CAPITOLO 59

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Michael's pov
Era già passata poco più di una settimana dal giorno in cui avevo ricominciato a pensare a Victoria, e tutto sembrava essere più complicato.
Dopo la conversazione che avevo avuto con Luke, decisi di chiudermi in casa per staccare da tutto e da tutti...e ormai erano giorni che non facevo altro che giocare ai videogiochi e guardare serie TV.
Avevo smesso anche di andare al college, e avevo smesso di utilizzare il mio cellulare.
Ma soprattutto...avevo smesso di avere contatti con Catherine nonostante mi avesse cercato parecchie volte, anche venendo a bussare alla porta di casa mia.
Stavo impazzendo!
Non parlavo con nessuno, non vedevo nessuno...esistevano solo la TV e i miei videogiochi.
Ma forse quella pazzia doveva finire.
Non facevo altro che pensare: "Domani esco di casa", ma quel 'domani' non era mai arrivato.
Finché proprio quel giorno non sentii aprire la porta.
Poteva essere solo una persona.
"Ora hai rotto i coglioni! Alza il culo ed esci da questa cazzo di casa!" mi ero quasi dimenticato che mia sorella avesse le chiavi di casa mia, ma almeno non mi aveva disturbato per giorni interi.
"Vattene...non ho nulla da fare fuori da qui..." non me la sentivo proprio di uscire, e forse sarebbe andata avanti così ancora per giorni.
"No Michael! Io non ne posso più di subire le conseguenze delle tue cazzate, okay?! Sai almeno cosa sta succedendo là fuori senza di te?!" non sapevo assolutamente nulla, e forse non avrei nemmeno voluto sapere quelle cose.
"No...e non mi interessa." risposi senza mai staccare lo sguardo dal mio videogioco.
"Allora te lo dirò lo stesso! Innanzitutto, tu sei sparito senza dire niente a nessuno, e Catherine ogni giorno viene a rompere i coglioni a me. Ma questo non è abbastanza, perché continua a pubblicare foto di voi due insieme sul tuo profilo instagram fingendo che sia tutto a posto! Lo sapevi questo? Ah! E un'altra cosa...hai trattato di merda la mia migliore amica, e forse non sai che ci sta sempre più male! E vogliamo parlare dei tuoi amici? Soprattutto di Luke! Non fa altro che chiedere se stai bene, e lui ha bisogno di te!" non mi aspettavo potesse succedere tutto questo in mia assenza.
"Non mi interessa se Catherine pubblica cazzate sul mio profilo. Di Victoria? Mi interessa ancora meno. E di Luke...beh...gli manderò un messaggio..." ormai avevo perso interesse in tutto ciò che mi circondava, ed io non avevo intenzione di cambiare le cose.
"È così che risolvi i problemi?! Complimenti Michael! Davvero complimenti! Dovresti essere un buon esempio per me, e invece ti comporti da coglione! Non vedi quanto sei infantile?! Scappi dai problemi e..." Isabelle sapeva in che modo colpirmi e l'aveva appena fatto.
Avevo sempre voluto essere un buon esempio per lei, e quella volta non lo ero stato affatto.
"Chiudi quella cazzo di bocca!" la interruppi alzando la voce.
A quel punto, lei andò verso la mia Xbox e staccò la spina.
"Hey! Ma che cazzo hai fatto?!" dire che ero arrabbiato, era il minimo.
"Ti ho ridato una vita sociale! Ora fammi il favore di alzarti, di andare a farti una doccia e di raderti! Quando sarai pronto, usciremo. Non accetto proteste!" inizialmente le lanciai un'occhiataccia, poi feci ciò che mi aveva detto.
Forse...uscire mi avrebbe fatto bene.
Così uscimmo e andammo a prenderci un frullato.
"Giuro che se questo è un modo per farmi incontrare Victoria, o Catherine, non mi vedrete per altre due settimane!" mi guardai intorno sperando che non fosse qualcosa organizzato da mia sorella.
"Come ti ho detto...Victoria non esce più dalla sua stanza da giorni, e Catherine...sono io a non volerla vedere, e figurati se voglio che la veda tu..." ammise lei, e in parte ne fui felice.
L'unica persona che avrei potuto accettare di vedere, era Luke.
Restammo lì per tutto il pomeriggio, e fortunatamente Isabelle evitò di parlare di ciò che mi avrebbe ferito ancora di più.
Dovevo ammettere che era bello parlare e passare del tempo con mia sorella.
Succedeva raramente.
"Mike, andiamo a cena da qualche parte?" ormai era ora di cena, e noi non ci eravamo ancora mossi da quel tavolino della frullateria in cui ci eravamo.
Accettai la sua proposta soltanto perché sapevo che mi avrebbe costretto a portarla a cena.
"Stasera dormi da me. È troppo buio. Non tornerai al college." appena uscimmo dal ristorante, la spinsi a dormire a casa mia.
"No. Accompagnami al college, per favore...non voglio lasciare Victoria da sola. Sta passando un brutto periodo..." alzai gli occhi al cielo alla sua inutile affermazione.
Perché doveva sempre esserci di mezzo quella ragazza?!
Così la accompagnai, dopodiché tornai a casa e mi misi a dormire.
Non impostai nemmeno la sveglia: il giorno dopo non sarei andato al college.
Infatti mi svegliai verso l'ora di pranzo, e non mi restava altro che ordinare qualcosa, almeno non mi sarei mosso da casa.
Mangiai, e tornai a giocare ai miei amati videogiochi.
Era proprio bello non andare a lezione.
Finché il mio cellulare non cominciò a squillare.
Fortunatamente era solo mia sorella, così risposi.
"Che cazzo vuoi?" mi chiedevo perché mi stesse chiamando, sapendo che non volevo parlare con nessuno.
"Mike, ho un problema con il mio computer. Credo sia entrato un virus, e...non so cosa fare..." Isabelle sapeva che ero bravo in quelle cose, e ogni volta mi sfruttava per sistemare i casini che combinava lei con il computer o cellulare.
"Sei sempre la solita! Portami qua il computer..." cos'altro potevo dirle?
Dovevo per forza aiutarla.
"Non puoi venire tu da me? Devo studiare molto, e...credo che sia meglio che io resti qui..." non capivo perché insistesse tanto, ma mi ritrovai costretto ad accettare...un'altra volta.
Così mi preparai velocemente e mi incamminai verso il college.
Quando arrivai, Isabelle mi stava aspettando all'entrata, e subito venne verso di me.
"Finalmente! Mike, non so cosa sia successo...si è solo bloccato tutto e...non lo so..." lei sembrava un po' agitata, ed era comprensibile in quanto dovesse studiare su quel computer.
"Tranquilla, ci penso io. Quindi? Dov'è il computer?" le chiesi.
"Ehm...in camera. Andiamo, per favore..." detto questo, lei mi trascinò fino all'ingresso di camera sua, e a quel punto aprì la porta, mi spinse con forza all'interno, e chiuse a chiave restando fuori.
"Hey! Isabelle! Ma che cazzo ti prende?! Apri subito!" non capivo perché l'avesse fatto, ma lei sembrava essersene andata, ed io avrei capito molto presto il motivo di tale gesto.
"Michael? Cosa ci fai qui?" proprio in quel momento, Victoria uscì dal bagno urlandomi contro.
"Non lo so! Mia sorella mi ha detto di venire qua per un problema al computer, e ora mi ha chiuso qui dentro con te!" mi lamentai sbuffando e andando a sedermi sul letto di Victoria.
"Alzati! Lì ci sto io!" aveva un tono quasi...minaccioso, ed io non potei far altro che ascoltarla.
Così mi sdraiai sul letto di Isabelle, e per un po' non ci degnammo nemmeno di uno sguardo.
Eravamo tornati ad odiarci, e questo era evidente.
"Vuoi...vuoi guardare un film?" le chiesi in quanto mi stessi annoiando.
Non potevamo stare lì senza fare assolutamente nulla.
"Non con te." lei non esitò a farmi notare tutto l'odio che provava nei miei confronti, e in fondo era reciproco, ma in quella situazione dovevamo almeno provare a sopportarci.
"Ma capisci che staremo qui per ore, e ore? Credi che sia una buona idea attaccarmi in questo modo?!" le dissi alzandomi e andando verso di lei.
"Tu che dici?! Ho alternative?!" lei si alzò a sua volta mettendosi davanti a me come per provocare la mia rabbia.
