KEVIN

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Ero veramente furioso, com'era possibile che non si fidasse di me? Ero sempre stato onesto con lei, perché lei non riusciva ad esserlo con me? l'avevo abbracciata subito dopo il suo racconto apposta per mostrarle che non mi importava del suo passato, eppure non si fidava di me.

Di me che ero stato il primo cugino ad avvicinarsi a lei quando nessuno sapeva chi fosse o se fosse un pericolo per la famiglia oppure no!

La sua corazza era forte ma solo per un secondo mi era sembrata fragile, eppure non voleva farsi rassicurare, non voleva fidarsi di me ed essere la ragazzina che era, mi sembrava di parlare con una donna adulta.

Entrai sbattendo la porta nel salotto dov'erano tutti i miei fratelli e cugini "quella mocciosa mi fa davvero incazzare!" gridai gettandomi sul divano "cosè successo?" mi chiese Vittorio, io non me la sentivo di dire loro la storia di Tisha.

Avrebbero deciso mio padre e mio zio chi doveva saperla "nulla" proprio in quel momento i due fratelli entrarono "tutti tranne Massimo, Teo e Kevin andate nelle vostre camere, dobbiamo parlare da soli" le mie sorelle e cugine annuirono e se ne andarono senza fare storie, in quel momento non potei fare a meno di sorridere pensando alla differenza tra loro e la piccola peste orgogliosa che era nella sua camera, i miei cugini e fratelli invece sbuffarono ma ci lasciarono comunque.

Mio padre era serio in volto "ragazzi, abbiamo scoperto la vera storia di Tisha, è giusto che voi sappiate almeno una parte, poi sarà lei a decidere cos'altro raccontarvi" tutti e due annuirono e ascoltarono con attenzione "abbiamo scoperto che lei è la responsabile della strage nella scuola russa e anche dell'arresto all'orfanotrofio" ovviamente i miei fratelli maggiori erano coinvolti nella mafia.

Sapevano già di quegli avvenimenti, tuttavia rimasero sbalorditi "com'è possibile? Si tratta solo di una ragazzina! Come ha fatto a fare delle cose di quel tipo?" chiese Teo, Massimo guardò nostro padre "come mai l'ha fatto?" il suo tono era tranquillo, mio padre non distolse lo sguardo dal suo primogenito "ha subito certe violenze da parte loro, si è vendicata per dei maltrattamenti subiti" Teo tornò serio come sempre "cos'è successo precisamente?" nostro zio li guardò gelido "non abbiamo il diritto di dirvi tutto, come già detto sarà solo Tisha a decidere a chi raccontare la sua storia" liquidò la domanda

Vedevo che a Teo tutto questo non piaceva "perché Kevin sa tutto? Lui è piccolo, non dovrebbe nemmeno essere qui! Non fa parte della mafia!" mio padre lo guardò gelido "no, non lo è, eppure è più calmo di te Teo, devi imparare a mantenere la calma" mio fratello fece due respiri profondi "perché lui era dentro con voi e noi no?" zio Pietro rispose "lui è il migliore amico di Tisha, lei ha voluto che fosse lì, inoltre lei è già abbastanza provata così, non aveva bisogno di ulteriori pressioni" spiegò freddamente.

Massimo annuì "capisco zio, ovviamente noi non diremo nulla, non la obbligheremo a raccontarci niente, ne lei ne Kevin" i due uomini annuirono e ci lasciarono soli.

I miei fratelli mi guardarono "come mai sei così arrabbiato con lei?" "mi ha raccontato la sua storia, mi ha fatto vedere uno scorcio della sua sofferenza, ma si rifiuta di permettermi di aiutarla, non si fida abbastanza da farmi vedere quanto è triste" finii a malapena la frase e Tisha entrò nella stanza con la camicia da notte.

Il suo sguardo sputava fuoco e fiamme "dimmi Kevin" iniziò a parlare "cosa ti aspettavi che facessi una volta raccontata la mia storia?" non badò nemmeno ai miei fratelli maggiori "pensavi che mi sarei messa a piangere come una bambina? Pensavi che sarei crollata tra le tue braccia pronta ad essere consolata?" non abbassai lo sguardo.

Era la mia migliore amica, mia cugina, sapevo che non mi avrebbe fatto del male "pensavo che ti saresti fidata abbastanza di me da sapere di poterlo fare!" Tisha non distolse lo sguardo dal mio "non sono capace di crollare, non sono capace di fare la ragazzina debole, di piangere e di gettarmi a terra disperata" il suo tono era gelido come la Siberia.

A quel punto ci guardò tutti e tre "nessuno di voi sa cosa vuol dire passare una vita dura, siete cresciuti in questa casa, con genitori e zii e cugini che vi amavano e proteggevano, siete dei principi della mafia, tutto vi è stato offerto su un vassoio d'argento fino al vostro ingresso nella vostra società" ci ricordò.

Rimase lì, ferma e solida davanti a noi senza fare una piega "non sapete cosa vuol dire essere soli, non sapete cosa vuol dire dover sopportare l'inferno, voi pensate che l'addestramento mafioso sia una cosa dura? Credete di avere una vita dura perché dovete uccidere o torturare? Non riuscireste a sopravvivere nemmeno due secondi se doveste mettere a tacere il vostro orgoglio per anni, scendere a patti con dei mostri, subire cose orribili senza potervi difendere, non sapete cosa vuol dire essere privati di ogni forma di dignità umana, doversi guadagnare un futuro permettendo agli altri di umiliarvi e calpestarvi" il suo tono di voce era sempre più gelido.

Quando si voltò e si allontanò si guardò alle spalle "non chiedermi di crollare, non sono fatta per crollare, sono fatta per combattere, sempre e comunque, da sola, non chiedermi di agire diversamente" poi se ne andò.

Teo sorrise "quella ragazzina è una forza della natura" ma io ero furioso "vedete come fa? Non permette a nessuno di aiutarla!" Massimo mi mise le mani sulle spalle "non puoi aiutarla e non puoi nemmeno capirla Kevin, tu conosci la pace, l'allegria, com'è giusto che sia alla tua età, solo quando entrerai nella nostra società potrai iniziare a capirla, quello che puoi fare come suo amico è starle vicino e cercare di farle capire cosa vuol dire vivere una vita come la tua, ma non lo capirà mai, non potrà mai essere una ragazzina spensierata, sarà già tanto se riuscirà a vivere il resto della sua vita senza svegliarsi con incubi ogni singola notte, non riuscirà mai a venire da te per farsi consolare, accettalo, accettala così com'è e ascoltala, se riesci ascolta ogni dettaglio del suo passato, questo la farà sentire meglio" annuii e me ne andai in camera mia, dovevo pensare, dovevo pensare davvero tanto.

SPERDUTA NELLA NEVEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora