99. Papà ci manchi

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Tre anni dopo

Niccolò era partito per gli Stati Uniti per registrare il nuovo singolo e mi mancava come l'aria, anche sua figlia sentiva la sua mancanza tanto da sorridere come se non ci fosse un domani quando lo vedeva attraverso lo schermo. Molte volte prendeva il mio telefono mentre facevamo le video chiamate ed iniziava a baciare la figura di suo padre che rideva a crepapelle, ma allo stesso tempo si commuoveva. Niccolò era partito con Adriano, ma nonostante ciò i miserabili venivano tutti i giorni a casa per fare un saluto. Fortunatamente si alternavano e non venivano tutti insieme, altrimenti sarebbe stato un guaio, avrei dovuto badare a troppi bambini contemporaneamente. Niccolò non voleva ammetterlo, ma ero certa che mandasse i miserabili per vedere se stessi bene oppure non gli dicessi di essere stanca per non farlo preoccupare. Da quando era nata Gioia era diventato molto più premuroso di quello che era già con me e questo mi faceva molto piacere, molte volte metteva davanti il proprio bene, il bene della bambina ed era proprio questo quello che amavo di più di Niccolò.

Il risveglio mattutino era stato abbastanza traumatico. Avevo iniziato a lavorare in una testata giornalistica indipendente, ma essendo entrata in maternità avevo continuato a lavorare da casa così da poter svolgere sia le mie mansioni lavorative sia fare la mamma. Non era una brutta idea lavorare da casa, ma la mattina stessa dovevo consegnare un articolo, lo avevo scritto e lo dovevo ricontrollare, ma Gioia non voleva proprio smettere di piangere, voleva il suo papà, ma purtroppo in quel momento non ci avrebbe mai risposto e sinceramente non lo avrei voluto chiamare per paura di disturbarlo, lì era notte e lui stava dormendo, se lo avessi chiamato lo avrei svegliato. Gioia per avere solamente tre anni era abbastanza movimentata, come poteva non esserlo avendo come padre Niccolò, ma non si era mai comportata in quel modo prima di quel momento. Avevo provato a farle sentire le canzoni di Niccolò, ma non bastava, avevo provato a suonare il pianoforte, quelle poche note che sapevo suonare, avevo provato anche a farla mangiare, ma non ne voleva sapere nulla, tanto da provare a chiamare suo padre lei stessa. Mi aveva rubato il telefono cliccando da per tutto per provare a far partire quella chiamata, ma non ci riuscì, le scapparono solo due like su Instagram, ma arrivai in tempo per non farle fare danni. Quando chiusi la schermata notai che Gioia si era fissata ad osservare la foto con suo padre e continuava a piangere imperterrita. A vedere quella scena mi si spezzò il cuore, sapevo che se lo avessi chiamato si sarebbe spaventato, ma in quel momento vedevo la sofferenza negli occhi di mia figlia, gli mancava suo padre e non riuscii a non cliccare il tasto per far partire la video chiamata.

"Amore adesso chiamiamo papà!" Le dissi felice e solo sentendo pronunciare quelle parole si calmò.

"Amò che succede? Gioia sta bene? Tu stai bene? Perchè mi hai chiamato? Parla!" Stava delirando, sapevo avesse risposto così e, nonostante avessi indossato un sorriso per fargli capire che andava tutto bene aveva fatto la sua carrellata di domande.

"Amore non posso parlare se parli tu, comunque sì stiamo bene, solo che Gioia piangeva perchè voleva vederti. Non volevo chiamarti e nonostante abbia provato in tutti i modi a calmarla non ci sono riuscita."

"Passamela stai tranquilla."

"Amore c'è papà!" Non le parlavamo con parole molto complesse, sapevamo non le capisse. Ovviamente qualche parola la pronunciava e anche bene, ma altre non le conosceva proprio, alcune erano ancora troppo difficili. La vidi asciugarsi le lacrime e mi fece un sorriso enorme.

"Papà, papà!" La sentii urlare verso lo schermo ed appena mi girai nella sua direzione la vidi baciare lo schermo, come le era di consueto fare. Decisi di lasciarla un secondo sola in sala ed andai a prendere il computer. Prima finivo l'articolo prima mi potevo dedicare totalmente a Gioia. Niccolò intanto giocava virtualmente con sua figlia e lei rideva.

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