Helmut aprì gli occhi, destato dal riverbero del sole che filtrava da una cortina trasparente di una finestrella. Per dieci giorni era rimasto disteso e immobile su quella stuoia. Inizialmente, la sua schiena ne aveva risentito ma poi, si accorse come la donna che lo accudiva cercasse di rendergli più confortante la degenza, ponendo sul tatami morbide imbottiture di piume.
Voltò lo sguardo alla sua sinistra, oltre l'anta della stanzetta in cui si trovava. Un'ombra si muoveva costantemente nell'altra stanza, producendo lievi rumori di vettovaglie e quant'altro. L'esile figura passò poi innanzi alla sua visuale con una ciotola in mano, cogliendolo di sorpresa.
La vide chinarsi a metà del camino, dove una pentola era tenuta sospesa dai ganci. Con un mestolo di legno ne raccolse il contenuto che versò in un'ampia ciotola. Si voltò, infine, scomparendo dalla sua vista per finire di armeggiare con quella che egli capì dovesse essere la sua colazione. Comparve, infatti, subito dopo, con un vassoio tra le mani, avvolta nel suo kimono azzurro, e come tutte le volte, in quel lunghi giorni, si sentì di attendere quel momento con l'emozione di un ragazzino.
La vide chinarsi con grazia sulle ginocchia e riporre il vassoio sul pavimento; si chinò su di lui; lo prese per le spalle e lo aiutò ad alzare il busto per rimanere seduto.
Helmut era giunto a un punto della sua convalescenza che poteva anche muoversi da solo. La ferita non gli doleva più come i primi giorni, ma preferiva lasciarsi trasportare da quei gesti e come ogni volta, veniva investito dal delicato profumo di magnolia che la donna emanava.
Lei tenne per un po' le mani sospese su di lui, sperando che egli mantenesse il suo equilibrio in quella posizione non certo comoda. Come vide che l'inglese rimaneva seduto senza tanto sforzo, lei lasciò penetrare la luce dei suoi occhi scuri su quelli azzurri di lui in un sorriso talmente confortante e fiducioso, che l'uomo si sentì mancare un battito e trattenne il respiro. La sua mascella si mosse, stringendosi nel contenere un certo tormento, che da giorni ormai gli scendeva lungo la schiena.
Aiko prese la ciotola e le bacchette e iniziò a raccogliere piccole porzioni di riso che accompagnò alle labbra del giovane, incitandolo a mangiare.
Helmut osservò quelle piccole mani che con eleganza compivano dei normali gesti, ritornandogli alla mente come quelle stesse mani avessero stretto dei grossi pugnali, volteggiandoli con maestria. Deglutì con immenso sforzo al pensiero ma si stupì di non rabbrividire. Non riusciva a smettere di guardarla. Non si capacitava come la shinobi, che aveva visto sfidare Tokugawa con una forza sorprendente, fosse la stessa donna che arrossiva con dolcezza senza traccia di malizia, accennando un sorriso morbido sulle labbra carnose, confluendo nei profondi occhi neri su cui lui sembrò perdersi, comprendendo perché lo stesso shogun avesse perso la testa per lei. Ne fu rapito anch'egli!
Sbatté le palpebre, cercando di destarsi da quello strano calore che lo stava pervadendo e tossì portandosi una mano al petto.
Aiko ripose la ciotola e prese dal vassoio un boccale colmo d'acqua che gli avvicinò alle labbra; adagiò una mano sul suo viso per aiutarlo ad accostarsi a bere e Helmut sentì la pelle bruciargli e dei brividi che gli giunsero fino alle gambe.
Come lei fece l'atto di staccarsi, lui le afferrò la mano, catturando il suo sguardo.
"Grazie!" le sussurrò con occhi colmi di gentilezza. La sentì sussultare. Aiko ritrasse la mano come se si fosse scottata; chinò il capo; le sue labbra tremavano. Prese, infine, il vassoio e con la stessa eleganza con cui si era chinata, si sollevò per poi indietreggiare a busto chino e uscire dalla stanza.
Certa che l'inglese non la vedesse, Aiko adagiò il vassoio sul tavolo e si portò una mano al petto, lasciando andare il respiro fino a quel momento trattenuto. Il suo cuore aveva cominciato ad agitarsi non appena l'uomo iniziò a tossire, lasciando che alcune ciocche bionde gli cadessero prepotenti sulla fronte a incorniciare i suoi occhi color dell'oceano. Le sue mani avrebbero voluto sfiorare quelle ciocche con irresistibile capriccio. Si guardò la mano, impregnata ancora del calore della sua stretta. Scosse il capo, amareggiata di se stessa. Quell'uomo aveva fatto del male alla sua amica e lei ... era vedova. Aveva letto il rimorso nei suoi occhi limpidi insieme a una strana e solitaria inquietudine.
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GLI OCCHI DEL RONIN
Fiksi SejarahEdo 1869 All'insediamento della restaurazione Mejij, una giovane ereditiera inglese fugge dalle insidie dello shogun, propenso a ripristinare il proprio regno appropriandosi dell'oro che ella detiene. Sullo scenario dell'ultima cultura medioeval...