Dentro al cottage stavo sistemando le mie cose nell'armadio.
Tisha aveva raccontato ai nostri amici la sua storia ed io le avevo tenuto la mano per tutto il tempo per sostenerla, conoscevo quei quattro da tutta la vita, eppure non sapevo cosa aspettarmi.
Per me erano sempre stati degli ottimi amici, ma sapevo come la pensavano sulle donne e anche quanto fosse forte il loro orgoglio, speravo davvero che non avrebbero permesso a pregiudizi e orgoglio di essere dalla nostra parte.
Ripensai al mio primo incontro con ognuno di loro, per primi avevo conosciuto i gemelli Andrea e Giacomo, erano gemelli certo, ma completamente diversi, sia come carattere che come aspetto.
Stavo giocando con delle macchinine con mio cugino Vittorio, avevo circa tre anni, eravamo sorvegliati da mia madre.
All'improvviso la porta si aprì ed entro una donna, aveva la pelle abbronzata, i capelli castani e gli occhi marroni.
Sorrise a mia madre "salve signora Moretti" la salutò, lei ricambiò il saluto sorridente "buongiorno a te Mara, non essere così formale, siamo amiche, no?" domandò accogliendola.
La signora di nome Mara si fece avanti e vidi che aveva due bambini dietro, avevano circa la mia età "si hai ragione Lidia, solo che spesso me ne dimentico" si scusò imbarazzata.
Io e mio cugino guardammo curiosi i due bimbi che ci lanciarono uno sguardo altrettanto curioso, mia madre ci prese per mano "Kevin, Vittorio, questi sono Giacomo e Andrea Conti, sono i figli di alcuni carissimi amici e stanotte rimarranno qui assieme a voi mentre noi saremo fuori, vorrei che foste gentili con loro" li presentò mia madre.
Quel giorno le nostre famiglie avrebbero dovuto partecipare ad un party e a guardare noi sarebbero rimasti i domestici, con l'aiuto di Massimo ed Erika, visto che erano i più grandi.
Camminai verso i bambini e gli tesi la mano "è un piacere conoscervi" dissi impacciato, avevo visto mio padre parlare così alle altre persone e in fondo ero suo figlio, i due davanti a me scoppiarono a ridere sonoramente "ma perché fai così? Ti atteggi da adulto?" mi chiese il biondino.
Tutti in quella stanza scoppiarono a ridere ed io mi arrabbiai diventando rosso "il papà saluta sempre tutti così! Siete voi che siete solo due bimbi piccoli!" sbraitai.
Mia madre mi guardò severamente "Kevin, chiedi immediatamente scusa!" scossi la testa, perché dovevo farlo? Ero piccolo, ma avevo già capito quale fosse il ruolo della nostra famiglia nella mia società e quei due erano molto più in basso di noi, avrebbero dovuto portarmi solo rispetto! incrociai le braccia per la rabbia "non ci penso nemmeno! Come si permettono di parlarmi come se fossi un loro pari?" gridai ancora.
Mia madre mi prese in braccio e mi mise sulle sue gambe con un cipiglio severissimo "smettila Kevin, non sei migliore di nessuno, anche se sei un Moretti gli altri non ti devono rispetto incondizionato, prima te lo devi guadagnare e sai come fai a guadagnartelo?" chiese, scossi la testa infastidito.
Mi sorrise e mi scompigliò i capelli "devi essere gentile con tutti ed essere loro amico, non devi comportarti in modo arrogante o antipatico, altrimenti non avrai mai molti amici" spiegò dolcemente.
La guardai dubbioso "ma, mamma, il papà da sempre ordini e si arrabbia se gli altri non fanno come dice" le feci notare, scoppiò a ridere e mi accarezzò la guancia "oh piccolo mio, è vero, fa così, ma anche tuo padre ha dei difetti che ha iniziato a capire e correggere quando ci siamo sposati e che sta ancora cercando di risolvere, non devi imitare tutto quello che fa tuo padre" continuò a parlare.
Annuii "d'accordo mamma, come vuoi, cercherò di essere più gentile" a quel punto mi scoccò un bacio sulla fronte e mi sorrise "bravo il mio ometto, ora su, vai a giocare" mi mise a terra.
Quel giorno avevamo giocato per ore ed eravamo diventati ottimi amici, da allora ogni volta che le nostre famiglie dovevano andare da qualche parte noi eravamo sempre assieme alla villa a giocare, inoltre grazie anche all'influenza di cugini, cugine, fratelli e sorelle, il mio atteggiamento da comandino se ne andò piuttosto presto.
Avevamo conosciuto Marco quattro anni dopo.
Stavamo giocando tutti assieme correndo per i corridoi della villa quando arrivammo nell'atrio e ci trovammo davanti un uomo che teneva per mano un bambino.
Sorrisi contento e mi avvicinai a lui "ciao, io mi chiamo Kevin, tu come ti chiami?" gli chiesi, si scambiò un'occhiata con l'uomo prima di rispondermi con lo sguardo basso "i-io mi chiamo Marco" si presentò, mi sembrava molto timido, la presa forte della mano dell'uomo sulla sua non mi piaceva "Marco, ti va di venire a giocare con noi?" lo invitai.
Eravamo un gruppo di dodici bambini, con Massimo ed Erika a sorvegliarci, ci guardò quasi disorientato "ecco, io non so" tentennò, guardai l'uomo negli occhi "signore, suo figlio può venire a giocare con noi?" chiesi a lui, non mostrò nemmeno un'emozione "lui non è mio figlio, è mio nipote, con voi ragazzi può giocare, ma non può giocare con le femmine" sentenziò.
Ero stranito da quell'affermazione, perché non poteva giocare con le femmine? Proprio in quel momento arrivò mio padre "signor Andrisani, che piacere averla qui" lo salutò "venga, parleremo nel mio studio, suo nipote potrà stare con i miei figli e nipoti fino alla fine della nostra chiacchierata" annunciò.
Suo malgrado l'uomo fu costretto a lasciare la mano di Marco, anche se vedevo che non ne era per nulla felice "mi raccomando, ricordati che sei un uomo e che sei in presenza dei figli e nipoti del boss" si raccomandò severo, il bambino annuì per poi seguirci.
Appena fummo da soli lontani da lui gli sorrisi "ti va di giocare ai videogiochi?" mi guardò sorpreso "videogiochi? Non ci ho mai giocato prima" allora lo presi per un braccio e lo trascinai assieme agli altri nella nostra sala.
Avevamo passato delle ore a giocare, all'inizio era timido, ma con il tempo iniziò ad aprirsi sempre di più ed eravamo diventati amici inseparabili.
Ora l'idea di poter perdere qualcuno mi rattristava, anche se sapevo quale fosse la cosa giusta da fare, dovevo sostenere Tisha ad ogni costo.
Quando andai a letto dopo cena ero decisamente sollevato di poter continuare la mia amicizia con tutti.
STAI LEGGENDO
SPERDUTA NELLA NEVE
ActionBuio. Vedo davanti a me solo oscurità macchiata da chiazze rosso cremisi e contornata da una sensazione di dolore e umiliazione. Tisha ha tre anni quando viene mandata in un orfanotrofio dai suoi genitori, fino a quel momento ha conosciuto solo dolo...