Capitolo 94

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La pioggia aveva cessato di cadere. Le lacrime solcavano il viso paffuto del bambino, senza che questi, però, mostrasse paura. Le sue manine premevano instancabili sulla ferita dell'uomo che giaceva seduto ai piedi di un costone; il capo inclinato all'indietro; il viso inzuppato di pioggia; i vestiti imbrattati di sangue.

Helmut sollevò stancamente una mano a sfiorare col dorso il volto del fanciullo, immerso in una situazione troppo angosciante per un bambino che tirava su col naso con ostinazione.

Non aveva mai avuto a che fare con i bambini, ed era strano constatare quanto impegno ci stesse mettendo quel marmocchio per non farlo morire dissanguato. Notò come il suo coraggio si sovrapponesse allo spavento.

Un senso di colpa lo investì, facendolo sentire un'idiota. Era colpa sua se quel bambino era stato separato dalla madre; era colpa sua se Casey aveva paura dei temporali e si era trovata appesa al bordo di un precipizio; se Smith era rimasto gravemente ferito; se il giudice Bailey aveva smesso di avere fiducia in lui ... Chiuse gli occhi. Era la vergogna di se stesso. Meritava di sprofondare nel buio, dimenticato da tutti!

Uno scalpitare di zoccoli giunse alle loro orecchie e con gli occhioni allargati per lo stupore, Jiro si voltò verso una figura a cavallo che avrebbe riconosciuto tra mille. Con un singhiozzo si sollevò in piedi, correndo incontro alla madre.

"Okasan!" Aiko lo prese tra le braccia, consumandolo con miriadi di baci sulle guance.

Casey, intanto, smontata da cavallo, si precipitò a inginocchiarsi di fianco al corpo di Helmut, ferito e febbricitante. Gli scostò la camicia imbrattata di sangue e trattenne il fiato, portandosi una mano alla bocca per reprimere l'angoscia. Aiko le fu accanto e osservò quel foro che non smetteva di sprizzare, poi lo girò su un fianco e dopo la sua constatazione si rivolse all'amica. La vide sconvolta e anche scuotendola, comprese che avrebbe dovuto agire da sola. Strappò, così, la camicia dell'uomo, lasciandolo con la sola giacca addosso. Ne ricavò delle bande e lo fasciò con cura, badando a stringere dolcemente la ferita. I suoi occhi si accigliarono, però, nello scorgere una lunga e profonda cicatrice che gli solcava l'addome fin sopra a metà torace.

Per distrarsi dal dolore, Helmut osservò la donna con occhi attenti e scrupolosi. Aveva scorto la sua fierezza quando fronteggiò lo shogun, minuta ma dal portamento maestoso, circondata da prestanti samurai. E i suoi occhi ... neri come la notte. Aveva ricordato di averli scorti ... Sussultò con stupefacente sorpresa per quell'immagine, che ogni mattina allo spuntar del sole sperava di vedere entrare nella sua camera d'albergo.

"Voi ... siete la ... cameriera ... dell'Ambassador ..."

Aiko lo ignorò.. "Dobbiamo scendere al villaggio, Casey chan!" La vide annuire con sguardo assente.

"Perde sangue. Lo sparo gli ha provocato un foro d'uscita!" Questa volta, notò Casey prestarle attenzione. "Carichiamolo sul cavallo. Lo porteremo a casa mia!"

Casey eseguì le istruzioni di Aiko, che si era presa l'incarico di tenere l'uomo sul suo cavallo, mentre lei avrebbe viaggiato con Jiro.

La strada del ritorno fu lunga, ma Aiko seppe mantenere un'andatura ottimale, permettendo all'uomo, col capo chino sulla criniera del cavallo, di non subire bruschi sobbalzi. Solo quando fu certa di non essere udita dall'amica, si rivolse all'inglese, che sapeva essere sveglio.

"Grazie per esservi preso cura di mio figlio!"

Helmut annuì non avendo la forza di parlare. Avrebbe voluto ribattere che era stato il bambino a essersi preso cura di lui ma il dolore gli smorzò la gola, dovendo persino inghiottire una risata isterica per quell'epilogo di giornata.

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