LIDIA

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Rimasi davvero scioccata quando, nel bel mezzo della nostra vacanza in Russia, mentre passeggiavo con mio figlio Kevin, trovai quella ragazzina nella neve svenuta.

Corsi da lei e mi inginocchiai al suo fianco, poi mi rivolsi a mio figlio "Kevin vai immediatamente a chiamare tuo padre, poi chiedi a tuo zio di chiamare il medico" lui annuì e corse via.

Indossavo molteplici strati di vestiti così mi tolsi il cappotto e lo avvolsi con cura attorno al corpicino congelato, sentivo ancora un debole battito cardiaco, poi tentai di sollevarla e mi accorsi di riuscirci benissimo, doveva essere molto magra perché la sua altezza non era così inferiore alla mia e io già di per sé ero un metro e settanta.

Proprio in quel momento arrivò mio marito "Tommaso!" lo chiamai, lui mi affiancò e guardò la ragazza tra le mie braccia "ti spiego dopo, dobbiamo portarla a casa al caldo, è freddissima" lui annuì e la prese tra le sue braccia, per quanto fosse molto magra per me era troppo difficoltoso camminare nella neve profonda con lei.

Meno di mezz'ora dopo avevo già sistemato la ragazzina in un letto caldo con addosso un mio pigiama di lana, il medico era arrivato immediatamente e la stava visitando. 

Tommaso e Pietro non erano in ansia ma io e Margaret, la moglie di Pietro lo eravamo, mi aveva aiutata a vestirla e a sistemarla e avevo notato che il suo corpo era pieno zeppo di cicatrici, chissà cos'aveva dovuto passare quella povera ragazza.

Dopo qualche ora, il medico uscì "allora dottore? Cos'ha?" chiesi ansiosa, lui ci guardò in maniera grave "la situazione è seria, era nelle neve già da diverso tempo, ha moltissime ferite infette, una febbre molto alta e per di più sembra che non mangi decentemente da anni, una cosa è certa, dovete portarla via, non ce la farebbe con il clima che c'è qui, portatela con voi in Italia" io annuii e mi girai verso gli uomini "prepariamo i bagagli, torniamo a casa". 

Mio marito mi guardò stranito "non sappiamo neanche chi sia questa ragazza, non possiamo portarla a casa nostra" spazientita gli presi la mano e lo condussi dentro, Margaret fece lo stesso con Pietro. 

Sdraiata sul letto, con le guance rosse per la febbre, c'era una ragazzina ferita e contusa, era pallida come un fantasma sembrava che nel sonno fosse anche tormentata da incubi "pensa se fosse Giada ridotta così" gli dissi accennando ad una delle nostre figlie, quando videro il viso della ragazzina i loro volti sbiancarono, capirono quanto fosse ridotta male e Tommaso sospirò "d'accordo, torniamo in Italia e la portiamo con noi" sorrisi e lo baciai "grazie amore".

Per il viaggio la sistemammo in una camera da letto del jet privato, non lasciai mai il suo fianco per accudirla come se fosse figlia mia, non riuscivo a togliermi dalla testa la sensazione che quella ragazzina fosse davvero passata attraverso l'inferno.

Passarono alcuni giorni dal nostro ritorno in Italia prima che la ragazzina aprisse gli occhi con la febbre leggermente più bassa.

Sbarrò gli occhi e si sollevò a sedere velocemente "piano ragazzina, ti sei appena svegliata da un rischio di congelamento, devi fare piano l'ammonii dolcemente, si girò e mi vide, mi guardò con uno sguardo truce, non sembrava per niente spaventata "chi sei? Dove sono? Cosa volete da me?" risi "piano tesoro, una domanda alla volta, io mio nome è Lidia, sei a casa mia e di mio marito, in realtà di tutta la nostra famiglia e non vogliamo nulla da te, ti abbiamo trovata svenuta in Siberia in condizioni pietose e abbiamo deciso di portarti a casa con noi in Italia per aiutarti" nonostante avessi cercato di essere dolce non mi sembrò tranquillizzata per nulla "non ci credo, dovete volere qualcosa da me per forza, non capisco perché mi abbiate aiutata altrimenti" all'improvviso entrò nella camera Tommaso, lo riconobbe immediatamente "ma certo, tu sei il capo della mafia italiana, perché mi avete portata qui? Da quello che so la mafia non fa assistenza agli orfani".

Il mio molto poco delicato maritino la guardò con uno sguardo diffidente "cosa ci facevi completamente nuda in Siberia?" le domandò subito, però mi misi in mezzo "amore, non è il caso di iniziare un interrogatorio adesso, si sta ancora riprendendo, tu e gli altri potrete interrogarla a vostro piacimento quando si sarà ripresa" parlavo con gentilezza ma fermezza a quel testone e lui mi ascoltò "d'accordo Lidia, ma appena si sarà ripresa dovrà rispondere a molte domande" uscì dalla porta senza degnarla di una seconda occhiata.

Poi mi rivolsi di nuovo a lei e le porsi una tazza "tieni, è del brodo caldo, ti farà bene" non sembrava fidarsi dei miei modi gentili e mi rispose in maniera brusca "non voglio nulla da voi, sto bene, voglio solo andare via" ma non permisi al suo atteggiamento di scompormi "te lo puoi scordare altamente, ti abbiamo fatta visitare da un medico, fisicamente sei molto denutrita e disidratata, hai delle ferite che non sono da poco ovunque, finché non ti sarai ripresa scordati di andartene" quelle parole sembrarono confonderla "non capisco perché vi sentite in diritto di fare tutto questo per me, nessuno vi ha chiesto niente, non siete un'associazione benefica, siete la mafia italiana, se credete di incatenarmi a voi con dei debiti scordatevelo, non ho intenzione di essere incatenata a nessuno" continuai a non reagire ai suoi atteggiamenti battaglieri "è inutile che fai questa sceneggiata, ho dovuto avere a che fare con Tommaso e Pietro, non mi allontanerai con i tuoi modi bruschi. Ricominciamo da capo, io mi chiamo Lidia, avrai già capito che sono la moglie di Tommaso, tu come ti chiami?" mise subito un'espressione neutra sul viso, forse convinta di potermi ingannare con una maschera "Tisha" disse solamente.

Capii che non era il caso di insistere troppo con lei, non avrei ottenuto nulla "molto piacere Tisha, ora ti lascio riposare, non scendere dal letto, i tuoi piedi hanno tagli e ferite molto profonde e non puoi camminare, tornerò verso sera per portarti qualcosa da mangiare".

SPERDUTA NELLA NEVEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora