TISHA

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Sentivo un gran vociare provenire da fuori dalla porta e questo mi convinse che tutta quella dolcezza era solo una farsa.

Sentii la porta aprirsi di nuovo ed entrò un ragazzo, decisamente ben piazzato ed atletico, aveva i capelli e gli occhi dello stesso colore di quelli di Lidya quindi mi convinsi che doveva essere suo figlio. 

Non mi lasciai né ammaliare né intimorire dalla sua stazza e lo congelai con uno sguardo "cosa vuoi?" gli chiesi "mi chiamo Kevin e sono il figlio minore di Lidia e Tommaso, ero con mia madre quando ti abbiamo trovata svenuta nella neve" non feci una piega alle sue parole "si, e allora? Dovrei cadere ai tuoi piedi perché mi avete aiutata? Sappi che non accadrà" rimase sbigottito alle mie parole "mia madre mi ha detto che non vuoi mangiare nulla, nessuno di noi ti avvelenerà, puoi stare tranquilla, non siamo quel tipo di persone" il suo viso mostrava un sorriso rassicurante ma non riuscivo a fidarmi "ora vado a prenderti del brodo e dopo che l'avrai bevuto ti sentirai molto meglio" poi si diresse alla porta "questa recita della famiglia amorevole e perfetta non mi incanta" dissi mentre afferrava la maniglia "volete farmi credere che siete una famiglia di quelle che si amano davvero e che è felice e allegra ma non è così, vi ho sentiti litigare" ma lui mi sorrise e si sedette accanto al mio letto sulla sedia che fino a quel momento aveva occupato sua madre "non siamo una famiglia perfetta e i miei genitori litigano a volte. Mio padre è il classico boss mafioso ma mia madre è una donna molto testarda e forte, quando si trovano in disaccordo finiscono per discutere ma si vogliono un bene dell'anima e mio padre ama mia madre e noi più della sua stessa vita. Mi dispiace se mio padre è sospettoso, purtroppo è abituato a sospettare di tutto e tutti, ma vedrai che presto cambierà idea" mi sembrava strano il loro atteggiamento, erano mafiosi, l'atteggiamento del boss era normale ma quello degli altri mi suonava strano "l'atteggiamento di tuo padre mi sembra più comprensibile di quello tuo e di tua madre, non è normale che vi fidiate così di me" il ragazzino mi sorrise vedrai che con il tempo ti fiderai e capirai che non ti faremmo mai del male, intanto riprenditi, dacci almeno una possibilità" poi se ne andò. 

Iniziai a riflettere sul da farsi, intanto il moccioso mi portò del brodo e mi lasciò sola di nuovo.

Era ovvio che non potevo andarmene, almeno non finché non mi fossi rimessa completamente, nel frattempo avrei dovuto approfittare della situazione, ovviamente avrei dovuto pagare un prezzo per tutte quelle cure ma non mi sarebbe importato.

Decisi di instaurare un rapporto di cordialità con quella famiglia, smettere di fare l'antipatica asociale, ma non gli avrei mai rivelato nulla su di me, avrei finto per sembrare una quattordicenne più o meno innocente e me ne sarei andata senza fargli sospettare la mia vera natura.

SPERDUTA NELLA NEVEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora