TISHA

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I tre mesi passarono lentamente, i ragazzi imparavano e io rispolveravo le cose che sapevo già fare, passai parecchie notti insonni purtroppo grazie alla mancanza di disciplina di quei cinque ragazzi.

La sera ridevamo e scherzavamo come persone normali ma durante il giorno regnavano l'austerità e la serietà in tutti noi.

In quei tre mesi non pensai a nulla, mi concentrai solo sull'insegnare quello che sapevo e sul godermi la compagnia dei miei amici, ci prendevamo in giro di continuo e il nostro legame si rinsaldò.

Vivere così vicini per così tanto tempo ci permise di conoscerci a fondo.

Alla fine del nostro soggiorno eravamo ormai in grado di capirci tutti anche senza parlare.

Vedevo che non li disturbava più la follia che avevo mostrato più che apertamente, anzi, Giacomo e Andrea erano alquanto ammaliati dalla spudoratezza e arroganza che avevo, Matteo era più ammaliato dalle mie capacità mentre Vittorio era come sempre esaltato da quanto fossi diversa dalle altre ragazze.

I ragazzi erano cambiati, erano diventati più seri e meno infantili, ma sapevo che il vero cambiamento in tutti noi sarebbe arrivato solo dopo i sei mesi di addestramento vero e proprio, questo era solo l'inizio, le basi per sopravvivere, anche se eri figlio del boss o membro di quella famiglia la sopravvivenza non era una cosa garantita e nessuno di noi avrebbe già avuto un titolo pronto ad aspettarlo, ci saremmo dovuti guadagnare un posto partendo da zero.

Questo mi esaltava, avrei fatto davvero di tutto per guadagnarmi il rispetto di tutti quegli uomini boriosi.

Il giorno di ripartire stavo facendo i bagagli quando Andrea entrò in camera mia "sei pronta per ripartire?" mi chiese, gli sorrisi "certo, ho appena finito" risposi infilando l'ultimo vestito nello zaino.

Il ragazzo si grattò la testa nervoso "so che io e Giacomo eravamo scettici all'inizio su tutto questo, ma questo tre mesi sono stati fantastici e tu sei stata un'allenatrice meravigliosa" mi girai verso di lui comprensiva "ringrazio voi ragazzi per esservi fidati di me, comprendo che non sia facile, io sono una donna e non è facile ammettere con se stessi di poter imparare qualcosa da una donna, soprattutto in questa società" gli diedi una pacca sulla spalla e presi lo zaino "dai, ora muoviamoci, arriveranno a prenderci da un momento all'altro" lo superai ed uscii da quella che era stata la mia camera per tre mesi.

Andrea mi seguì subito, con lo zaino sulle spalle, ora lui e gli altri riuscivano a portarli senza fare troppe lagne.

Una volta fuori vidi gli zii e, dopo aver scaricato lo zaino nell'elicottero mi diressi da loro "ciao zii, come state?" gli chiesi, zio Pietro mi sorrise "bene dai, tu invece mi sembri un po' stanca, governare questi cinque animali non deve essere stato facile" rise.

Feci un sorrisino diretto ai cinque ragazzi "si lo ammetto, mi hanno fatto passare momenti infernali, ma alla fine anche io ne ho approfittato per rispolverare e migliorare le mie abilità, quindi, direi che siamo pari" zio Tommaso gettò indietro la testa e rise di gusto quando vide le espressioni dei ragazzi all'ennesima presa in giro che facevo loro.

Vittorio sbuffò "anche dopo questi tre mesi non hai smesso di trattarci come dei mocciosi vero cuginetta?" zio Pietro si avvicinò al figlio e gli strofinò il pungo sulla testa "perché ancora lo siete, diventerete uomini solo quando avrete fatto fuori il vostro primo uomo, quindi non prima dei diciotto anni" il suo tono era mortalmente serio e si rivolse a me "questo discorso vale anche per te, in fondo non hai ancora ucciso nessuno per noi, quindi non darti tanto le arie da grande signorina" i ragazzi scoppiarono a ridere e io sollevai gli occhi al cielo "si zio, ho capito" a quel punto salimmo tutti in elicottero e lasciammo quel bellissimo rifugio per tornare alla vita reale.

SPERDUTA NELLA NEVEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora