79. Hero

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Dopo quella discussione e quei pianti, Jo si era calmata, aveva fatto una doccia e nel frattempo i suoi erano tornati.
«Jo?» ha chiesto Kathrine.
Ho risposto che era di sopra.
Lei ha annuito ed è salita su.
Io ero sul divano a ripetermi "Che Natale di merda" in continuazione.
Alle otto sono salito in camera di Jo e non abbiamo detto una parola a parte "Buonanotte" prima di addormentarci. Lei aveva la schiena rivolta a me. Ho fatto fatica a trattenermi per non abbracciarla. Ha detto che non dobbiamo nemmeno toccarci, perché sappiamo tutti cosa succederebbe se solo ci sfiorassimo.
«Buon Natale» le ho detto poi.
Si è girata verso di me, perché probabilmente stava più comoda sull'altro fianco e ha sussurrato: «Anche a te. E grazie per la sorpresa che mi hai fatto» ha aggiunto poi.
«Non c'è di che.»
Ho riflettuto su quella cosa. Mi ero spostato da un capo all'altro del mondo per lei e questo era ciò con cui venivo ricambiato. Non che esigessi qualcosa, ma non avrei voluto per niente questo.
Ci stiamo lasciando lentamente, pensavo, e fa più male.
Ho chiuso gli occhi e fin quando non mi sono addormentato vedevo i suoi occhi grigio azzurri guardarmi con un'aria curiosa. Erano ridotti a due fessure, perché in quel momento il suo sorriso raggiungeva le guance. Era un sorriso vero, quello.
Quando ha accesso la lucina verso mezzanotte, ho sbirciato per vedere cosa stesse facendo. Leggeva. Aveva bisogno di distrazioni suppongo, non riusciva a dormire. Ha sottolineato qualche frase con una matita, che teneva tra i denti, e piegava quella pagina per ricordarsene. Chissà cosa sottolineava...
Non ho dormito fin quando, dopo circa due ore, ha spento la luce. Si era nuovamente sdraiata su un fianco verso di me. Eravamo faccia a faccia, in quel momento. Ho aperto un occhio e già dormiva, ne ho approfittato per guardare il suo viso sotto la luce fioca della luna che entrava dalla finestra.
Le ho messo una ciocca di capelli dietro l'orecchio e come d'istinto ha sorriso leggermente.
Mi ero addormentato, poi mi sono svegliato nel bel mezzo della notte per ritrovarmela addosso. Eravamo aggrovigliati come sempre, come non accadeva da un mese. Mi sono sentito legato a lei, come tutte le volte che capitavamo in questa posizione stramba: le sue gambe tra le mie, le sue mani e la sua testa sul mio petto, mentre il mio naso affonda tra i suoi capelli profumati. Non ho realizzato quanto fosse bella e unica quella semplicità fino a quel momento.

Ora ho gli occhi aperti e lei mi sta sempre abbracciando. Quando ho sbadigliato si è mossa un po' per sistemarsi meglio nelle mie braccia e ha sospirato.
«Mi mancherai...» mormora ad occhi chiusi, con voce assonnata. «Ma lo sai anche tu che abbiamo bisogno di questa pausa.»
Annuisco sospirando. «Lo so.»
Per quanto sarà brutto, ha ragione, ne abbiamo bisogno.
«Scusami...» si allontana e si gira dall'altra parte.
«Tranquilla» ho solo sentito un pugno nel petto.
Ad un tratto la sento singhiozzare.
Mi avvicino per abbracciarla da dietro ma lei si gira e mi abbraccia prima che possa farlo io. Le sue lacrime mi bagnano la pelle.
«Ehi...» le dico.
Tira su col naso prima di parlare. «So che è la cosa giusta, ma è difficile, okay?» dice con voce stridula e spezzata.
«È vero, ma dobbiamo a questo punto. Guarda come ci siamo ridotti...»
Adesso anch'io sento di aver bisogno di una pausa. È come una droga, come se stessimo andando in riabilitazione, e sarà dura uscirne e cambiare stile di vita. Forse preferirei morire di overdose ma... non voglio morire. Voglio rinascere e ricominciare la mia vita nel migliore dei modi. Voglio essere il seme piantato nella terra, e lei sarà una bellissima rosa che fiorirà lentamente, che non appassirà, ed io sarò le sue radici. Ci vorrà tempo, tanta cura e pazienza, ma fioriremo insieme come non abbiamo mai fatto prima.
Si allontana un'altra volta. «Scusa, di nuovo.»
Ho provato a resistere, ma non ce l'ho fatta. Le metto una mano sulla guancia per asciugarle le lacrime con il pollice. «Sai che nonostante tutto ci sarò sempre, non importa se stiamo insieme, se siamo in pausa, o lasciati. Ogni volta che ne avrai bisogno sarò qui per te.»
Accenna un sorriso. «La stessa cosa vale per me. So che può sembrare che ci stiamo lasciando, ma qualsiasi cosa accada sarai sempre nel mio cuore...»
I frantumi del mio cuore si sono sciolti in un liquido omogeneo, e spero che potrà tornare solido col tempo.
Annuisco, con un leggero sorriso sulle labbra.
La voglia di baciarla è tanta. Quelle sue labbra, piagate in quel mezzo sorriso, non fanno altro che ripetermi "baciami" come una cantilena. I nostri visi sono così vicini. Se avessi gli occhiali il suo respiro appannerebbe i vetri.
Poggia una mano fredda sul mio viso e sussulto leggermente. Accarezza la mia guancia con le sue dita morbide. Il suo sorriso è diventato improvvisamente nostalgico, sembra quasi che mi stia dicendo addio.
Chiudo gli occhi e mi lascio cullare dalla dolcezza di quelle carezze. È una carezza al cuore, all'anima. È difficile da spiegare.
Sento il fruscio del suo corpo avvicinarsi a me. Il mio naso tocca con il suo, si sfiorano. Apro leggermente gli occhi, solo per rendermi conto di quanto sia realmente vicina al mio viso.
Le nostre labbra ora si toccano anche, si solleticano tra loro. Dopo qualche secondo arretra, si sente in colpa per quello che stava per fare.
Ci provo... ma non posso non farlo.
La bacio.
Ricambia. Mette la mano sulla mia nuca e continua a darmi un paio di baci semplici. Si lecca le labbra e mi guarda negli occhi. Mi bacia di nuovo, e stavolta con la lingua. Questo mi fa capire che non si pente di aver ricambiato. O almeno, non ancora.
Merda... si è risvegliato il mio amico che vive nelle mutande.
«Piccola...»
Ho visto un brivido percorrere il suo corpo. Ha sempre amato quando la chiamo 'piccola', e poi ho la voce roca quindi suppongo questo renda il tutto più eccitante.
«Mi prometti che sarà solo una pausa e che le cose torneranno meglio di prima?» continuo.
«Non posso promettertelo, ma lo spero.»
Sapevo che avrebbe risposto così, ci ho sperato.
Mi da un altro leggero bacio. «Comunque...» la sua mano scorre sotto il lenzuolo «stiamo sbagliando.»
«A fare cosa?»
Mordicchia il mio labbro e ne resto sorpreso. «A fare questo.» La sua mano è sempre più vicina ai miei boxer, la sento. Sfiora il mio sesso delicatamente e rabbrividisco.
Faccio scorrere anche la mia mano sulla sua pancia, coperta da una mia maglietta azzurra. La alzo leggermente ad accarezzarle la pelle poco sopra il bordo delle mutandine.
Le sue labbra si schiudono per prendere un respiro di scatto. «Che... che stai facendo?» dice espirando.
Inumidisco le labbra. «Quello che stai facendo tu...»
La sua mano è nei miei boxer e le sue dita avvolgono la mia erezione con delicatezza.
Lo avevo detto che se solo ci saremmo sfiorati sarebbe successo qualcosa.
Le pizzico piano il clitoride e sussulta. «Oh...»
Inizia a muovere la mano ad un ritmo lento. Un mio dito è appena entrato in lei quando mi bacia per soffocare un gemito.
«È tutto così sbagliato...» sussurra col respiro affannato. «Ma non voglio fermarmi adesso.»

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