CAPITOLO 60

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Michael's pov
Ero appena uscito dall'ospedale, e c'era solo un posto dove potevo andare: a casa di Catherine.
Dopo tutto ciò che avevo scoperto quel giorno, avevo davvero bisogno di parlare con lei.
Ci misi un po' ad arrivare, ma quella lunga strada mi aiutò a pensare.
"Michael? Cosa ci fai qui? Sei sparito per quasi due settimane!" appena la vidi, non provai assolutamente nulla...solo l'indifferenza più totale.
"Lo so. Ma ora ti devo parlare." ora che l'avevo sentita parlare, iniziai a provare rabbia, e sapevo che era sbagliato, ma era così.
"Di cosa mi devi parlare? Tra noi va tutto alla perfezione!" non potevo credere che lei stesse facendo finta che nulla fosse accaduto.
"Tutto alla perfezione? No Catherine...questo è solo ciò che vuoi far credere agli altri." odiavo quando dava importanza solo a ciò che pensavano gli altri.
Sembrava che io non contassi proprio nulla in quella relazione: contavano solo lei, i followers, i like e i soldi.
"Beh...è questo ciò che conta, no?" sorrise falsamente.
A volte sembrava così stupida e immatura...
"No! Ciò che conta siamo noi! Non c'è comunicazione tra noi due! Tu prendi iniziative senza dirmi nulla!" ero dispiaciuto di non essere mai stato coinvolto in ciò che faceva.
"Se ti riferisci alle foto su Instagram...l'ho fatto solo perché mi mancavi..." non mi aspettavo me lo dicesse.
Ma sembrava strana, come se non ci fosse nulla di vero in ciò che mi stava dicendo.
"E riguardo alle partecipazioni del matrimonio? Del giorno e del luogo? Io non sapevo nulla!" mi lamentai.
Volevo solo che me lo dicesse.
Se dovevamo organizzare quel maledetto matrimonio, avrei almeno voluto farlo con lei.
"Volevo...farti una sorpresa..." la sua risultò più come una domanda.
Era evidente che stesse mentendo.
"Ed è un caso che tu l'abbia fissato per il giorno del compleanno di Vicky?" ero certo che quella non fosse una semplice coincidenza.
"E va bene...l'ho fatto apposta perché volevo sbatterle in faccia il fatto che tu sia mio..." beh...almeno era stata sincera.
"Avresti potuto farlo in un altro modo! Non c'era bisogno di rovinare il giorno del suo compleanno!" ero parecchio arrabbiato, soprattutto per ciò che era successo a Victoria.
Era quasi morta, e la causa era anche Catherine.
"E a te cosa importa? Per caso...avresti preferito andare al suo compleanno? Perché io non credo proprio che ti inviterà..." il suo sorrisetto mi fece solo innervosire di più.
"Non importa! Ora passiamo ad altro..." iniziai guardandola con sguardo di sfida.
"Parliamo della lettera che 'mi hai scritto' quando ero in ospedale...la lettera in cui confessavi di essere innamorata di me. Ti ricordi almeno come inizia?" ciò che mi faceva arrabbiare di più, era il fatto che fino a quel giorno io avessi creduto che Catherine fosse cambiata, che finalmente si fosse resa conto di amarmi veramente...ma sembrava tutta una messa in scena.
"Mike...l'ho scritta tanto tempo fa...come faccio a ricordarmi?" era tutto così ovvio...c'era fin troppa falsità in lei.
"Oppure non ti ricordi nemmeno una parola di quella lettera perché non l'hai scritta tu!" lei rimase a bocca aperta e senza parole.
Era esattamente ciò che volevo.
Si stava sentendo in imbarazzo, e se lo meritava.
"So che non sai cosa dire perché io ho ragione!" aggiunsi ridacchiando in segno di sfida.
"E la collana di Vicky? Che fine ha fatto? Sbaglio, o...è sparita proprio quando tu sei entrata in camera sua?" sapevo che fosse così.