"Ma mi odi così tanto?!" la mia non era una domanda, risultò più come un'affermazione.
"Sì!" sbottò alzando gli occhi al cielo.
"Questo è evidente! Provi così tanto odio per me da esserti anche sbarazzata della collana che ti ho regalato..." notai immediatamente che non la stava indossando, e lo feci notare anche a lei.
"Se ti dicessi cosa è successo...nemmeno mi crederesti..." Victoria sembrava essersi tranquillizzata, e cominciò ad evitare il mio sguardo.
Inutile dire che le chiesi comunque delle spiegazioni a riguardo.
"Vuoi saperlo? Bene! Ecco qua! Lo riconosci?" lei mi lanciò addosso un biglietto.
Sembrava un invito...o qualcosa del genere...non lo lessi veramente.
"Cos'è questo? E cosa c'entra con la collana?" le domandai perplesso.
"Questo è un cazzo di invito al tuo cazzo di matrimonio di merda...che guarda caso è proprio il giorno del mio compleanno!" rimasi spiazzato da quelle parole.
Non sapevo cosa dire.
"Io...io non ne sapevo nulla...giuro che non vedo Catherine da quasi due settimane. Mi dispiace..." cercai di scusarmi, ma sapevo che ora era quello il motivo principale per cui lei ce l'avesse con me.
"Non importa...ma non ti aspettare che io ci sia. Sarà il secondo compleanno peggiore della mia vita..." sbuffò lei tornando a sedersi sul suo letto.
"Parlerò con Catherine. Non preoccuparti, okay?" era il minimo che potessi fare, anche se non potevo pretendere che Victoria si presentasse al mio matrimonio.
"No! Non verrei comunque! Per te sembra tutto così facile...ma non lo è per me!" forse lei non sapeva che tutto ciò non era per niente facile nemmeno per me.
Ci stavo male, e lei nemmeno se ne rendeva conto.
"Posso...posso sapere chi ti ha dato questo invito?" la mia domanda era stupida, perché poteva essere stata solo una persona.
"Catherine si è presentata qui consegnandomi questo. E vuoi sapere cos'altro ha fatto la santarellina con cui passerai il resto della tua vita? Beh...ne ha approfittato per rubarmi la collana che mi hai regalato tu. Ti chiederai il motivo per cui non la stavo indossando, e te lo dico subito! L'avevo tolta perché stavo andando a farmi la doccia, ed io sono entrata in bagno quando lei era ancora qui. È un caso che la collana sia sparita proprio mentre lei era qui, ed io ero in bagno? Perché io non penso proprio che sia una coincidenza..." ancora una volta mi trovai senza parole.
Non potevo credere a ciò che avevo sentito.
Come poteva essere stata lei?
"Ma non ha senso! Perché avrebbe dovuto farlo? A quale scopo?" Catherine non avrebbe avuto motivo di rubarle la collana.
Tutto ciò non aveva senso.
"Forse per farti credere che io ti abbia dimenticato?!" forse quella era l'unica spiegazione: Catherine era gelosa, e aveva sempre visto Victoria come una rivale.
"Le chiederò spiegazioni, e ti riporterò la collana. È una promessa. Te lo prometto perché è una cosa che voglio che abbia solo tu. È una cosa nostra...che solo noi possiamo capire..." solo lei ed io sapevamo il vero significato di quell'oggetto.
Nessuno avrebbe mai capito.
"Lascia stare. Non ha più importanza." mi disse freddamente.
Si poteva percepire il suo odio a chilometri di distanza, e ciò faceva male.
"Come puoi dire che non ha importanza?! Come fai ad essere così indifferente?!" non potevo credere che lei non desse più importanza al mio gesto di regalarle qualcosa di speciale.
Ci tenevo davvero, e lei continuava a non capire.
"Michael! Tu hai una fidanzata! Lei dice di amarti, e se tu ci credi, allora io non ho nulla in contrario a tutto questo. Ho detto che lo accetto. Quindi...va bene così." Victoria continuava a dubitare del fatto che Catherine mi amasse, ma io non avevo alcun dubbio a riguardo.
"Lei mi ama! E me lo ha dimostrato fin da subito!" ero certo di ciò che dicevo, e non accettavo contraddizioni.
"Ah sì? E come te l'ha dimostrato? Fino ad ora ha solo cercato di mettere me in cattiva luce!" in parte aveva ragione, ma sapevo che Catherine lo faceva solo per gelosia.
E questo dimostrava il suo amore verso di me.
"Lei mi ha scritto una lettera mentre io ero in ospedale, e...e nessuno l'aveva mai fatto prima! È questo che mi ha spinto a tornare con lei, perché mi ha scritto delle parole bellissime, e...tengo sempre con me quella lettera..." per dimostrarle che avevo ragione, tirai fuori dal mio portafoglio quella lettera accuratamente piegata, e gliela mostrai.
Victoria diede solo un'occhiata veloce a ciò che avevo in mano, poi alzò gli occhi al cielo.
"Per caso inizia dicendo: 'Hey Mikey.
Questo inizio potrà sembrarti banale, ma volevo utilizzare questo soprannome ancora una volta.'? Inizia così, dico bene?" subito rilessi le prime righe, e inspiegabilmente corrispondevano perfettamente.
"E tu come fai a saperlo?" le chiesi incredulo.
"...so che ti piace quando ti chiamo in questo modo...ma non è di questo che voglio parlarti. Vorrei iniziare col dirti che mi hai cambiato la vita: il giorno in cui ci siamo conosciuti al parco, ho capito subito che tra noi ci sarebbe stato un legame forte..." continuò lei.
"...purtroppo però, le cose non sono andate come speravo, ma nonostante tutto siamo riusciti ad andare d'accordo, ma tu questo lo sai. Era come se volessi sempre stupirti, fare colpo su di te in qualche modo, volevo smentire le voci di corridoio con la consapevolezza che tu non sapessi nulla di me. Devo andare avanti? Perché potrei dire tutto ciò che c'è scritto, parola per parola..." mi disse con gli occhi lucidi e le braccia incrociate sotto il petto.
Sembrava mi stesse sfidando, ed io ancora non capivo dove volesse arrivare.
"Io...non capisco. Hai imparato a memoria la lettera che mi ha scritto Catherine? Ma com'è possibile?" ero stupito che sapesse ogni cosa.
"...sono cambiata solo grazie a te, e non potrò mai ringraziarti abbastanza. Mi sento una persona migliore...o meglio...così è stato fino a poco tempo fa. La verità è che quando mi hai baciato ho provato delle sensazioni che non avevo mai provato prima..." era come se lei non volesse ascoltarmi.
Andava avanti a recitare quelle parole, ripetendole esattamente come erano scritte sul foglio che tenevo in mano.
"Smettila! Ti prego...smettila! Vuoi spiegarmi cosa sta succedendo?" la interruppi prima che potesse andare avanti.
Avevo bisogno di spiegazioni...di chiarimenti.
"Davvero non ci arrivi da solo? Non pensavo fossi così stupido!" sbottò lei, iniziando a camminare nervosamente per la stanza.
"Quante persone ti chiamano 'Mikey'? Quante ragazze hai conosciuto al parco? E a quante hai cambiato davvero la vita?" lei sembrava sul punto di piangere, e la verità era che mi sentivo veramente stupido perché ancora non capivo.
"Ehm...io...non lo so..." ammisi.
"Dove hai conosciuto Catherine?" mi domandò Victoria fermandosi esattamente di fronte a me.
"Credo...in un bar..." effettivamente non l'avevo conosciuta al parco, ma forse Catherine si era solo confusa scrivendo quella lettera.
"Si sarà confusa, okay? Cosa c'è di male?" le chiesi ingenuamente.
"Cazzo! Michael! Possibile che non hai ancora capito che quella cazzo di lettera l'ho scritta io?! Come puoi aver pensato anche solo per un secondo che potesse averla scritta una come lei?" rimasi letteralmente a bocca aperta alla sua affermazione.
Non poteva essere vero, ed io faticavo a crederci.
"Ma...ma com'è possibile? È firmata da lei, e...e me l'ha data lei stessa il giorno in cui mi sono svegliato dal coma..." questo era tutto ciò che sapevo a riguardo, ed io credevo a Catherine.
"Non l'ho firmata perché pensavo avresti capito che fosse da parte mia! L'ho scritta la notte prima che ti staccassero la spina, e...e l'avevo messa sotto il tuo cuscino, ma il giorno dopo era sparita, ed io credevo che l'avessero buttata via i dottori. Ma a quanto pare...Catherine non mi ha rubato solo la collana..." ancora ero incredulo, ma le lacrime che scendevano lungo le guance di Victoria sembravano sincere.
Ero così confuso...
"Come faccio ad esserne sicuro? So che tu la odi, e..." pensai subito che Victoria stesse solo cercando di screditare la mia fidanzata...ne ero quasi certo.
In quel momento, però, lei andò alla scrivania, strappò una pagina da un quaderno, e iniziò a scrivere.
Dopodiché mi mise in mano quel foglio.
"Avanti! Confronta la grafia! È la stessa...dico bene?" effettivamente la grafia era identica a quella della lettera.
"Ora mi credi?" mi chiese.
"Io...io non...non ci posso credere! Perché Catherine si è sentita in dovere di fare una cosa del genere? Io...non capisco." era come se stessi parlando tra me e me.
Stavo pensando ad alta voce.
"Aspetta! Ma questo significa che..." solo in quel momento mi resi conto che in quella lettera, la persona che aveva confessato di amarmi veramente non era Catherine, ma era Victoria.
"Sì! Esatto Michael...e ora penso che potrai anche capire il motivo per cui io stia così male ogni volta che vedo una vostra foto, o quando parli di lei...quando ho saputo del matrimonio..." non me l'aveva ancora detto chiaramente, ma almeno l'aveva confessato in modo indiretto.
Ora tutto aveva più senso.
"...ma non importa. So di non essere ricambiata, e anche che non avrò mai una possibilità. Tu appartieni ad un'altra persona, ed è così che devono andare le cose..." non risposi a ciò che mi disse, solo perché non potevo.
Passarono solo un paio di minuti in cui non facevamo altro che guardarci negli occhi, poi qualcuno bussò alla porta, e quando ci voltammo entrambi, una busta entrò da sotto la porta.
Victoria andò subito a prenderla, la aprì, e dopo averla letta la gettò in mezzo ad altre che erano sul pavimento.
"Cos'è?" subito andai da lei che scoppiò in lacrime.
Presi quel foglio, e sopra c'era scritto: 'Ammazzati', e la busta conteneva delle lamette.
"Cosa significa? Da quanto tempo va avanti questa storia?" le chiesi.
Poi mi venne in mente quel biglietto che io le avevo nascosto quel giorno in cui avevo dormito lì al college con lei.
Doveva essere iniziato tutto da quel giorno.
"Non lo so...ma non ce la faccio più! Ogni giorno mi arrivano biglietti di questo genere, lamette, minacce di morte...ed io non faccio altro che pensare che forse dovrei davvero farla finita, perché io non ce la faccio più veramente..." non doveva essere bello ricevere continuamente inviti al suicidio, e lei sembrava essere scoppiata definitivamente.
Stava piangendo, e il suo continuo asciugarsi le lacrime, risultava completamente inutile.
"No! Vicky! Come puoi anche solo pensare di farla finita?! Tu..." proprio mentre stavo parlando, un'altra busta arrivò all'interno della stanza.
Victoria fece un respiro profondo, poi la aprì e lesse anche quel biglietto.
"Scusa...io...io devo andare in bagno..." mi avvertì per poi correre all'interno del bagno.
Aspettai lì per minuti che sembravano interminabili, ed io ne approfittai per leggere alcuni dei biglietti che le mandavano.
"Sei un peso per la società. Suicidati."
"Muori puttana!"
"Nessuno ha bisogno di te, nessuno ti vuole."
"Tagliati verticalmente. Meriti di morire."
Erano tutte frasi molto pesanti, e ancora mi chiedevo come Victoria fosse riuscita ad essere così forte per così tanto tempo.
Avrebbe potuto fermare tutto questo in qualche modo, ma non l'aveva fatto.
Decisi di smettere di leggere quei biglietti perché ci stavo male anche io.
Passarono altri minuti interminabili, ed io rimasi seduto sul letto...finché non sentii un forte tonfo provenire dal bagno.
"Vicky? Vicky, stai bene?" mi preoccupai immediatamente e andai verso il bagno, ma non ricevetti nessuna risposta.
Così, aprii la porta sapendo che non l'aveva chiusa a chiave.
Ma ciò che mi trovai davanti, mi fece gelare il sangue.
Ero come paralizzato.
Per qualche secondo non riuscii a muovermi, e il mio cuore sembrava essersi fermato.
Vidi Victoria stesa sul pavimento.
C'era sangue ovunque, e ora...le stesse lamette che prima erano in quella maledetta busta, erano nel lavandino.
"Vicky! Rispondimi, ti prego! Vicky, svegliati!" cecai di scuoterla dalle spalle sperando che si riprendesse, ma tutto sembrava inutile...era già pallida e fredda come il ghiaccio.
Chiamai immediatamente i soccorsi, e spiegai anche il fatto che fossimo chiusi in quella stanza senza possibilità di uscire.
Fortunatamente i soccorsi arrivarono in un paio di minuti buttando giù la porta della stanza.
Portarono subito via Victoria, mentre io rimasi lì seduto sul pavimento del bagno in mezzo a tutto quel sangue.
Non riuscivo a smettere di piangere, ed era come se non riuscissi più a respirare.
Sentivo che da lì a poco sarei svenuto.
La testa mi girava forte, e improvvisamente mi sentii debole...finché non ricordai più nulla.
Mi risvegliai circondato da medici.
Mi guardai intorno, e cercai di alzarmi, ma ancora mi mancavano le forze.
"Ragazzo? Stai bene? Riesci a dirci come ti chiami?" mi chiese uno di loro.
"S...sì...mi chiamo Michael. Cos'è successo?" domandai sperando che quello fosse stato tutto un sogno.
"Sei svenuto. Vuoi che ti portiamo in pronto soccorso?" cercai di alzarmi, e forse mi sentivo un po' meglio.
"No...sto bene. Dov'è Victoria?" il mio primo pensiero fu Victoria.
Se tutto ciò non era un sogno, allora volevo avere la certezza che si sarebbe ripresa.
"L'hanno portata d'urgenza in pronto soccorso. Ha perso molto sangue..." mi avvertì il medico.
"Si riprenderà, vero?" avevo davvero molta paura, e improvvisamente ricominciai a piangere.
"Se si riprenderà, sarà solo grazie a te. Hai avuto la prontezza di chiamare i soccorsi senza andare nel panico più totale, e noi siamo arrivati giusto in tempo. Probabilmente, se fosse passato anche solo un minuto di più...non ce l'avrebbe fatta. Ma ora non hai nulla da temere." feci un sospiro di sollievo sapendo che Victoria si sarebbe ripresa.
"Posso andare da lei?" chiesi speranzoso di vederla al più presto.
"Certo che puoi. Possiamo portarti noi. Ma prima...hai dei vestiti qua? Vuoi una mano a cambiarti?" il medico mi sorrise come per sdrammatizzare, ed io annuii andando a prendere dei pantaloni e una maglietta dall'armadio di Victoria.
Presi un asciugamano umido per pulirmi da tutto quel sangue, poi mi cambiai i vestiti.
Successivamente, senza alcuna espressione sul volto, seguii i medici che erano rimasti con me, e tra i mille sguardi degli studenti del college, venni accompagnato in ospedale dove finalmente avrei visto Victoria.
Quando arrivai, mi dissero che si era già svegliata, ma che era molto debole.
Mi permisero subito di entrare, ed io mi precipitai da lei.
"Vicky! Ho avuto così paura di perderti...ora come stai?" oltre che essere spaventato, ero anche molto arrabbiato con lei per ciò che aveva fatto a sé stessa.
Ma a lei sembrava non importare, infatti scrollò solo le spalle, poi abbassò lo sguardo.
Forse era così debole da non riuscire nemmeno a parlare.
La guardai per un po', poi con le dita sfiorai i suoi polsi fasciati da garze bianche.
Ma quando alzai lo sguardo e incrociai i suoi occhi, scoppiai a piangere per l'ennesima volta.
"Sembra che la situazione si sia ribaltata ad..." finalmente lei parlò, anche se lo fece con un filo di voce.
Capivo bene ciò che intendesse dire: entrambi ci eravamo trovati sul punto di morte, e entrambi avevamo provato anche solo ad immaginare come sarebbe stata la vita dell'uno senza l'altra.
E sarebbe stata una vita orribile.
"Non provare mai più a fare una cosa del genere..." le dissi con tutta serietà.
Lei sorrise e con delicatezza mi asciugò le lacrime.
Mi chiedevo come potesse sorridere anche in una situazione del genere.
"Dico davvero, Vicky...mi sono sentito morire quando ti ho visto stesa a terra...io..." non sapevo nemmeno cosa dire, ma quella era la verità.
"Scusa..." tutto ciò che fece, fu scusarsi ed evitare il mio sguardo.
"...dovrei solo ringraziarti. Mi hanno detto che se non fosse stato per te...probabilmente non ce l'avrei fatta." non pensavo l'avessero detto anche a lei, ma ero felice che l'avessero fatto.
Mi sentivo fiero di me stesso.
Potevo dire di averle salvato la vita, ed era una cosa meravigliosa.
"Come avrei potuto non farlo?!" non avrebbe nemmeno dovuto ringraziarmi per ciò che avevo fatto.
Lei non rispose e il silenzio calò nella stanza per qualche minuto.
"Mikey...se vuoi puoi andare. Non sei obbligato a rimanere qui..." per un secondo pensai che lei non mi volesse lì, ma poi capii che non era così.
"Resto perché voglio stare con te. Non lo faccio perché mi sento in dovere di farlo, ma perché voglio starti accanto...voglio assicurarmi che tu starai bene..." le dissi accarezzandole il viso.
"Ti prego...non dire niente agli altri. Tu sei l'unico a sapere..." era comprensibile che non volesse far sapere agli altri dei suoi problemi di autolesionismo, ma ero certo che sarebbe stato tutto inutile.
"Vicky...tutto il college ha visto mentre ti portavano via in ambulanza. I soccorsi hanno dovuto buttare giù la porta della stanza, e...il bagno è completamente ricoperto di sangue. E...mi dispiace, non ho pensato a pulire tutto..." evitai di dirle che ero svenuto.
Non volevo farla preoccupare inutilmente.
"Va bene così...non importa..." speravo non si fosse arrabbiata con me, ma non avrei potuto fare altro.
"Perché l'hai fatto?" dopo un paio di minuti di silenzio, non potei non farle quella domanda.
"Perché non mi piace la mia vita. Tutto fa schifo...le persone mi odiano, e non fanno altro sbattermi in faccia il fatto di essere sbagliata e inutile...e questo mi ha distrutto completamente..." sapevo che in fondo, uno dei motivi di ciò che aveva fatto, era anche Catherine...ma soprattutto io.
Dovevo ammettere di sentirmi in colpa per ciò che le era successo.
Avrei dovuto almeno risponderle quando aveva confessato di amarmi, ma non potevo farlo...ed era tutto a causa di Catherine.
"Ognuno di noi è odiato da qualcuno, e bisogna imparare ad accettarlo. Ma ci sono anche molte persone che ti vogliono bene...e altre che ti amano veramente..." iniziai guardandola negli occhi sperando che capisse.
"Non mentirmi...perché non è così, e ne sono consapevole..." senza pensarci, le presi entrambe le mani e le portai al mio petto.
"Sai che non ti mentirei mai...e se tu avessi ragione, io non sarei qui con te, e non sarei nemmeno disposto a starti accanto anche durante la notte, se fosse necessario." se l'avessero tenuta lì per la notte, io sarei rimasto.
Non mi importava di nessun altro, se non di lei.
"No Mikey...vai casa! I dottori hanno detto che per stanotte resterò qui e...e tu avrai molto altro da fare. Io starò bene, okay? Se ci fosse qualcosa che non va, ti chiamerei immediatamente. Te lo prometto..." lei mi sorrise accarezzandomi il viso.
Ero un po' indeciso, ma lei aveva ragione: avevo molte cose da fare...una in particolare.
"Vicky! Giuro che ti riporterò ciò che è tuo! Ora riposati. Domani mattina sarò qui ancora prima che tu ti svegli. E preparati per quando uscirai da questo posto di merda!" avevo in mente ogni cosa, e sapevo cosa avrei fatto appena serei uscito da lì.
Quel giorno mi ero reso conto di molte cose, ed era tutto grazie a Isabelle.
Forse avrei dovuto ringraziare anche lei, ma non in quel momento.
Avevo da fare cose molto importanti.

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