Capitolo 95

32 4 27
                                    

... Arrestò il cavallo e scese lentamente. Le gambe le tremarono non appena salì i gradini del portico e il suo cuore cominciò a battere forte, fino a farle temere che si sarebbe fermato da un momento all'altro.

Si diresse verso la loro camera da letto e ne aprì adagio la porta. A parte la luna che riverberava dalla grande vetrata nella penombra, non c'era nessuno lì a viverla.

Un'intensa emozione la spinse a guardare il letto. Era lì che si erano amati per la prima volta, completamente uniti in un unico estatico sussulto. Chiuse gli occhi, poggiando la schiena alla parete, desiderosa di rivivere quei momenti. Desiderava vederlo; immergere lo sguardo nelle sue iridi verdi; sentire le sue labbra sul suo collo; la sua bocca morbida premere sulla sua ... ma lui non era lì. Sobbalzò. E se non fosse rientrato per evitare di incontrarla? Il pensiero le balenò con timore nel petto. Chi altri, però, avrebbe potuto accendere le luci nel portico?

Con una buone dose di speranza, scivolò nel corridoio e aprì le ante scorrevoli di tutte le camere, con gesti quasi irrequieti ma non lo chiamò, giacché temeva il suo mutismo. Cominciò sul serio a temere che se ne fosse andato; che l'avesse lasciata.

Rincorrendo quei pensieri quasi soffocanti, non si accorse di essersi fermata davanti alla camera di Kyu. Un alone di luce giallastra penetrava fievole da sotto l'anta e lei la catturò con occhi vivi; colmi di apprensione e un batticuore violento, ormai fuori dal suo torace. La fece scorrere piano, mantenendo il silenzio più a lungo possibile.

Non era mai stata nella camera del ronin prima di allora. Era semplice, ben arredata con panche di legno intarsiato e uno scrittoio con vari libri e registri; sul pavimento un enorme tappeto di velluto rosso, unico ornamento occidentale in quella stanza, su cui sopra era posto un largo tatami ben imbottito con lenzuola bianche, una coperta e uno strato di soffice pelliccia. Un braciere riscaldava l'ambiente, altalenando delle striature rossastre sul soffitto e le pareti, lasciando, oltre al calore, un aroma gradevole per via dei carboni di melo che ardevano nel suo interno. Una stanza attigua era, invece, illuminata da un lume; intravide una vasca di ottone e udì lo sciacquio dell'acqua che veniva riversata in essa.

Trasalì al pensiero di chi potesse provocare quei leggeri rumori e il fiato le si arrestò quando lui apparve, bloccandosi di colpo non appena la vide.

I capelli neri e umidi gli ricadevano sulle spalle ampie coperte da un corto haori nero aperto sul davanti, lasciando intravedere il torso nudo e abbronzato. I suoi occhi, dapprima stupiti nel vederla, divennero freddi e lei si incupì, incolpandosi.

Si sentì inchiodata dal suo sguardo profondo che le bruciò dentro, abbassando il suo per non lasciar trapelare le sue emozioni.

Stettero in silenzio per una manciata di secondi dove, certamente, lui i aspettava che lei dicesse qualcosa. - Ovvio! - pensò lei, sollevando gli occhi, non essendosi rivelata una moglie condiscendente. Per quanto si sforzasse, non riuscì, però, a sostenere il suo sguardo, che sembrò sprofondare nei suoi occhi grigi e trasparenti con un'intensità tale da sentire la schiena percossa da brividi intensi. Ritrasse gli occhi dai suoi.

"Non pensavo che saresti tornata!" Fu lui a rompere il silenzio con un tono basso di delusione.

"Dunque ... non ci speravi?" lo contrastò lei senza, però, sollevare lo sguardo.

"Già che c'eri potevi rimanere dov'eri!" ribatté lui con amarezza.

Era arrabbiato! Lei, però, non osò domandarglielo. Poteva sentire la giada dei suoi occhi divorare la sua figura. Sostenere quella situazione logorava entrambi. Voleva chiedergli scusa; spiegargli perché aveva detto quelle parole e quali fossero i suoi reali sentimenti per Helmut, ma la voce le si bloccò in gola, temendo che il solo nominare quel nome lo avrebbe fatto allontanare ancora di più da lei.

GLI OCCHI DEL RONIN Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora