TISHA

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I mesi successivi passarono in una bolla, era difficile resistere alla tentazione di ricomprare la droga con tutti quei pensieri in testa, non ero abituata a provare tutte quelle emozioni in una volta ed ero parecchio destabilizzata.

Per sfogarmi mi uccidevo di allenamento e palestra, ma ancora non riuscivo a mangiare la carne e nessuno della mia famiglia provò più ad impormela, preferii gettarmi su pesce, proteine vegetali e carboidrati per sostenere il mio enorme dispendio energetico.

Nessuno mi coinvolse più negli affari di famiglia, giocavo ai videogiochi con i miei amici e quando non c'erano avevo preso l'abitudine di immergermi negli appunti del liceo per ripassare per il college, in modo da prepararmi.

Non sapevo cosa potessi fare, non ci avevo mai pensato in quei cinque anni.

Prima pensavo che avrei fatto psichiatria ma con il disgusto che mi era venuto per la carne e il sangue non era più un opzione.

Psicologia non mi interessava, l'aveva già fatta mia madre e onestamente non mi interessava che ci fossero altre similitudini tra me e lei.

Le materie umanistiche mi piacevano, ma non erano abbastanza stimolanti e mi sarebbero venute troppo facili.

Ero in camera mia sdraiata sul letto a riflettere quando qualcuno bussò alla porta "avanti" dissi, entrò Nadia "ciao Tisha, volevo parlarti del college" annuii e le feci cenno di accomodarsi "vedi, io ho già scelto di fare pedagogia, immagino che però tu non abbia ancora deciso, quando sei arrivata hai detto di voler diventare una psichiatra, ma ho pensato che potresti aver cambiato idea" poi mi porse un libro.

Guardai la copertina "antropologia?" chiesi, mia cugina annuì "si esatto, era una delle mie materie di indirizzo, si tratta di studiare diverse culture, permette di viaggiare moltissimo e ho pensato che potesse incuriosirti, credo che con le tue ottime capacità di apprendimento questo corso potrebbe fare per te" mi spiegò.

In effetti non ci avevo mai pensato, poteva essere davvero molto interessante.

Viaggiare, conoscere altre culture, poteva davvero aiutarmi ad evadere dalla mia realtà e a non pensare a nulla.

Sorrisi a mia cugina "ti ringrazio molto, credo di aver finalmente deciso, ora vado a dirlo allo zio" mi sono alzata e mi sono diretta a comunicare la mia scelta.

Bussai alla porta dello studio "avanti" entrai e sorrisi leggermente a mio zio "ho deciso zio" mi guardò con aspettativa "quindi?" continuai "ho deciso per antropologia zio" sollevò un sopracciglio "come mai? Ero convinto che avresti scelto medicina" mi cheise curioso.

Abbassai lo sguardo "come hai detto tu devo distrarmi e con il disgusto che mi è venuto per la carne fare il medico sarebbe impossibile" annuì e mi sorrise radioso "sono contento della tua scelta, procederemo subito con le iscrizioni, così a Giugno potrete partire" mi sorrise rassicurante e lasciai lo studio.

Non sapevo se ci sarei riuscita, vivere lontana da quella che era stata la mia famiglia, dall'Italia che consideravo ormai casa mia, lontano dai miei migliori amici.

Vivere una vita normale, senza ordini da rispettare, riunioni a cui andare, addestramenti impossibili da completare, mi sembrava pressoché impossibile.

Quando finalmente mi trovai davanti tutti, assieme a Nadia e Laura per lasciare la casa e partire mi vennero le lacrime agli occhi che ricacciai indietro, non avrei pianto, nemmeno per sogno.

I miei quattro amici mi saltarono addosso abbracciandomi forte, Vittorio mi sorrise "non dimenticarti di collegare la console appena arrivi ok? Giocheremo assieme prestissimo" annuii, Giacomo e Andrea fecero il muso da cuccioli "non ci hai permesso di assaggiarti nemmeno una volta!" gemettero, scossi la testa e sorrisi "sopravviverete, con tutte le ragazze che vi vengono dietro" Kevin mi abbracciò forte "sai che, se hai bisogno chiami e io corro vero?" annuii e fissai il mio sguardo su Marco.

Non ci eravamo quasi più parlati da quella notte.

Ogni volta che lo guardavo lo beccavo a fissarmi, come se volesse decifrare qualcosa dentro di me.

Era come se ci parlassimo solo con gli occhi e con il sorriso.

Ogni volta che avevo avuto incubi o crisi lui era lì con me, mi abbracciava e non diceva mai nulla.

Non cercava di farmi smettere di piangere, mi stringeva a sé e basta.

Non l'avrei mai ammesso ma avevo paura ad affrontare tutto senza di lui.

Saperlo così lontano da me mi spaventava.

Quando mi abbracciò le lacrime iniziarono a salire di nuovo, credo che l'avesse percepito perché mi sussurrò all'orecchio "andrà tutto bene, questi anni passeranno come nulla e sono ad una telefonata di distanza, mi mancherai tantissimo" ricacciai le lacrime e mi staccai da lui.

Salutai velocemente tutti gli altri e poi mi diressi alla macchina ad aspettare le ragazze.

Anche per loro era difficile, volevo lasciargli qualche minuto da sole con loro.

Appena salirono partimmo per l'aeroporto, avremmo usato il jet privato di famiglia per andare.

Durante il viaggio non parlai molto, le altre ascoltavano musica, leggevano riviste, io invece me ne stavo immersa nei miei pensieri.

Ero un po' preoccupata di vivere per mesi a casa di Erika, aveva due bambini piccoli e con quello che era successo magari ci sarei stata male.

Però ero anche emozionata di iniziare quella nuova avventura.

SPERDUTA NELLA NEVEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora