TOMMASO

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Non potevo credere che Tisha fosse davvero conciata in quel modo, quando parlò i suoi occhi erano diversi dal solito, c'era paura, terrore persino, sentivo il suo corpo tremare per il bisogno di consumare quella sostanza.

Appena fu svenuta la presi tra le braccia, mio fratello arrivò di corsa dalla sua stanza "Pietro, non abbiamo altra scelta, dobbiamo metterla nella stanza isolata e legarla" feci cenno a Nicolò che capì e mi seguì con tutto il necessario per medicarla.

Lo lasciai fare mentre andavo a controllare la sua stanza.

Quello che vidi mi spaventò, per tutto quel periodo non avevamo mai osservato la camera, ci eravamo limitati a far scivolare dentro il vassoio e poi ce n'eravamo andati.

Materasso, muro, specchi, era tutto distrutto e coperto di sangue.

Quella vista mi fece paura "è incredibile, non credevo che fosse a dei livelli simili" gemetti, anche mio fratello era scioccato dalla vista "già, nemmeno io volevo crederci, abbiamo sottovalutato il problema e l'abbiamo fatta soffrire ancora, forse dovremmo mandarla in un posto specializzato, non so se siamo in grado di aiutarla" suggerì.

I media avrebbero divorato una notizia simile, ma in quel momento non mi interessava, volevo solo che la mia nipotina smettesse di stare male.

Guardai Pietro seriamente "si, hai ragione, forse è meglio mandarla in Svizzera, lì possiamo assicurarci l'anonimato" si disse d'accordo con me e io quella sera spiegai tutto quanto a tutta la famiglia.

Anche loro furono d'accordo.

Il giorno successivo scesi per vedere come stava, l'avevamo legata al letto con cinghie morbide in modo che non si facesse del male.

Appena entrai aprì gli occhi e mi guardò calma "allora alla fine mi avete rinchiusa davvero, chissà perché la cosa non mi sorprende" la sua voce così bassa e calma non mi faceva stare tranquillo, sapevo che era lo stesso tono che usavo io da boss.

Ricambiai il suo sguardo gelido "abbiamo dovuto farlo, non potevamo più permetterti di farti del male. Ho deciso che verrai trasferita in un centro specializzato quanto prima, non voglio più vederti soffrire così" le comunicai.

Il suo viso si spezzò e iniziò a ridere forte, a quella risata arrivarono anche mia moglie, mio fratello e Margaret.

Quando vide chi avevo alle spalle la risata le morì in gola "certo, è ovvio, ogni volta che inizio a essere un problema la gente si sbarazza di me, ci sono abituata sai?" disse calma.

Poi però proseguì "ma vi capisco, in fondo avete la vostra vita da vivere, le vostre famiglie felici e io sono sempre stata solo un peso. Non vi porto rancore, per nulla" il suo continuo tono calmo non mi piaceva.

Era rassegnato, debole, come se non volesse più combattere.

Perché si era ridotta così? Com'era possibile che la ragazza tanto sicura di qualche tempo prima si fosse trasformata in questo? Non parlò più e uscii dalla stanza con tutti gli altri al mio seguito.

Nessuno di noi spiccicò parola ma fu Xavier il primo a parlare "non la manderemo in Svizzera" disse deciso, tutti noi lo guardammo strano "ne ha bisogno, lì sapranno aiutarla meglio" cercò di fargli notare Pietro tremante.

Ma Caterina si alzò ferma e ci guardò negli occhi uno per uno "lo credete davvero? Forse io non la conosco bene come voi ma riconosco il suo sguardo, era lo stesso che avevo io quando ero vittima della depressione. Non ha bisogno di medici e medicine ma di averci vicini, ho fatto l'enorme cazzata di mandarla via quando aveva tre anni credendo di farlo per il suo bene e guardate cosa le è successo"! gridò tra le lacrime, poi mi guardò dritto negli occhi "è nostra figlia, non ti permetteremo mai di mandarla via da qui!" non l'avevo mai vista così determinata, sospirai e annuii "si, va bene, però rimarrà in quella stanza per il suo bene" contrattai, annuirono "ma non dobbiamo più lascarla sola, rimarremo fuori dalla stanza ad osservarla" propose Lidia, le altre due annuirono e così decidemmo.

SPERDUTA NELLA NEVEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora