88. Vieni in ospedale

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Pov's Sara

Avevo smesso di mangiare da tre giorni, qualsiasi cosa mettevo in bocca veniva rigettata in pochi minuti, avevo una nausea continua e per far sì che passasse avevo deciso di non mangiare più, non mi piaceva vomitare per qualsiasi cosa.

Adriano cercava di spronarmi a mangiare qualsiasi cosa, anche i frullati, l'unica cosa che non mi provocava nausea, ma io rifiutavo categoricamente, i frullati erano insignificanti, non mi riempivano per niente.

Per non far preoccupare mio fratello avevo deciso di farmi portare il piatto con il cibo in camera, non osavo alzarmi dal letto nemmeno per mangiare, ero troppo debole, e, appena Adriano usciva dalla stanza buttavo tutto in giardino, almeno i cani e i gatti randagi avrebbero potuto mangiare qualcosa nella loro giornata.

La rottura con Niccolò mi aveva fatto male, veramente male, tanto da iniziare a pensare di aver sbagliato qualcosa con lui per portarlo a tradirmi, ma non trovavo alcuna spiegazione, gli avevo chiesto una pausa sì, ma credevo che capisse che dovessi solamente schiarirmi lei idee, non serviva andare a letto con Federica.

Mi chiamava in continuazione, mi veniva a trovare in continuazione, ma non mi facevo mai vedere o sentire, a parte una volta in cui, dalla mia camera, gli urlai Niccolò non ti voglio più vedere! Lasciami in pace!

Nonostante gli avessi detto ciò lui continuava imperterrito a chiamarmi, non volevo assolutamente bloccarlo, mi sarebbe costato tantissimo, preferivo vedere quando si sarebbe arreso.

Ad una settimana dalla rottura, ancora non si arrendeva, aveva diminuito la frequenza delle chiamate, ma comunque continuava a far squillare imperterrito il telefono fin quando la voce metallica della segreteria telefonica non scattava. A volte provava a parlarmi con il telefono di Adriano, ma dopo aver capito, la prima volta, che era lui a chiamarmi con il telefono di mio fratello non gli risposi più.

A due settimane dalla rottura io stavo diventando uno stecchino, bevevo per tenermi in vita e mangiavo pochissimo, solo per far sì che non morissi lì nel mio letto, sembrava stessi diventando anoressica, ma l'anoressia era una malattia seria dalla quale non era facile riprendersi, ciò che mi aveva fatto Niccolò, mi provocava un dolore forte, ma non mi dovevo far abbattere da quello, mi sarei dovuta alzare dal letto e avrei dovuto iniziare a reagire.

Pov's Niccolò

"Niccolò ti prego vieni in Ospedale." Furono le parole che sentii dire da Adriano e da lì entrai nel panico.

"Cosa è successo?" Cercai di chiedergli con l'affanno mentre infilavo le scarpe, mi benedii mentalmente per non essermi svestito quella notte.

"Sara, Sara si è alzata dal letto ed è svenuta, non ho fatto nemmeno in tempo a tornare in casa che l'ho vista cadere a terra davanti ai miei occhi." Erano le undici di sera, avevo dormito minimo cinque ore e sentire quella notizia mi aveva scombussolato, per quale motivo Sara era in piedi? Perché era svenuta? In quale reparto sarei dovuto andare? Mille domande nessuna risposta. Decisi di agire, non serviva a nulla porsi delle domande alle quali non potevo dare nemmeno una risposta, allora presi la macchina e misi in moto.

"Sto arrivando." quelle furono le uniche parole che dissi ad Adriano prima di mettere giù quella chiamata. Cercai di arrivare il prima possibile a destinazione, provando, però a non fare incidente.

"Adriano perché è in ospedale? Cosa le è successo? Per favore dimmelo." Avevo una voce supplichevole, avevo paura di perderla, già l'avevo persa, ma questa volta avevo paura di perderla per sempre. Non avevo nemmeno salutato il mio amico, tanta la preoccupazione.

"In questi giorni potrei averti sempre detto delle mezze verità, Sara non mangiava bene da giorni, le portavo il cibo, ma lo rifiutava, mangiava il minimo indispensabile perché tutto quello che ingeriva lo vomitava subito dopo. Lei mi faceva portare il cibo in camera, ma non lo mangiava lo dava agli animali, io la vedevo, ma non le potevo dire nulla, sarebbe stato peggio." Mi confessò il mio migliore amico con uno sguardo basso. Si sentiva in colpa, ma lui non aveva colpe, la persona che le aveva fatto del male ero solo e soltanto io.

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