Owen varcò l'ampio atrio della sala imperiale, oltrepassando le due guardie alabardate dagli sguardi freddi.
Seduto sul trono, il diciassettenne Imperatore Meiji era attorniato dai suoi funzionari. Ai piedi dei tre gradini che accedevano al palco, invece, vi era una delegazione composta di alcuni ambasciatori stranieri, che parlottavano tra loro con espressioni disorientate. In un angolo riconobbe i consoli britannici Harry Smith Parkes ed Ernest Mason Satow. Sorrise sarcasticamente sotto i baffetti grigi, ricordando come sir Parkes, tempo prima, sciorinasse colloqui mirati a sostenere le forze ostili allo shogunato, il quale aveva aperto i propri porti per una redditizia commercializzazione andata, comunque, a finire in un fallimento totale. Adesso, dopo l'ultimo avvenimento accaduto a Nagasaki con l'omicidio di due marinai britannici, l'Inghilterra aveva raffreddato le relazioni diplomatiche con Tokugawa sostenendo, così, l'idea di attuazione di un governo imperiale.
Sir Owen si lisciò il baffetto destro con un dito, monito di riflessione per lui, dal momento che l'Inghilterra puntava in ogni caso a ottenere i suoi profitti. Il suo ruolo, tuttavia, equivaleva a un rapporto più nascosto e segreto dei due diplomatici inglesi e prova ne fu la fine di quell'attesa, che annunciava il suo arrivo.
Kiyotaka Kurode, comandante dell'esercito imperiale, infatti, si avvicinò lentamente all'inglese; le mani dietro la schiena; gli occhi vigili e in continuo movimento; era ben pasciuto, senza alcuna traccia, però, di autorevolezza.
"Avvicinatevi, Owen san!" lo chiamò scortandolo sotto al palco, dove vicino a Meiji si ergeva la figura di Saigo Takamori del feudo di Satsuma, dal viso solido e duro; l'occhio determinato; il naso imponente.
Owen chinò il capo ossequiosamente innanzi all'Imperatore che guardò a sua volta Kuroda, la quale invitò l'inglese a prendere la parola. Parkes e Satow si avvicinarono anch'essi, ben conoscendo il ruolo di Owen, fuorché i segreti a loro nascosti dalle alte gerarchie britanniche.
"E' mia premura" cominciò a dire Owen "comunicare a Vostra Maestà Imperiale che Sua Maestà britannica, la regina Vittoria, sosterrà l'alleanza Satcho tra il feudo di Satsuma e il feudo di Choshu come l'inizio del rinnovamento dell'Impero Meiji." Tirò fuori una lettera recante il sigillo reale inglese e la porse a Takamori. Quest'ultimo si scambiò un'occhiata di eloquente intesa con Kido Koin del feudo di Choshu.
Parkes si scambiò, invece, un'occhiata livida con Satow. Entrambi erano al corrente di quell'importante decisione e dal momento che il loro compito era di coltivare rapporti diplomatici col sistema imperiale giapponese, non comprendevano perché la regina avesse affidato quell'incarico a un integerrimo 'agente segreto britannico'.
Intuirono, dunque, che c'era qualcos'altro da rivelare e la risposta non si fece attendere da una spia, che carpiva i migliori segreti tra i capetti locali e a bordo delle navi della 'Compagnia delle Indie' con cui viaggiava per recare il suo onorato lavoro di architetto in giro per il mondo.
Owen arcuò le fini sopracciglia, assumendo un'aria canzonata al pensiero dei due puritani inglesi che, certamente, si stavano rodendo il fegato per l'invidia.
"Napoleone ha messo a disposizione dello shogunato le forze militari francesi aumentando persino l'arsenale navale!"
Il silenzio piombò sulla sala. Parkes strinse le mascelle. Il rafforzamento dei francesi significava che Tokugawa non desiderava far battaglia con armi obsolete. Significava, anche, che un solo errore diplomatico o un erroneo intervento militare rischiava di dar vita a una battaglia navale in mare orientale tra due potenze occidentali. Ecco, perché la regina Vittoria imponeva cautela e la spia le serviva per meglio intendere le intenzioni dei francesi.
"Tempo fa," continuò Owen "i francesi hanno costruito una rivoluzionaria nave da guerra corazzata, acquistata in seguito dagli Stati Uniti. Il regno britannico ha rinegoziato il prezzo con l'intenzione di soffiarla alla proposta francese e consegnarla alla fazione imperiale di Sua Altezza Reale Meiji" concluse a capo chino e con atteggiamento deferente.
"Siamo in grado di sostenere che l'alleanza di Choshu e Satsuma provocherà l'indebolimento di Yoshinobu creando disaccordi all'interno dello stesso shogunato!"
