Il cortiletto era circondato dalla folta vegetazione a pochi passi dal porticato della villa, le cui lanterne affisse sui tetti infondevano calore e luminosità, tracciando il breve sentiero acciottolato fino al portico.
Era stata montata una pedana da tiro sotto due ciliegi, irrorati di rugiada sotto il riflesso della luna.
Casey montò il suo arco, prendendo il fascio di frecce che aveva imparato a costruire quel pomeriggio. Sorrise al ricordo del padre che la spiava dalla finestra del suo studio, mentre lei si esercitava in giardino col maestro assunto per le sue esercitazioni. Le piaceva scorgere nel suo sguardo la luce di approvazione per un tiro ben centrato.
Volse il capo verso la villa. Non c'era nessuno a guardarla; nessun curioso; nessuno a tenerle compagnia. Aveva cenato insieme a Nia, poiché suo fratello era stato assente tutta la sera. La ragazza, poi, si era congedata nella sua stanza. Casey sorrise. In fondo, era una futura sposa con tanti sogni da esplorare. Era normale che desiderasse rimanere da sola per meglio prepararsi all'evento. Sospirò rassegnata. Ciò che, invece, voleva esplorare lei era la pedana da bersaglio posta a quaranta metri dalla sua figura.
Strinse gli occhi; raddrizzò l'arco; fendette la corda fino a dietro l'orecchio, tenendola ferma un istante prima di lasciarla andare. Fece una smorfia su quei dieci centimetri che sfiorarono il bersaglio. Sbatté le palpebre. Un altro tiro spezzò l'aria. I centimetri di distacco erano sempre gli stessi. "Dannazione!" imprecò nervosamente.
"Sarebbe stato meglio reclinare il tiro di due gradi a sinistra e avreste recuperato il vostro bersaglio!"
Casey sussultò, voltandosi di scatto. Reiji era comodamente sdraiato su una panca: le gambe distese con le caviglie accavallate; le mani incrociate dietro la nuca. Da quanto tempo era lì, senza che lei se ne accorgesse? E aveva l'aria di spassarsela un mondo a ridere dei suoi fallimenti. Raddrizzò le spalle e si voltò verso la pedana, non degnandolo di una risposta. Se c'era una cosa che andava evitata, era cedere alla provocazione. Tese l'arco, dunque, e lasciò andare la corda. Scrollò le spalle. Questa volta i centimetri mancanti erano diciotto. Si sentì distratta, adirata, confusa!
"Siete brava, Casey sama. Sapete, tuttavia, fare di meglio" la canzonò lui, mettendosi seduto. "Non a caso avete centrato quel delinquente." Lei si stupì della sua buona memoria. Lo sentì alzarsi e avvicinarsi. Lei strinse l'arco; la mano le tremava e faticò a tenerlo fermo. Lo raddrizzò e lo tese. Le sue gambe erano deboli nel percepire la presenza dell'uomo alle sue spalle, quasi sfiorandola.
Una mano si adagiò sulla sua a reggere l'arco, mentre l'altra si posò sulla sua schiena a imprimerle una leggera pressione. Le labbra di lei tremarono, percependo un brivido lungo le scapole.
"Irrigidite la postura" si sentì sussurrare all'orecchio "e ammorbiditela prima del rilascio." Casey chiuse gli occhi, sentendo la mano di Kyu che dalla schiena si spostava sul suo gomito destro per sollevarglielo leggermente. Poi la aiutò a raddrizzare la mira, facendola reclinare di poco verso il lato sinistro e, infine, raddrizzarlo nuovamente. Mantenendole l'equilibrio in quella posizione, le lasciò il gomito e poi la mano sull'arco, scivolando via in una carezza quasi percettibile, che le fece sbattere le palpebre.
"Shuto!" (Scoccate!) - la incitò, infine, con determinazione. La freccia in un sibilo andò a centrare il bersaglio sotto lo sguardo soddisfatto del ronin e gli occhi stupiti di Casey.
Con le mani dietro la schiena, Kyu tornò a sedersi soddisfatto sulla panca. Casey non badò a quell'atteggiamento superbo, presa com'era a provare un altro tiro, padroneggiando sui consigli del suo improvvisato maestro. Con aria soddisfatta centrò altre due volte il bersaglio.
Di colpo si levò un gran vento, che scosse gli alberi e sparpagliò per il cielo un nugolo di foglie. Casey recuperò le sue frecce e seguì l'uomo sul porticato. Osservarono in silenzio la vegetazione muoversi nella notte sullo sfondo di grossi nuvoloni e Casey rabbrividì al presentimento di una notte insonne. Doveva convivere con quei temporali, parecchio frequenti in quella stagione, e non aveva altre speranze se non quelle di rassegnarsi o guarire da quell'incubo.
STAI LEGGENDO
GLI OCCHI DEL RONIN
Historical FictionEdo 1869 All'insediamento della restaurazione Mejij, una giovane ereditiera inglese fugge dalle insidie dello shogun, propenso a ripristinare il proprio regno appropriandosi dell'oro che ella detiene. Sullo scenario dell'ultima cultura medioeval...