Anche se...in realtà ero un po' incerto: non avevo prove per accusarla.
"Mi stai accusando di furto?!" lei si finse stupita con delle movenze quasi teatrali.
"Sembra proprio di sì! Allora? Ne sai qualcosa?" insistetti sperando che confessasse.
"Io non ho rubato proprio niente!" disse incrociando le braccia al petto.
E se avesse avuto ragione?
"Allora non ti dispiacerà se vado a controllare nella tua stanza, vero?" qualcosa mi diceva di farlo.
Così, senza neanche avere il suo consenso, iniziai ad incamminarmi verso le scale che avrebbero portato in camera sua.
"Michael! Aspetta!" lei mi fermò tirandomi per un braccio.
"Lasciami!" la ignorai e salii fino ad aprire la porta di camera sua.
Inutile dire che lei mi seguì cercando di fermarmi in ogni modo.
"Non troverai niente! È inutile che tu ispezioni la mia stanza!" ovviamente non l'avrei ascoltata, e appena entrai, cominciai a guardare ovunque rovistando anche nei cassetti.
"Oh! Ma guarda! Questa non è la collana che cercavo?!" era proprio lì sulla sua scrivania, in mezzo a due libri.
Se il suo scopo era non farmela trovare, dovevo dire che l'aveva nascosta davvero molto male.
"Amore...posso spiegarti...io..." non la lasciai nemmeno finire di parlare.
Non mi importava né di lei, né delle sue inutili spiegazioni.
"Non chiamarmi in quel modo! Non c'è nulla che tu possa spiegarmi! E questa torna alla sua legittima proprietaria!" ero più che arrabbiato con lei.
Mi aveva mentito, mi aveva usato, e aveva fatto del male a Victoria.
"Hey! Dove stai andando?" tutto ciò che avevo intenzione di fare, era andarmene da quella casa.
"Me ne vado!" sbottai continuando a camminare verso l'uscita.
"Okay. Ci vediamo domani, vero?" sorrise seguendomi.
Ma come poteva essere così stupida?
Doveva aveva lasciato il cervello?
"No Catherine! Non ci vedremo né domani, né mai più!" in quel momento avevo tutto ben chiaro, e nulla avrebbe potuto farmi cambiare idea.
"Che cosa significa?" lei continuava a non capire, e dovevo aspettarmelo.
"Significa che puoi benissimo annullare il matrimonio, dimenticarti della nostra relazione, e andartene a fanculo!" solo ora capivo il motivo per cui Victoria la odiasse tanto.
"Questo non puoi farlo!" mi disse lei con tono minaccioso.
"Tu dici? Peccato...perché lo sto facendo proprio ora!" a quel punto uscii da lì, e tornai a casa mia.
Ormai era sera, e dopo aver mangiato qualcosa mi feci una lunga doccia.
Guardai quell'acqua scendere lungo il mio corpo...era di un rosso tenue.
Avevo ancora il sangue di Victoria su di me, e ciò mi riportò al momento in cui l'avevo vista stesa sul pavimento del bagno.
Continuavo a rivedere quell'immagine come un flash.
Ero come in un terribile incubo.
Quando uscii dalla doccia, andai subito a letto sperando di riuscire a dormire e dimenticarmi di quella scena.
Ma tutto fu inutile.
Quell'incubo mi teneva sveglio.
Riuscii ad addormentarmi solo in mattinata e forse dormii troppo.
Quando mi svegliai era quasi l'una del pomeriggio.
Mi preparai il più velocemente possibile, poi uscii per andare in ospedale da Victoria.
Ma quando arrivai, lei non c'era.
Chiesi a dei dottori dove fosse, ma mi dissero che se n'era andata quella mattina, ed era da sola.
Aveva detto che mi avrebbe chiamato...come poteva essersene andata senza dirmi nulla?!
Crecai subito il mio cellulare, ma mi resi conto di non averlo.
Ero certo di non averlo lasciato a casa.
Andai subito nel panico pensando di averlo perso.
Come poteva essere successo?
Come potevo aver perso il mio cellulare senza essermene accorto?
A quel punto tornai a casa mia.
Avevo ancora il mio computer, e subito mi misi al lavoro per cercare di localizzare il mio telefono.
Purtroppo però non ci riuscii.
Probabilmente era stato spento, o...non ne avevo la minima idea, ma sembrava letteralmente scomparso.
A quel punto lasciai perdere e andai al college.
Stavo girando tutta la città, ma per Victoria avrei girato anche tutto il mondo.
Quando arrivai, inspiegabilmente la porta era già stata riparata, e tutto sembrava essere tornato alla normalità.
Così bussai, ma fu Isabelle a venire ad aprire la porta.
"Dov'è Vicky?" le chiesi subito.
"Michael...possiamo parlare un attimo?" mi chiese mia sorella, ma io non avevo intenzione di parlarle.
Volevo solo Victoria.
"No! Voglio vedere Vicky!" insistetti, spingendola e entrando in stanza.
"Non c'è! Ora stai calmo, e vieni a sederti..." mia sorella mi appoggiò le mani sulle spalle, poi mi spinse a sedermi con lei sul letto.
"So cosa è successo ieri. Tutti qui al college ne parlano, e..." sapevo che tutti avessero visto che Victoria era stata portata in pronto soccorso, ma nessuno sapeva cosa fosse successo davvero.
"...e pensano che sia stato io a farle del male, vero?" ero certo che fosse così: tutti erano sempre stati intimoriti da me, e tutti sapevano la mia storia.
"Sì...è ciò che pensano gran parte degli studenti qui. Ma...potresti dirmi cosa è successo? Perché non voglio dare ascolto alle voci di corridoio." a quel punto le spiegai ogni cosa.
In fondo era mia sorella, nonché la migliore amica di Victoria.
"So bene che Vic è autolesionista...ho visto le cicatrici sui suoi polsi, ma non avrei mai pensato che potesse arrivare a tanto..." ammise non sembrando affatto stupita.
"Non me l'aspettavo nemmeno io..." dissi asciugandomi gli occhi dalle lacrime.
"Non preoccuparti. Ora sta bene. L'ho vista questa mattina, e posso dire che si è ripresa completamente." sapere che si fosse ripresa, mi faceva sentire decisamente meglio.
Avevo avuto così tanta paura per lei...
"L'hai vista?! E dov'è adesso?" non aspettavo altro che sapere dove fosse, e speravo davvero che non fosse tornata a Melbourne.
"È tornata a casa sua. Ha detto che i suoi genitori saranno via per lavoro almeno per due settimane, e lei ne ha approfittato per stare sola, ma pensavo che tu lo sapessi..." era incredibile il fatto che Victoria avesse detto ogni cosa a mia sorella, e nulla a me.
"Vado da lei! Ho perso il cellulare, quindi non cercarmi." a quel punto uscii dal college, e ancora una volta mi ritrovai a girare per la città a piedi, senza neanche un mezzo solo perché avevo paura.
Speravo di trovarla almeno lì, perché sembrava che io stessi girando a vuoto.
Fortunatamente, quando bussai alla sua porta lei venne ad aprire, ma appena mi vide, non fece altro che sbattermi la porta in faccia.
"Vicky! Ma cosa succede? Apri, per favore!" urlai per farmi sentire all'interno.
"Vattene! Se davvero pensi quelle cose di me, allora perché sei qui? Perché non te ne vai?" non capivo di cosa stesse parlando, ma qualcosa non andava, e questo era certo.
"Quali cose? Vicky...tu sai bene ciò che penso! Non ti ho mai nascosto nulla!" non ero mai stato tanto sincero con qualcuno.
A lei avevo sempre detto la verità, anche se quella verità avrebbe fatto male a uno di noi.
"Vaffanculo Michael! Non mi aspettavo nulla di tutto questo da parte tua! Ma non importa! Sono solo una povera illusa..." urlò lei.
Era esattamente dietro la porta, potevo sentirlo dalla sua voce così vicina.
"Giuro che non ho fatto niente! Ho fatto tanto per te, e se pensi che non ci sia un motivo, sappi che ti sbagli di grosso!" cercai di convincerla, in quanto non sapessi chi le avesse messo in testa certe cose.
"Questo è vero! Ma a quale scopo?! Lo stesso che mi hai detto tu?!" provai a ricordare se le avessi mai detto qualcosa di sbagliato, ma ero sicuro di non averlo fatto.
"Senti...Vicky...io non so di cosa tu stia parlando, ma se c'è un modo per farmi perdonare, allora dimmelo! Farei di tutto, okay? Qualsiasi cosa tu voglia!" ero anche disposto ad andare sulla luna se sarebbe servito a farla tornare da me.
"Vattene Michael!" a quel punto la salutai e me ne andai davvero.
Cos'altro potevo fare?
Tornai solo a casa mia, e subito cominciai a pensare.
Dovevo assolutamente fare qualcosa.
E improvvisamente mi venne in mente un modo per farmi perdonare.
Così uscii di casa, e passai tutto il pomeriggio in giro per la città, sapendo esattamente cosa fare.
Nella mia mente avevo già programmato tutto.
Appena finii di fare tutte le commissioni che dovevo fare, tornai a casa a prendere altre cose che mi sarebbero servite.
Poi tornai a casa di Victoria.
"Vicky! Sono Michael! Mi fai entrare, per favore?" bussai subito alla porta nella speranza che mi avrebbe aperto.
"No! Vattene!" sapevo che sarebbe successo, così presi la chitarra che avevo portato con me, e cominciai a suonare.
Bastarono pochi secondi di attesa, poi vidi Victoria aprire leggermente la porta.
"Mi fai entrare? Ti prego..." la supplicai smettendo di suonare per un attimo.
"Dovrei?" chiese lei.
Forse avrebbe ceduto, e lo speravo vivamente.
"Ho portato il gelato." sapevo che fosse il suo cibo preferito, e se fossi rimasto lì ancora per molto, si sarebbe sciolto.
"Che gusto?" mi domandò.
Beh, avevo fatto centro!
"Mango e lampone." sapevo anche che quelli erano i suoi gusti preferiti.
"Hai dato la risposta giusta. Ora puoi entrare." a quel punto, Victoria aprì definitivamente la porta, ed io esitai un po' ad entrare, ma alla fine fu lei a trascinarmi.
"Ah! Ti ho preso anche queste..." non era un gesto che ero solito fare, ma come avevo già detto: per lei avrei fatto davvero di tutto.
"Mio dio! Mikey! Ma dove le hai trovate?!" le avevo portato un mazzo di rose nere, sapendo che lei le amava, e insieme ad esse avevo aggiunto delle orchidee sapendo che quello fosse il suo fiore preferito.
"Lasciamo perdere...sono letteralmente andato in ogni negozio della città per trovarle...ma aspetta! Ti ho anche riportato la tua collana..." mancava solo quella, e subito gliela diedi.
"Michael...io...io non so cosa dire! Mi hai portato il mio gelato preferito, le rose nere che tanto amo, le orchidee...tu sei fantastico! Davvero...grazie!" aveva avuto esattamente la reazione che speravo.
Sembrava davvero felice, e lo ero anch'io.
"Ho ancora qualcosa per te. Siediti...ti ho scritto una canzone..." le sorprese non erano finite, ed io le presi delicatamente una mano, e la accompagnai a sedersi sul divano.
Dopodiché, impugnai la mia chitarra e iniziai a suonare e cantare una canzone che avevo scritto pensando a lei.
Parlava di noi e della nostra storia.

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