Con l'occhio quasi annoiato sulla carnagione pallida, Meiji fece udire la sua flebile voce da ragazzo in crescita. "Tokugawa ha già iniziato il conflitto, Owen san. Parecchi samurai nazionalisti hanno trovato appoggio presso il Dominio di Tosa per opporsi allo shogun e appellarsi all'appoggio militare occidentale ostacolando persino la causa imperiale!"
Satow mosse un piede in avanti. "Ci stiamo occupando anche di questo disagio, Maestà" si appellò il diplomatico con sguardo serrato. Meiji gli lanciò un'occhiata di evidente fastidio e ignorandolo completamente, rivolse la sua attenzione su Owen.
"Avrete, certamente, qualche pedina da giocare, Owen san, o non ostentereste tanta sicurezza!" lo provocò il reggente. Con occhio vivace, l'inglese valutò che l'Imperatore fosse troppo loquace per essere un ragazzino. Poi guardò di sottecchi Satow, messo in disparte dalle intenzioni dell'Imperatore. L'ambasciatore era livido in volto, sebbene, enfatico, si chiedesse come la spia sarebbe uscito da quel groviglio, sperando in una sua eventuale disfatta che lo avrebbe screditato con disonore.
Dal canto suo, Owen rifletté di non avere la più pallida idea di come tirare fuori il ragno dal buco, avendolo pure menzionato alla sua regina, la quale, ridendo sfacciatamente, si era affidata a lui, approvando la metodologia del suo intuito e della dannata fortuna che quel giramondo si tirava dietro. In parole povere, Jonathan Owen aveva ricevuto 'carta bianca' dalla regina Vittoria , e quello era l'unico segreto che non poteva condividere con i due ambasciatori inglesi.
I suoi occhi, a un tratto, catturarono una strana figura dietro un alto colonnato dall'altro lato del palco, in un'area lontana da loro. Il suo volto era celato da due bende nere fasciate sul capo; sotto il mantello indossava l'uniforme dei 'guerrieri fantasma'. In disparte da tutti, intratteneva un sussurrato colloquio con un delegato della regina Shoken. L'inglese aggrottò la fronte. Sapeva a chi apparteneva quel guerriero, così come ne conosceva le abilità assassine. Si raddrizzò all'improvviso, mantenendo alta la postura e domandandosi perché la regina Shoken intrattenesse rapporti segreti con la 'Pantera dell'Honshu'.
Sbatté le palpebre e tornò a rivolgersi al reggente. "Desidero che sappiate, Meiji Ten'no (Imperatore celeste Meiji), che mi asterrò da comportamenti non convenienti all'equilibrio che si richiede alla mia carica e, pertanto, tratterò ogni lecito dubbio secondo i canoni confacenti alla vostra causa."
"Questo è ciò che mi ha ordinato la mia regina!" Le ultime parole incise con determinazione furono accompagnate da un rigido inchino di congedo, che l'Imperatore acconsentì. Volse lo sguardo verso il colonnato. Non vi era più traccia dello shinobi.
Giunto nell'atrio, Parkes corse dietro a Owen con un bastone da passeggio in una mano e un cappello a tuba nell'altra. Lo chiamò a gran voce, fino a quando Jonathan non si arrestò, ma solo per indossare sul capo il suo panama bianco.
"Sir Owen, spero per il bene di tutti che sappiate quello che fate!" lo redarguì in un affanno. "A differenza di Satow posso ben immaginare a cosa mira la nostra regina, ma rischiate di divenire un capro espiatorio se le cose dovessero mettersi male!"
Sapendo dove voleva andare a parare il rivale, sperando in un congedo dalle sue responsabilità per meglio adoperare i suoi segreti, Jonathan sfoderò un sorriso incoraggiante.
"Non posso rivelare i miei accordi con la regina, milord. La nostra sovrana si aspetta che voi svolgiate le vostre mansioni con la stessa eccellente bravura che avete dimostrato fino ad oggi" elargì, sicuro che il diplomatico si sarebbe pompato il petto.
"In quanto a me, sappiate che il mio ruolo richiede coraggio per affrontare il pericolo in cui mi sto per fiondare. Posso, però, assicurarvi, che le mie intenzioni saranno sempre conformi ai miei principi morali e ai desideri della mia sovrana!" Detto ciò fece l'atto di avviarsi, sollevando di poco il cappello in segno di commiato.
Il sole riverberò sul suo sguardo all'ombra della tesa del panama. Fra tutte le mansioni da affrontare, la sorte di Casey era ciò che più lo preoccupava. Il fiuto lo indusse a pensare che Collins stesse per fare la sua mossa e Tokugawa era il suo ascendente.
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GLI OCCHI DEL RONIN
Fiction HistoriqueEdo 1869 All'insediamento della restaurazione Mejij, una giovane ereditiera inglese fugge dalle insidie dello shogun, propenso a ripristinare il proprio regno appropriandosi dell'oro che ella detiene. Sullo scenario dell'ultima cultura medioeval...