50. Jo

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Gli ho ripetuto un miliardo di volte di stare tranquillo, che non era colpa sua, mentre si scusava altrettante milioni di volte.
Come ho fatto a non accorgermene neanch'io?
Domani mattina la prima cosa che faremo sarà andare in qualsiasi farmacia per comprare una pillola. Spero solo di non stare male, dato che la sera dopo ci sarà la festa...
«Scusa» mi ripete per la miliardesima volta.
«Tranquillo, davvero. Sento di riuscire a gestirla questa volta. È stato comunque bello, anzi, più bello» lo rassicuro.
Il sesso pelle contro pelle è sempre migliore, sempre.
Lo schermo del mio telefono si illumina sul comodino mentre Hero mi accarezza i cappelli.
«Chi è a quest'ora?» chiede confuso.
«Mhm... non lo so.»
Allungo un braccio e il nome di Anna è sullo schermo.
Mi ha mandato un messaggio: Siamo appena arrivati in hotel, non vedo l'ora per la festa.
Le rispondo: Bene. Neanche io.
«Quindi chi era?» Hero insiste.
Gli dico che era Anna, voleva sapere se stavamo bene.
Lui ridacchia. «È assurda quella donna!»
«Già, ma è fantastica.»
Mi accoccolo a lui, con le gambe intrecciate alle sue. Si sta bene sotto questo piumone, mi sento protetta come un cucciolo di... koala.
Non so da dove mi sia venuto fuori proprio koala.
Rido piano tra me e me e Hero lo nota.
«Cosa ti diverte?»
«Mi sento come un cucciolo di koala sotto queste coperte e tra le tue braccia» gli spiego ridacchiando.
Lui inarca le sopracciglia e poi, fingendo di essere offeso, dice: «Mi stai paragonando a Mamma Koala?»
«Ma chi è Mamma Koala?» rido.
«Be', io, per come la vedi tu!»
«Che scemo che sei, dormi che è tardi» e gli metto una mano sulla bocca.
Lui la toglie e da un lento bacio. Pochi minuti dopo stiamo già dormendo.
***
La sveglia delle otto che ho impostato ieri suona. Detesto l'allarme dell'iPhone, è così... violenta, ma non mi sono mai scomodata per cambiarla. Anche Hero la odia, mi dice sempre di metterne un'altra ma non lo faccio mai alla fine.
«Giuro» inizia con la voce roca dal sonno, tenendo gli occhi ancora chiusi «che se domani» fa una pausa «suona questa cazzo di sveglia» un'altra pausa «ti butto giù dal letto» sospira, non ho ancora spento la sveglia. «Che cazzo, avanti» allunga un braccio sulla mia testa e la spegne. «Era ora.»
Ridacchio e gli bacio il naso. È divertente quando si irrita per cose stupide come la sveglia dell'iPhone. Lui come suoneria ha messo quella più soft e meno traumatica che ci sia.
«Che cazzo ridi?» dice in tono irritato.
Mi schiarisco la voce. «Linguaggio, grazie.»
«Si certo, un giorno di questi tiro quel telefono giù dal balcone.» Allunga di nuovo il braccio e prende il mio telefono. Lo sblocca in un secondo.
«Non ci credo... Non starai davvero cambiando la suoneria?» lo prendo in giro ridendo.
«Esatto, è proprio quello che sto facendo.»
«Tu. Sei matto» scuoto la testa.
Una volta fatto, mi passa il telefono ed io lo riappoggio sul comodino.
Mi alzo e vado a riempirmi un bicchiere d'acqua fresca.
«Uno anche per me, per favore?» chiede andando in bagno.
Ne riempio uno anche per lui, quando torna dal bagno beve un sorso e poi dice: «Vogliamo fare colazione fuori? Insomma... che facciamo oggi?»
«Non so, quello che vuoi tu.»
Si massaggia il mento con un po' di barba pensieroso. «Magari potresti conoscere i miei amici. Di persona» precisa.
Felix lo conosco solo virtualmente, tramite qualche FaceTime con Hero o messaggi, stessa cosa Evan, Valand, Morgz...
«Si dai, mi piacerebbe» e gli metto le braccia attorno al collo.
Mi prende dai fianchi e avvicina il mio corpo al suo, sento la sua erezione da sotto i pantaloncini su di me.
«Cosa vuoi, eh? Non è assolutamente il momento, lo sai» e gli bacio tutto il collo.
«Cosa mi stai facendo, Jo?» dice piano e con voce rauca.
«Non lo so, dimmelo tu...» passo alla mascella e metto le mani tra i suoi capelli.
«Tu...» geme, poi continua «tu mi stai cambiando, cazzo.»
«Credi?» lo spingo e lo faccio sedere sul letto.
«Merda, si.»
Anch'io lo credo in effetti. Basandomi su quello che so della sua vita di prima, posso dire di rappresentare una svolta importante per lui.
Mi allontano dicendogli che devo vestirmi, ma mi prende per il polso. «Non puoi farmi impazzire e poi lasciare il lavoro a metà» sposta lo sguardo da me ai suoi pantaloncini e di nuovo a me.
«Che cosa vuoi quindi?» gli chiedo, come se non lo sapessi.
«Te.»

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