Ero preoccupato per Tisha, erano giorni e giorni che non si spostava dal fianco di Marco.
Non si lavava, non dormiva, se non le avessi portato cibo e acqua li non avrebbe nemmeno mangiato e bevuto.
Avrei voluto poterle offrire il cambio, ma sapevo che non avrebbe cambiato idea.
Dopo un paio di giorni dall'incidente Massimo fece rientrare Nadia e Laura a casa.
Appena seppero cosa fosse successo si precipitarono subito a trovare i feriti e a consolare mia madre e zia Margaret che stavano sempre accanto ai rispettivi mariti per aiutarli se avessero avuto bisogno di qualcosa.
Massimo e Teo erano impegnatissimi con i loro compiti e noi altri dovevamo aiutarli.
Non era certo una passeggiata.
Purtroppo, però non durò a lungo quella situazione.
Dopo otto giorni dal nostro ritorno a casa il medico radunò noi ragazzi nello studio con urgenza.
Aveva uno sguardo distrutto "purtroppo devo comunicarvi che per il signor Pietro Moretti e i signori Plotnikov non c'è più nulla da fare, hanno avuto una tremenda ricaduta questa notte e spireranno tra poco" mi pianse il cuore per zio Pietro.
Non conoscevo così bene i genitori di Tisha ma sapevo quanto lei li amasse, non potevo credere a quanto sarebbe stata triste "dottore, io credo che sia meglio non dire nulla a Tisha" annuì "si, dovete evitare di farglielo sapere per adesso e vi consiglio anche di far aspettare i funerali fino a quando il ragazzo non si sarà ripreso. Per il bene di Tisha, s'intende" ci dicemmo tutti d'accordo con lui.
Per ora i corpi sarebbero rimasti nella stanza dove tenevamo i corpi per le autopsie.
Zia Margaret era svenuta appena aveva visto il marito morire e sua figlia, Nicolò e Vittorio l'avevano portata in camera sua, Massimo aveva concesso ai due ragazzi un periodo di pausa, per fare in modo che aiutassero la madre a sopportare quell'immenso dolore.
Per quanto riguardava mio padre invece, dovemmo aspettare ancora tre giorni perché si risvegliasse.
Dopo averlo visitato il medico era molto soddisfatto "beh, direi che si riprenderà del tutto, rimarrà zoppo e dovrà usare un bastone per camminare, ma almeno non rimarrà paralizzato" ci annunciò.
Piangemmo quasi dalla gioia a causa di quella splendida notizia.
Mia cugina non si unì né alla tristezza, né alla felicità.
Stava sempre lì a vegliare Marco facendo di tutto e di più per fargli passare la febbre, ma sembrava che nulla stesse funzionando.
Però mi fidavo di mia cugina, con tutte le volte che aveva dovuto prendersi cura di sé stessa aveva imparato cosa fare in quei casi.
Per fortuna, allottavo giorno la sua temperatura iniziò a calare, Tisha era così sollevata che scoppiò in lacrime, la lasciai sfogarsi da sola, sapevo che la mia presenza l'avrebbe solo imbarazzata.
Al quindicesimo il mio amico si risvegliò e non so come mai, appena Tisha l'aveva visto con gli occhi aperti aveva battuto in ritirata senza più mettere piede nella sua camera.
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SPERDUTA NELLA NEVE
ActieBuio. Vedo davanti a me solo oscurità macchiata da chiazze rosso cremisi e contornata da una sensazione di dolore e umiliazione. Tisha ha tre anni quando viene mandata in un orfanotrofio dai suoi genitori, fino a quel momento ha conosciuto solo dolo...