85. Jo

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Adesso che è Marzo mi sembra passato un secolo dall'ultima volta che abbiamo dormito insieme. Io e Hero ci siamo visti casualmente qualche altra volta in questi mesi, ovviamente, perché lui veniva a trovare Asher a casa di Anna o veniva a cena, oppure io passavo al nostro appartamento per fare il bucato e recuperare pian piano le mie cose. Gli sguardi rubati e gli occhi a cuore non sono mancati, ma nulla di sconvolgente o troppo importante è successo tra noi.
Questa settimana inizia il promo tour del film, gireremo gran parte del mondo. Ciò significa anche un lungo periodo di quasi convivenza con Hero e Anna.
Ho appena finito di lavarmi i denti, posso chiudere definitivamente la valigia, che è molto piena. Cominceremo da New York, poi in Messico e in molte altre città. Non ci fermeremo per parecchi giorni, diventerà una cosa insopportabile però sono felice di incontrare i nostri sostenitori.
«Jo!» Anna mi chiama dal piano di sotto. «Sei pronta? Il taxi è già qui.»
«Si, sono pronta, ma avrei bisogno di una mano...»
Jordan sale di sopra e mi aiuta a scendere la valigia più grande e il bagaglio a mano dalle scale.
Appena arrivati giù lo ringrazio.
Ash è sulla soglia della porta che guarda un po' triste la scena davanti a lui.
«Oh, tesoro, mamma sarà di ritorno tra qualche settimana, va bene?» gli dice Anna, prendendogli il viso paffuto tra le mani e baciandogli la fronte.
Lui abbraccia forte la sua mamma e una lacrima gli scende sulla guancia, ma nonostante questo non fa storie, perché è un bambino abbastanza maturo da capire che la mamma deve andare via.
Lo abbraccio anch'io e lo saluto a malincuore.
Saliamo su questo minivan con i finestrini oscurati e un bagagliaio enorme. L'autista ci accoglie e poi Anna gli comunica l'indirizzo di Hero. «Chiamalo e chiedigli se è già giù» mi dice.
Prendo il telefono e lo faccio squillare al suo numero. Risponde dopo pochi secondi.
«Ciao, dimmi.»
«Ehm... sei già giù? Stiamo passando.» Parlare al telefono con lui mi mette più a disagio rispetto che parlargli di persona, non so perché.
«Si, si. Sono già qui, va bene.»
Chiudo la telefonata e comunico ad Anna che Hero è già sotto.
«È così preciso, si vede che è britannico» dice ad un tratto e ridiamo insieme.
Quando l'autista si ferma, Hero sfoggia un bellissimo sorriso brillante.
«Oddio, non sono pronto psicologicamente» dice, seduto accanto a me.
«Neanch'io.»
«New York...» sospira. «Quanto tempo abbiamo per girare la città?» chiede.
«Un giorno, su per giù» gli dice Anna.
«Cazzo, è pochissimo» fa una pausa. Poi dice: «Be', ci andrò da solo appena ne ho l'occasione» e si volta a guardarmi.
Una volta avevamo parlato di fare un viaggio a New York solo noi due, significa che se lo ricorda. Se non fosse successo quel che è successo, sarebbe stato felicissimo di andarci a Novembre di quest'anno con me... Ma il destino sembra sempre mettersi in mezzo.
Poggia una mano sulla mia coscia, probabilmente senza pensarci, e la accarezza delicatamente sul pantalone di tuta grigio.
Guardo la sua mano, poi lo guardo in faccia. Sta guardando la strada, concentrato. Sono ferma immobile, le sue leggere carezze mi hanno paralizzata, spero non se ne accorga.
Improvvisamente gira la testa e mi stampa un bacio sulla guancia.
Spalanco gli occhi sorpresa, e le farfalle mi volano nello stomaco. È incredibile l'effetto che ancora mi fa... come la prima volta.
Si morde il labbro e ride della mia faccia scioccata. «Ti fai sorprendere con poco, eh?»
Gli do una spintarella sulla spalla. «Sai bene che non è così.»
Anna si gira a guardarci e sorride, con una certa fierezza nello sguardo.
Le sorridiamo a nostra volta e poi lei torna a guardare davanti a sé.
Chissà che ne pensa di tutta questa storia... Lei sa molto più di ciò che so io su Hero, a volte lui le racconta tutto, lo so.

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