L'inizio dell'incubo.
(capter thirty-two)Sono invisibile solo perché la gente rifiuta di vedermi.
-Ralph Ellison.
Il giorno prima uscendo in macchina mi ero sfogata, urlando in un posto deserto, ed ero ritornata la mattina dopo, cioè ora.Avevo bisogno di liberare la mente.
Mi trovavo sulla terrazza della stanza di Niall, che con quel faccino da angelo stava ancora dormendo, ma il rumore del vento e delle macchine che passavano sull'autostrada, non così tanto lontana da casa Direction, non bastavano a coprire i miei pensieri, così, oltre ad una giacca per il freddo mozzafiato, portai con me il mio i-pod ed un paio di cuffiette.Mi appoggiai alla ringhiera con gli avambracci ed osservai giù: la confusione del pulisci piscina, il vento che continuava a tirare contro gli alberi, gli uccellini che non stavano zitti . Guardai lo schermo dell'oggetto che tenevo in mano e premei il tasto play. Poi alzai il volume al massimo, cercando in tutti i modi di coprire i miei pensieri terribilmente soffocanti. La musica assordante partì, e quel tono rimbombante funzionò a bloccare quell'assillo continuo.
Mi dovevo liberare, dovevo scappare dall'opprimente realtà. Il peso dentro di me era troppo forte da tollerare, avevo la necessità di farlo fuoriuscire, di scacciarlo via, di alleggerirmi. I miei occhi cominciarono a diventare sempre più carichi e stanchi di trattenere quelle lacrime, che ormai stavano scivolando lungo il mio viso silenziosamente e con una lentezza quasi irritante. Questo però mi fece stare meglio. Potei finalmente sfogarmi, liberarmi.
Il cielo era scuro, coperto da grandi e compatte nuvole di un grigio intenso, che nascondevano il sole splendente di prima mattina. Il vento freddo mi sfiorava le guance, provocandomi dei brividi dal collo lungo tutta la schiena. Una goccia d'un tratto si posò delicatamente sul mio viso, poi un'altra sulla mia mano. Una dopo l'altra scendevano dal cielo, sempre più velocemente, posandosi a terra.
Era incredibile come il cielo riuscisse a rispecchiarmi così perfettamente: anche le nuvole stavano piangendo, come me in quel momento. Dietro quei nuvoloni cupi del cielo di Londra, c'era un sole infuocato che risplendeva e provava in tutti i modi di prendere il sopravvento e poter dominare sull'oscurità. Dovevano andarsene, per far emergere la luce allegra e viva del sole.
Così mi sentivo: ricoperta da questo stancante grigio, causato da una sciocchezza, un'incomprensione, una brutta realtà.
Le gocce di pioggia che cadevano erano leggere, non mi davano affatto fastidio, anzi, mi facevano compagnia, nascondendo le lacrime sulle mie guance. Il clima divenne umido, non più tremendamente congelante. Potevo sopportarlo.
Un rumore alle mie spalle catturò la mia attenzione. Tolsi le cuffiette dalle mie orecchie, le riposi nella tasca della mia giacca e mi voltai.
'Baby, sei qui!' disse Niall venendomi incontro mentre si copriva il capo con il cappuccio della sua felpa. 'Perché non sei dentro?' mi chiese con un'espressione confusa, probabilmente domandandosi perché io continuassi a restare sotto la pioggia. 'Dov'è Harry?' riprese dopo, combattuto con sé stesso se chiedermelo o restare in silenzio.
Non risposi, mi limitai a girare la testa e riprendere a fissare la visuale grigia e sempre meno rumorosa.
Non avevo voglia di parlarne, perciò sperai enormemente che non iniziasse a propormi un interrogatorio su quanto fosse successo la sera prima. Non dovevo pensarci.
Niall inizialmente rimase qualche istante a guardarmi, forse sperando che rispondessi alla sua domanda, poi fece qualche passo verso di me, lentamente. E, una volta arrivato al mio fianco, poggiò entrambi i gomiti sulla ringhiera e cominciò anche lui ad osservare lo spento panorama.
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Non ti sto dicendo che sarà facile, ti sto dicendo che ne varrà la pena- Trilogy
FanficStoria di Carlotta Corvi Trilogia: "Non ti sto dicendo che sarà facile, ti sto dicendo che ne varrà la pena" "Sono un vampiro e questa è la mia storia" "Tilbury's Fate"