La vita era tornata a essere attiva a Ginza sotto il sole primaverile di marzo. I venditori si apprestavano a montare i loro banconi; gli operai liberavano le strade dalle macerie, facendo da sfondo ai prospetti delle basse case ridipinte di bianco dopo essere state usurpate dagli incendi, che erano divampati durante la lotta tra gli imperialisti e lo shogunato.
Il piccolo Jiro trotterellava al fianco della madre, contento per il cesto di mele che qualcuno aveva loro regalato. I suoi geta rumoreggiavano sul selciato argilloso.
"Non appena arriveremo a casa mi aiuterai a preparare un dolce di mele per Nia chan?"
Il bambino annuì entusiasta, mostrando alla madre il viso sorridente e arrossato, mentre addentava una mela con piacevole gusto e allungava una manina nella cesta per agguantarne un'altra, che fece sparire all'interno del suo haori.
Come varcarono il cancelletto di casa, però, una grossa figura a cavallo si fermò dietro di loro. Aiko si voltò e trasalì, scorgendo il prestante samurai osservarla con sguardo severo. Si accorse che Jiro era rimasto a un passo fuori dal cancello.
"Che cosa ci fai qui, Kasuke san?!" Aiko placò il tono allarmato. Mai avrebbe pensato che qualcuno della famiglia del suo defunto marito si fosse premurato a cercarla dopo averla bandita. Avendo vissuto in certi ambienti sapeva riconoscere quando una faccenda puzzava di tranello.
Il samurai, notò che la donna non cercava di fuggire dalla sua presenza, anzi sembrava che ne traesse forza. Era cresciuta Aiko san, ancora giovane e bellissima. Una bellezza che, un tempo, aveva rischiato di indebolire le colonne portanti dello shogunato e portato quasi in miseria un clan che vantava tre generazioni di samurai.
La debolezza e le avversità del passato erano state sostituite dalla disciplina, che le avevano permesso di affrontare la vita con tenacia.
L'uomo la vide corrugare lo sguardo e drizzare le spalle, mostrandosi risoluta. Un ghigno apparve sotto la barba irsuta del samurai.
"Tokugawa sama reclama la tua presenza, Aiko san!"
La donna trattenne il respiro. Guardò suo figlio con apprensione. "Jiro kun, ga hairu ..." (Jiro, entra...) - non finì la frase, che la grossa mano del samurai si allungò ad afferrare il piccolo per l'haori e sollevarlo sulla sella davanti a sé. La mela sfuggì dalla presa del bambino così come il cesto di mele che Aiko gettò per terra.
"Doiu imidesu ka?!" (Che cosa significa?!) - urlò impaurita, scattando in avanti.
L'uomo la bloccò fulminandola. "Se vuoi rivedere tuo figlio, percorri la Nakasendou; troverai un ponte sul fiume, oltrepassalo, e prendi il sentiero che conduce ai fianchi del monte Jinba. C'è un fortino, dove Tokugawa ti aspetta!"
"Che cosa vuole ancora da me?!"
L'uomo tenne fermo il cavallo. "La donna inglese! Portala con te!" le rispose con tono freddo. "Non dire nulla al ronin o non rivedrai più Jiro kun!"
Aiko sentì un macigno premerle sulla schiena.
"Ikkimasu!" (Verrò!) - mormorò avvinta, senza evitare, però, di guardare l'uomo con occhi glaciali.
Il samurai, dunque, spronò il cavallo, allontanandosi con il bambino e lasciando Aiko nello sconforto più cupo, che la fece piegare sulle ginocchia.
NOTA DELL'AUTRICE
E' l'inizio del rimbalzo di trama. Era il cap. 15 quando Casey apprese accenni di storia da Aiko dopo averla conosciuta e nel cap. 37 Naemi mostrava il suo disappunto nel narrare altri accenni del passato della giovane. C'è un sottile filo di mistero che ruota attorno alla vera storia ... che lega qualcuno a qualcun altro ...
Godetevi il suono del taiko che ci accompagnerà fino all'ultimo incontro con Shoken

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GLI OCCHI DEL RONIN
Historical FictionEdo 1869 All'insediamento della restaurazione Mejij, una giovane ereditiera inglese fugge dalle insidie dello shogun, propenso a ripristinare il proprio regno appropriandosi dell'oro che ella detiene. Sullo scenario dell'ultima cultura medioeval...