Capitolo 85 - parte prima

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Kyu correva come il vento seguito da Yado. Il sentiero, che avevano percorso le due donne, si andava stringendo sul fianco della montagna divenendo quasi intransitabile. Osservò il vuoto roccioso sotto di loro. C'erano parecchi altri sentieri a ovest, oltre a quello, e si stupì che il calessino di Aiko fosse riuscito a percorrere quel valico, supponendo, comunque, che la donna conoscesse bene quel passo per attraversarlo.

Il giovane si rabbuiò. L'amica non avrebbe mai messo a rischio la vita di Casey se non fosse stata disperata. I suoi lineamenti si indurirono con agghiacciante tensione. Tokugawa doveva averla trovata e con lui, certamente, c'era anche Collins, ma ... con quale proposito? L'unico pretesto che gli venne in mente fu il piccolo Jiro. Allargò gli occhi. Non era stato Tokugawa a trovarla, bensì la famiglia del defunto marito. Il respiro gli si bloccò. Suo cognato ...

Osservò la fiancata montuosa, le cui nubi minacciose ruotavano in cima a essa, gonfie e grigie. Un violento temporale avrebbe, certamente, sgretolato le rocce più friabili fino a provocare un'ingente frana. Doveva sbrigarsi!

In quel momento, nel lato occidentale delle gole, Warlow poneva i suoi uomini su delle basse colline, mentre Owen e Naemi giunsero pochi minuti dopo con una ventina di tagliagole della locandiera, che smontati da cavallo andarono a piazzarsi su un'altura boschiva.

Owen e la donna preferirono, invece, accostarsi a un roccione. Il piano dell'inglese era semplice: Warlow avrebbe fornito copertura dall'alto e sparato ai fuggiaschi, qualora Tokugawa fosse riuscito a fuggire, mentre gli uomini di Naemi avrebbero avanzato a gruppi di cinque fino a inoltrarsi dentro il fortino, per disabilitare i soldati di ronda.

"Non sappiamo di quanti uomini dispone Yoshinobu all'interno dell'edificio!" si lamentò Naemi, caricando il suo fucile con abilità sorprendente.

"Con la tua rete di spionaggio, mia cara, quel folle non si aspetta neppure l'effetto sorpresa!" ridacchiò l'inglese. Poi inarcò un sopracciglio scettico. "Non abbiamo, comunque, la certezza che si trovi lì dentro e ..." si bloccò, seguendo con gli occhi il dito che la donna abbassò, per indicare lo stretto sentiero sotto di loro. Qualcosa ben nascosto fu visibile da quell'altura.

"Quel calessino ..." sussurrò Naemi, concentrando lo sguardo. "Lo riconosco!"

Anni prima aveva regalato quel calessino dalle fiancate turchesi a una persona che aveva accudito ... I suoi occhi si allargarono allarmati.

"Aiko san!" bisbigliò, terrorizzata. Owen la guardò di scatto e lei scosse il capo cercando di spiegarsi. "Ho donato quel carretto ad Aiko san quando cominciò a integrarsi a Ginza!"

L'inglese si raddrizzò. "Questo vuol dire che Tokugawa l'ha rintracciata!"

Naemi scosse il capo incredula. "Ma ... perché ora?"

L'amico accentuò lo sguardo sul fortino. "Se Aiko si trova qui, vuol dire che è stata costretta!"

La donna strinse le labbra sul viso paffuto e irrigidì le dita sul fucile. "E' sempre stato ossessionato da lei! Mio cognato ha dato la vita per salvarla! Non gli permetterò ..."

Owen le posò una mano sul braccio per calmarla. "L'avrà ricattata in qualche modo ..."

Lei spalancò la bocca. "Jiro kun! Suo cognato è un samurai della Shinsegumi. Sapevo che la famiglia del marito voleva rivendicare i propri diritti sul bambino, e se ..." il suo capo si mosse con energico terrore. "Non la vedo bene, Owen san! Dovevo preoccuparmi di mio nipote ... e invece ... Tokugawa non sa di aver scatenato la Pantera dell'Honshu!"

Jonathan le strinse di più il braccio per rassicurarla. "Non allarmiamoci, adesso! Atteniamoci al piano!"

Un tuono, intanto, giunse in lontananza e l'inglese guardò il cielo plumbeo, consapevole che il tempo non sarebbe stato loro favorevole.

Lo stesso cielo grigio e gravoso fu preso d'assalto dallo sguardo preoccupato di Casey, che dalla finestra della camera dov'era stata rinchiusa osservò quelle nuvole dense accavallarsi sempre più minacciose. Le sue spalle si sollevarono e lei si strinse a esse con un brivido.

"Inquietante!" borbottò, senza farsi prendere dallo sconforto. Accostò, poi, l'orecchio alla porta. Nessun rumore nel lungo corridoio; nessun sussurro; nessuna presenza. Mosse il pomello, ma la porta era ben chiusa a chiave dall'esterno. Cominciò a tastare le pareti, benché fossero di pietra massiccia. Tornò, dunque, accanto alla finestra, serrata da una spessa grata di ferro. Non aveva modo di uscire da quella stanza vuota e gelida con solo una lampada a olio posta sul pavimento. Inutile girarsi attorno, senza neppure una sedia da scaraventare contro la porta.

Nello stesso istante, in un'altra stanza, ben ammobiliata e riscaldata dal tepore di una stufa, Aiko era immobile col viso scolpito nella concentrazione. La luce del fuoco illuminava il suo profilo altero dall'incarnato lucido. Le sue orecchie erano attente su ogni rumore che scalpitava oltre le pareti e nel corridoio; i suoi occhi neri fissavano cupi la porta ben inchiavardata.

Quando la percezione del suo essere vagò nel nulla del silenzio oltre quelle mura, le sue mani si mossero sul suo obi. Lenta e onirica, la stanza sembrò girarle attorno, mentre si spogliava del pesante kimono, mettendo in risalto il nero cuoio del suo shinobi shozoku, la divisa nera dei 'guerrieri fantasma'. I calzoni ben modellati le fasciavano le gambe, mentre i polpacci risaltavano negli stretti gambali. Lunghi bracciali di cuoio le avvolgevano gli avambracci, stretti sulle maniche di una casacca protetta da un copri petto in pelle. Da una delle tasche interne prese due bende nere, ma una sola avvolse sul suo capo, allacciandone dietro le estremità, lasciando così il viso scoperto, poiché non voleva più celare la sua vera immagine.

Lenta si accostò alla porta e dopo aver sfilato una lunga forcina dalla nuca, armeggiò con la serratura. Un attimo dopo, le molle scattarono e silenziosa come una pantera, sgattaiolò fuori nel corridoio. ...

CONTINUA ...

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