare casini, ma il filo che ci tiene insieme è così sottile e fragile che basta poco a spezzarlo. E per rimetterlo insieme ci vuole un enorme sforzo.
So che questa è autodistruzione, lo so bene. Ma fatemi pensare a Josephine fin quando non diventa insopportabile, fin al punto che la mia pelle brucia e grida perché mi manca così fottutamente tanto. La sensazione è indescrivibile, è come se le mie viscere combattano contro ogni parte di me per uscire dalla mia gola, lasciandomi vuoto come lo sono senza di lei, e si, il tutto è più cupo di quanto sembri. Fa male come l'inferno ed è solo la mia immaginazione.
L'ho sentita di meno in questi ultimi giorni, è stata impegnata con la sua famiglia, e questa cosa mi distrugge ancora di più. E se non vuole più tornare qui? Io non posso andare a vivere in Australia, che è lontana chissà quanti cazzo di chilometri dall'Inghilterra. Non potrei nemmeno se volessi.
Non voglio andare a Londra per Natale, porterei solo tristezza nell'aria. Non mi sento per niente dell'umore natalizio che dovrei avere in questo periodo e che normalmente ho. Fa schifo, ecco la verità.
Devo dirlo a mia madre.
La chiamo e risponde dopo qualche squillo con voce stanca, avevo dimenticato che a quest'ora lì è quasi mezzanotte. «Hero, tesoro, che fai?»
Vado subito al punto. «Bene. Volevo dirti che non verrò per Natale...»
Resta in silenzio qualche secondo. «Come mai?» dice delusa.
«Non sono per niente dell'umore giusto, porterei solo tristezza tra di voi e non voglio rovinare—»
Mi interrompe. «Perché non vai da lei se ti manca così tanto?»
Eh? «Come?»
«Si, intendo, falle una sorpresa. Le faresti il regalo di Natale più bello.»
Merda, ha ragione.
«Pensi che posso farlo?» le chiedo.
«Ovviamente! Conosci sua sorella, no?»
«Si.»
«E allora organizzati con lei e dille di non fare parole di nulla con Josephine di questa cosa, è semplice.»
È vero. Ho già detto che amo mia madre?
«Mamma, ti amo, ciao» e chiudo immediatamente la telefonata. Forse le ho chiuso il telefono in faccia, ma adesso non mi importa.
Mi alzo dal letto per prendere il computer. Devo fare i biglietti adesso.
Partirò il 22 dicembre, così quando arrivo lì sarà la vigilia. Starò in giro fino alle undici di sera e a mezzanotte del 25 farò la mia apparizione a casa, sorprendendo tutti — tranne Kathrine, a cui ho già spiegato tutto, ha fatto la sua promessa di non aprire bocca.
Oddio, che bello. Mi sento decisamente più sollevato adesso che so che la vedrò, di persona. Non avrei resistito un altro mese.

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