LIDIA

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Tornai da Tisha che era ormai sera e le portai una tazza di brodo, usai una tazza di plastica per sicurezza, non volevo che rischiasse di rompere una tazza di porcellana e farsi male.

La vidi li addormentata, con gli occhi chiusi e mi prese una tristezza strana, pure nel sonno sembrava attenta e vigile, come se temesse di essere attaccata, pensai ad alta voce, mentre la mia mano si avvicinò al suo viso "povera piccola, devi essere esausta, non devi preoccuparti, mi prenderò cura di te" appena sentì la mia mano addosso a lei scattò come un serpente e afferrò il mio polso facendo cadere la tazza che avevo in mano ma senza stringere troppo la presa e senza farmi male, sentimmo dei passi e si affrettò a lasciare la presa. 

Improvvisamente comparve mio marito, mi strinse a sé e la guardò come se volesse darle fuoco "cosa ti ha fatto amore? Tutto bene?" sorrisi e tentai di rassicurarlo "non ha fatto nulla, devo aver cercato di accarezzarla troppo all'improvviso e si deve essere spaventata, sto benissimo" mostrai il polso dove non cera neanche il segno della sua stretta.

Raccolsi la tazza che era di plastica e quindi aveva resistito all'impatto, sempre guardandola male Tommaso se ne andò, le sorrisi "non volevo spaventarti, credevo che stessi dormendo, hai dormito almeno un pochino?" mi guardò dritto negli occhi "non mi hai spaventata, semplicemente non mi fido di te ne di tutti voi, non mangerò ne berrò nulla di quello che mi darete e non permetterò a nessuno di voi di sfiorarmi neanche con un dito" la sua voce trasudava gelo, mi ricordava mio marito quando l'avevo conosciuto, il suo tono mi procurò la pelle d'oca, ma scacciai la paura in fretta ti "vado a prendere dell'altro brodo, devi mangiare qualcosa altrimenti non guarirai mai, qui nessuno ti farà del male, la mafia italiana non fa del male alle donne, almeno non più e di sicuro non ne facciamo alle ragazzine, con il tempo imparerai a fidarti" di noi poi me ne andai di nuovo.

Corsi in salotto dove cerano mio marito, suo fratello con la moglie e i nostri nove figli "ma cosa ti è saltato in mente? Perché l'hai guardata in quel modo?" lui mi guardò accigliato "ho sentito un rumore e temevo che ti avesse fatto qualche cosa" sollevai un sopracciglio "è una ragazzina di quattordici anni in gravi condizioni di salute, come potrebbe avermi fatto del male? Se ti comporti così non aiuti, sto cercando di trattarla gentilmente e ho già visto i primi risultati ma anche tu devi fare uno sforzo" lo ammonii.  

Questa volta fu lui a guardarmi come se avessi detto una battuta "non funzionerà trattandola gentilmente, ho visto le cicatrici che ha e i lividi, se si è ridotta così è perché è di sicuro cresciuta in un ambiente discutibile, se facciamo la famiglia perfetta e i gentili crederà che la vogliamo prendere in giro, non si fiderà di noi. Inoltre, non mi fido di lei, non sappiamo neanche il suo nome, dovremmo portarla in una casa-famiglia e basta" scossi la testa "no, non lo faremo invece, quei posti sono orribili e lei mi ricorda molto te quando ti ho conosciuto, ha solo bisogno d'amore per far venire fuori il lato migliore di lei" mi intestardii. 

Tutta la famiglia assistette alla nostra discussione e Kevin si avvicinò "mamma, papà, non è che magari è meglio se proviamo noi a fare amicizia con lei? Abbiamo la sua età e magari..."  ma Tommaso non lo lasciò finire "no Kevin, finché non sappiamo se è degna o meno di fiducia voi non vi avvicinerete a lei, neanche per sogno" polverizzai mio marito con uno sguardo e sorrisi a mio figlio "provaci se vuoi, ma stai comunque molto attento, è malata e in ogni caso non agire in maniera impulsiva" mio figlio mi sorrise riconoscente e se ne andò "e se quella gli fa del male?" mi domandò quell'orso che avevo per marito "non potrebbe anche volendo, è troppo debole e poi Kevin può convincerla a mangiare, non vuole prendere nulla, non si fida di noi".

SPERDUTA NELLA NEVEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora