KEVIN

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Non ero riuscito a salutare Tisha prima che partisse, mi dispiaceva ma ero sicuro che avrei potuto parlarle una volta che fosse tornata.

Quando se ne fu andata mi girai verso mio padre "prendiamo le nostre cose per raggiungerla ora vero?" gli chiesi, lui scosse la testa "no, ho cambiato idea, visto il comportamento che hai avuto ieri dubito che riusciresti a trattenerti, rimarrete qui con noi ad aspettarla e nel frattempo continuerete i vostri compiti e missioni" capii che me l'ero cercata.

Cercai comunque di insistere "padre, non è prudente, lasciarla andare da sola" non controbatté, mi guardò solo, ma quello sguardo di ghiaccio mi zittì, chinai la testa e me ne andai in camera mia.

Dopo una settimana e mezza ancora non ci aveva contattati per nulla, gli altri sembravano tranquilli, ma non io.

Ero sempre distratto e nemmeno scoparmi le puttane mi aiutava a rilassarmi.

Bastava parlarmi nel modo sbagliato per farmi incazzare di brutto.

Dopo più di due settimane mi stancai di aspettare.

Corsi nell'ufficio di mio padre "e va bene, ora devo proprio dirvelo, non vi sembra strano che Tisha ancora non ci abbia contattati?" chiesi ad alta voce ai due uomini seduti lì.

Mio padre mi guardò "potrebbe aver avuto difficoltà, dovremmo fidarci di lei" avanzai da lui e sbattei le mani sul tavolo "ci sta mettendo troppo! Papà, forse sono solo paranoico, ma credo che dopo tutto questo tempo avrebbe quanto meno dovuto contattarci dicendoci che stava bene! Per favore, fai almeno un controllo!" sbottai spazientito.

Sospirò come se sopportarmi fosse difficile, ma prese il telefono e provò a chiamare il numero criptato che avrebbe usato Tisha per la missione.

Provò a chiamare diverse volte ma era sempre staccato.

Corrugò la fronte "come mai è staccato? Se fosse riuscita ad entrare al club avrebbe dovuto accendere il registratore" pensò ad alta voce.

Rimase qualche secondo in silenzio, poi mi guardò "d'accordo, faremo così, mi metterò in contatto con il boss che doveva spiare, gli chiederò il permesso di entrare nel suo territorio per affari, appena me lo avrà concesso tu, tuo cugino e i vostri amici partirete per New York e verificherete senza dare nell'occhio, una volta verificato e capito dove si trova dovrete tornare indietro" ascoltai con attenzione ma non fui daccordo sull'ultima parte "se scopriamo che è in pericolo dobbiamo aiutarla!" ma mio padre scosse la testa "scordatelo, se davvero è in pericolo andranno soldati più esperti, voi siete ancora dei novellini" sentenziò.

Sapevo che non sarebbe servito a nulla dire qualcosa, così chinai la testa "come vuoi boss" così uscii dalla stanza e mi diressi nella nostra ala della villa.

Una volta lì vidi che c'erano i miei cugini nel salotto "cos'è successo Kevin?" mi chiese Laura, quando risposi il mio tono era triste "abbiamo provato a contattare Tisha, ma il telefono risulta staccato, ora papà chiederà il permesso per accedere alla città, in questo modo potremo andare li e verificare che stia bene" non guardai nessuno di loro, anzi, me ne andai in camera mia.

Quella notte non riuscii a dormire per nulla.

Speravo davvero che stesse bene e che non ci avesse contattati per altre ragioni.

SPERDUTA NELLA NEVEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora