KEVIN

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Quando arrivammo a casa non avemmo nemmeno un secondo di pausa, nostro padre ci portò in ufficio assieme a zio Pietro "raccontatemi tutto quanto" ci ordinò.

Raccontai minuziosamente ogni piccolo dettaglio "siamo sicuri che sia ancora viva, anche se non siamo riusciti a vederla, purtroppo quel posto è una fortezza, molto ben sorvegliato" raccontai sconsolato.

Mio padre sospirò "non possiamo farlo da soli, dobbiamo chiedere aiuto a Smith, conosce meglio la città e questa banda" non ne ero contento "ma perché dovrebbe aiutarci? Probabilmente anche lui ci guadagna qualcosa da loro" chiesi. Vedevo che era preoccupato "lo so, ma dobbiamo avere informazioni in più, non ci basta quello che abbiamo" lo guardai dubbioso "dai fratello, chiamalo ora, metti in vivavoce così sentiamo tutti" gli consigliò zio Pietro.

Lui annuì e lo chiamò.

Rispose dopo pochi squilli "Moretti! In questi giorni ci si sente spesso! Hai bisogno di qualcosa?" chiese, mio padre fece un respiro profondo "i soldati che ho mandato hanno trovato la ragazza, l'ha rapita una banda che organizza combattimenti clandestini, non so se la conosci" il boss americano quasi ringhiò a quelle parole "certo che so chi sono, danno noia anche a me, i combattenti che combattono per loro sono degli autentici mostri. Fino a tre settimane fa dopo ogni combattimento andavano nei bordelli che mi appartengono a scoparsi le mie puttane, le riducevano uno straccio. Visto che per una buona parte si tratta di ragazze che hanno debiti con noi e che lo fanno sotto costrizione abbiamo delle regole molto precise su come trattarle e le ragazze devono accettare un cliente in pubblico prima di poter andare nelle camere. Quei bastardi hanno infranto spesso le regole, più di una volta le puttane sono morte dopo aver avuto a che fare con loro" vidi Marco che sbiancava.

Gli misi una mano sulla spalla e gli sorrisi per rassicurarlo.

Mio padre parlò "capisco, vedi, abbiamo la certezza quasi assoluta che la ragazza sia ancora viva, visto che anche tu hai un conto in sospeso con loro magari potremmo unire le forze" disse sicuro, sentimmo l'altro boss allegro "certo, ma devo sapere chi è la ragazza che hanno preso" non sapevo se fosse prudente dirglielo ma mio padre era così disperato in quel momento che sputò il rospo "si tratta di mia nipote, Tisha Plotnikov, non sono sicuro che loro sappiano chi hanno per le mani perché per precauzione ha fatto un'iniezione che le ha modificato il colore di occhi, pelle e capelli" snocciolò.

Potemmo quasi sentire l'uomo dall'altra parte della linea sorridere "vi aiuto volentieri, conosco la storia di quella povera ragazza e poi non mi piace che credano di poter rapire dei membri dell'élite della mafia e farla franca. Potete partire subito, anche perché dovremo pensare bene al piano per liberarla, non abbiamo molto tempo, dovremo liberarla il prima possibile" mio padre annuì leggermente più sollevato "certo, partiamo tra due giorni, ci vediamo" e chiuse la chiamata.

Sospirai di sollievo, almeno non saremmo stati soli in questa battaglia.

Mio padre ci guardò come il boss e non come se fossi suo figlio, calmo e pragmatico "bene, allora, io, Nicolò e Teo partiamo, Massimo ti affido tutto qui, comunque avrai l'aiuto di Pietro, voi ragazzi rimanete qui, non è sicuro che venite" zio Pietro però scosse la testa "non ci pensare nemmeno, io vengo con te, Massimo ormai ha ventiquattro anni, può gestire tutto da solo qui per un po'" scattò subito, anche io e Marco ci unimmo "nemmeno noi rimarremo qui, Tisha è nostra amica, non la lasceremo lì da sola!" mio padre sospirò frustrato "va bene, Pietro, puoi venire e anche tu Marco, ma tu Kevin scordatelo" rimasi basito da quelle parole.

Era mia cugina e la mia migliore amica, non potevo lasciarla indietro "tu, Andrea, Giacomo e Vittorio siete troppo impulsivi, rischiereste di creare casini, Marco al contrario è riflessivo e attento, inoltre non credo che sia il caso di farti venire quando ancora non hai risolto con lei, potresti solo crearle più stress, poi si alzò e mi mise una mano sulla spalla "rimani qui e aiuta tuo fratello a gestire tutto, inoltre abbiamo bisogno che rimaniate qui per la sicurezza di tua madre, tua zia e delle tue cugine" mi spiegò.

Non mi andava bene ma gemetti "d'accordo, ma non dovresti avvertire anche la zia Caterina e zio Xavier? Sanno che è stata rapita?" lui guardò Pietro "è la loro bambina, devi dirglielo fratello" mio padre annuì "si lo so, voi andate a preparare le vostre cose per partire, voi ragazzi che siete appena tornati andate a riposarvi, io li chiamerò" ci disse.

Io e Vittorio accompagnammo i nostri amici alla porta d'ingresso per salutarli, dovevano tornare a casa.

Marco però mi disse "Kevin, possiamo parlare da soli per favore?" la sua voce era titubante.

Mentre camminavamo sapevo che era nervoso.

Marco era un contrasto vivente, era il ragazzo più buono e gentile dell'universo, quello che si atteneva di più alle regole, ma quando qualcuno faceva del male alle persone a cui teneva diventava un sadico senza scrupoli.

Ero convinto da tempo che provasse qualcosa per mia cugina ma non avevo mai toccato l'argomento in quei quattro anni, avevamo molte cose a cui pensare, ma in quel momento quando rischiavamo di non vederla più non mi sembrava più il caso di rimandarlo.

SPERDUTA NELLA NEVEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora