Per un'altra settimana le cose procedettero allo stesso modo, mi torturavano, mi violentavano e non potei dormire o svenire nemmeno per un secondo.
La mancanza di sonno aggravava il mio stato d'animo, in più quando non venivo torturata o violentata in testa avevo solo pensieri orribili, su quanto la mia famiglia sarebbe stata meglio senza di me, su quanto fossi stata sempre un problema per tutti, compresi i miei genitori che infatti mi avevano abbandonata.
Non riuscivo a pensare a nient'altro.
Ero piena di rimpianti, il mio passato mi aveva impedito di accettare l'affetto che gli altri mi volevano dimostrare e in quel momento avrei solo voluto avere i ragazzi lì per abbracciarli, avrei voluto accompagnare le mie zie e le mie cugine per un giro di shopping e al salone di bellezza.
Avrei voluto tornare a giocare ai videogiochi con Kevin e Vittorio, giocare con i bimbi di mia cugina, allenarmi con zio Pietro.
Mi mancavano le parole paterne e rassicuranti di mio zio Tommaso.
Mentre ero lì nella semicoscienza mi venne in mente un ricordo, era più come il ricordo di un sogno.
Ero a letto e sentii dei passi rientrare, era stato poco prima che mi mandassero in orfanotrofio, avevo appena pianto perché avevo fame. Ero in grado di sentire il mondo esterno, ma non riuscivo ad aprire gli occhi, come uno stato di dormiveglia. Sentii lo sguardo di qualcuno bruciarmi la pelle, poi sentii una voce, quella di mia madre accanto al letto "amore, non so se puoi sentirmi" era strano, la sua voce era dolce, non era arrabbiata o sprezzante come mi trattava di solito. Sentii la sua mano accarezzarmi i capelli "sai Tisha, la mia amica Alexandra ha appena abortito spontaneamente, era distrutta" poi sentii la sua voce tremare e la sentii piangere "ti ho sempre avuta qui con me e non ho fatto altro che renderti infelice" poi la sentii tirarmi in un abbraccio, mi mise sul suo grembo e continuando ad accarezzarmi i capelli mi sussurrò "non ti preoccupare, presto la tua vita cambierà, presto sarai felice" senza smettere di piangere iniziò a canticchiare una melodia dolce che mi fece sprofondare nel sonno.
Visto che il giorno dopo erano tutti normali credevo che fosse stato solo un sogno anche perché proprio il giorno dopo mi avevano portata all'orfanotrofio.
In quel momento avrei voluto avere lì i miei genitori, avrei voluto chiedergli se fosse vero, perché non mi volevano, avrei voluto urlargli in faccia quanto avevo sofferto a causa loro e poi abbracciarli forte, come avevo visto fare alle mie cugine con i miei zii.
Eppure, dentro di me sapevo che non ne avrei avuto l'occasione, che non avrei mai potuto farlo.
Che non mi sarei salvata.
A strapparmi dalle mie riflessioni fu la porta che si apriva per l'ennesima volta "allora puttanella, oggi parlerai?" canticchiò una voce allegra, mi infastidì subito "senti, evita le parole" sussurrai debole ma decisa "non ho intenzione di dire nulla, rassegnati" lo guardai negli occhi mentre parlavo.
Sentii la rabbia irradiarsi in lui "ok, come preferisci, a questo punto non mi sembra che abbia più senso sprecare tempo con te" mi disse, poi mi guardò sorridendo con cattiveria "direi che possiamo mettere in atto un'ultima cosa, poi non torneremo più qui, tu non mangerai e non berrai più, questo sotterraneo sarà la tua tomba" sentenziò.
Non sapevo se essere felice perché non avrei più dovuto sopportare le torture o triste perché sarei morta.
Fece entrare un uomo con un camice bianco, mi mise la mordacchia in bocca e mi legò i piedi assieme.
L'uomo tirò fuori una serie di strumenti chirurgici "per quello che devo fare è meglio legarla ad un tavolo" comunicò con una voce agghiacciante.
Il capo trascinò un tavolo con degli anelli ai lati, mi slegò, mi ci mise sopra e mi legò di nuovo "ecco dottore, è tutta sua" canticchiò contento.
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SPERDUTA NELLA NEVE
Hành độngBuio. Vedo davanti a me solo oscurità macchiata da chiazze rosso cremisi e contornata da una sensazione di dolore e umiliazione. Tisha ha tre anni quando viene mandata in un orfanotrofio dai suoi genitori, fino a quel momento ha conosciuto solo dolo...