Capitolo 62

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... Quando poco più tardi Nia si ritirò, Casey si rifugiò nella sua camera. I suoi occhi caddero sul baule e su quella manica rossa che sporgeva sul pavimento. Fu allora che ricordò come Reiji si fosse soffermato a guardare la grande cassa, mentre lei sistemava la sua roba con modi frenetici per non pensare alla sua presenza.

Sfilò il kimono dal baule e lo guardò con occhi nostalgici. In realtà, ammise a se stessa, quello era stato un regalo ben gradito, dove l'uomo aveva scelto con buon gusto, al di là delle maldicenze popolane, un colore che lei aveva sempre sostenuto nel suo guardaroba londinese. Lo ritenne, però, un regalo cortese e non desiderato. Per questo non voleva portarlo con sé. Non seppe spiegarsi, tuttavia, l'improvviso impulso a soddisfare il bisogno di indossarlo, anche solo per quella notte.

Si sciolse i capelli; si sbottonò la camicetta; si sfilò la gonna e, infine, si spogliò della sottoveste e del bustino. La luce della lanterna le accarezzò la pelle candida, nel mentre che le labbra tremavano nell'indossare il morbido e freddo tessuto di seta.

Chiuse il kimono con cura, annodandosi in vita un obi dorato e sottile. Uscì nel portico e vi rimase, stretta nelle braccia ad accarezzare il tessuto con occhi malinconici. Si soffermò ad ascoltare i suoni soffusi del giardino: dallo sciabordio nello stagno ai campanellini delle lanterne; dall'acqua che fluiva nel bambù alle foglie rosse degli aceri, che danzavano per effetto della brezza. Avrebbe provato nostalgia nel ricordo di quel giardino, che infrangeva il suo percorso sul viale degli alti ciliegi.

Un alone giallognolo vide, poi, filtrare da un angolo della villa, esattamente dalle scuderie. Si diresse in quella direzione. I suoi capelli si irradiarono al tocco della luce filtrata da una lampada a olio appesa al soffitto. Le balle di fieno luccicavano come oro, illuminando l'ambiente di un colore soffuso.

Un'ombra era china su alcuni covoni. Casey osservò in silenzio Kyu che si premurava, affinché i cavalli avessero il necessario per mangiare durante la sua assenza.

Lui sembrò accorgersi di una presenza alle sue spalle. Non era Nia, giacché non era tipo di stare in silenzio. Percepì sottilmente un leggero profumo di vaniglia e lavanda. Sapeva a chi apparteneva quel profumo. Per tre notti lo aveva inalato, inebriandosi l'anima. Si sollevò dai covoni e la luce illuminò il suo volto.

"Pensavo che foste andata a dormire, Casey sama!"

"E io pensavo che avreste cenato con me e vostra sorella, lord Reiji. Devo dedurne che non gradivate la mia compagnia?"

L'uomo si voltò a guardarla e il fiato gli si bloccò nel petto per la sorpresa. Udì i battiti del suo cuore martellargli nelle orecchie e mille emozioni lo percossero facendogli seccare persino la gola, ma era il desiderio che lo affliggeva, torturandolo.

Il kimono rosso la faceva apparire come lui l'aveva immaginata e ... desiderata. Radiosa, come un tramonto di mezza estate. Lo aveva indossato. Perché? Per non dispiacergli, forse? O cos'altro? Chinò il capo mortificato, per aver indugiato troppo con lo sguardo su di lei.

"Sumimasen, Casey sama!"

Casey abbozzò un sorriso di circostanza. "Attendo la vostra risposta, milord!"

Lui drizzò le spalle. "Avevo delle faccende da sbrigare ..."

"Prima di partire?" lo scavalcò. "Nia me lo ha confidato." Si strinse nelle spalle. Le sue labbra tremavano. "Comprendo quanto desideriate l'arrivo di Jonathan. Anch'io, spero di rivederlo presto ..."

Lui fece un passo avanti quasi per protestare. Quelle parole furono un pugno allo stomaco. Avrebbe voluto urlare che non era affatto così; che se avesse potuto non avrebbe permesso a Owen di raggiungerla per portarla via da lui.

"Potete rimanere per tutto il tempo che desiderate ..."

"Domattina, dopo la vostra partenza, tornerò a Edo!" si fece udire lei, con tono quasi seccato per non apparire afflitta.

Lui non badò alle sue parole. "State ... tremando, Casey sama!"

Che idiota indossare quell'abito col freddo che faceva, solo per il gusto di farlo o ... sperare di compiacerlo. Si rimproverò con amarezza. Lui afferrò una coperta e gliela adagiò sulle spalle, senza riuscire a trattenersi nel sfiorare il colletto di quel kimono, come per volerne condividere la morbidezza. "Sapevo che vi avrebbe donato!" mormorò piano. Avrebbe voluto ringraziarla per aver esaudito quel desiderio un po' capriccioso.

"Perché ... mi avete regalato questo kimono?" chiese lei di getto, cercando in realtà un valido motivo perché lo stesse indossando. Lui non ritrasse la mano, anzi, sollevò di poco le dita per sfiorare col dorso di esse le ciocche ondulate di quei capelli fulvi.

"Perché ... desideravo vedervelo addosso!" La risposta, formulata con un leggero tono impaziente, le fece trattenere il respiro, spiazzandola. Quell'attimo, però, durò solo l'effetto di un lampo. Kyu, infatti, si voltò per prendere qualcosa dalla sua bisaccia. Ne estrasse un rotolo, che spiegò e glielo mostrò.

"Questo è ..."

"L'annullamento del nostro matrimonio!" lo precedette lei, prendendo il foglio con una mano. Nel farlo, la coperta le scivolò da un lato. Lui si premurò di raccoglierla, per adagiarla nuovamente sulla sua spalla. Casey sentì le gote in fiamme a quella cortesia e concentrò lo sguardo sul foglio. I suoi occhi si strinsero nella curiosità e un fremito di speranza le fece trasalire il petto.

"Non c'è la vostra firma, milord!"

Lui socchiuse le labbra, impacciato. Non pensava che lei ci facesse caso. Sforzò un inchino dispiaciuto del capo. "Il vostro amico giudice mi ha fatto recapitare il documento solo questa mattina e ..."

"Capisco!" lo bloccò lei, affrettandosi a chiudere la conversazione. Era quella la motivazione?

Kyu deglutì con amarezza. Non avrebbe mai voluto mostrarle quel documento; avrebbe voluto, invece, stringerla a sé e sentire la morbidezza del suo corpo; sussurrarle parole d'amore, che le avrebbero tormentato la mente e stimolato le sensazioni. Frenò, tuttavia, quell'atteggiamento impulsivo, che lei smorzò con l'indifferenza.

"Lo firmerete, di certo, quando tornerete, milord!" concluse lei, arrotolando il documento e voltandogli le spalle per avviarsi.

Lui abbassò lo sguardo e sentì il suo cuore frantumarsi. "Hai!"

La vide, poi, andare via e sussurrò quasi a se stesso: "O- yasuminasai, Keshi sama!" (Buonanotte!)

Quella notte, Casey non riuscì a chiudere occhio. Seduta ai piedi di un tavolino nella sua camera, lesse più volte la richiesta di annullamento del suo matrimonio con Kyu. La luce della candela illuminava il foglio, allungando le ombre sui caratteri ingranditi. Lo rigirò più volte tra le mani con l'animo in subbuglio.

"Che cosa ... dovrei farci ... con questo foglio?"

Se il ronin desiderava slegare quel vincolo per tornare da Kyoko, avrebbe firmato senza perdere tempo o, forse, non voleva mancare di cortesia, facendole intendere che la sua presenza aveva già recato parecchio disturbo?

Le tornarono alla mente quei momenti trascorsi con lui dietro la graticola delle tavolette ema, il giorno del matrimonio di Nia. Kyoko lo cercava e lui sembrava non volere farsi trovare. Scosse il capo, ansiosa nel frammentario ricordo che, comunque, lo aveva visto in compagnia della figlia del daimyo il giorno in cui sarebbe dovuto essere presente con lei nella visita dell'edificio bancario.

Si passò una mano sul viso, confusa più di prima. Non cenare con lei, quella sera, aveva siglato l'evolversi della loro distanza. Non poté dimenticare, però, quel brivido che la colse quando le sfiorò i capelli, mostrandosi compiaciuto che lei avesse indossato il kimono rosso. E il fermaglio di ciliegi intrecciati? Lo aveva donato a lei ... Scosse il capo. Aveva solo bisogno di vederci chiaro. Se solo avesse avuto più tempo!

Prese il pennino e lo intinse nell'inchiostro, piegando nervosa un angolo del foglio.

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