Direct confrontation. no contact.

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Direct confrontation. no contact.
(capter sixteen)




La sveglia suonò io dovetti alzarmi per andare al lavoro. ‘Forza Charlotte ultimo giorno della settimana, ce la puoi fare’ cercavo di incoraggiarmi da sola, è da stupidi, ma tanto valeva la pena di provare! La solita routine mi aspettava: bagno, vestiti, colazione e uscire di casa.

Oggi Niall non mi aveva lasciato la macchina, il che significava dover andare a piedi. Nessun problema, cuffie, ipod e via andare. Dieci minuti di strada non erano poi la morte.

Arrivata, entrai in cerca di Mike, dovevo dirgli della mia scelta e sinceramente non vedevo l’ora. Nessuna traccia di lui però..cercai ovunque ma niente. Chiesi in giro tra i dipendenti se l’avessero visto ma tutti mi risposero di no, quindi lo chiamai per telefono. ‘Perché non mi rispondi?’ Dio che odio verso le persone che hanno un telefono ma non rispondono alle chiamate.
Ero arrivata forse a una ventina di chiamate, tutte a vuoto, alla ventunesima stavo per mettere giù, quando una voce sottile dall’altra parte dell’apparecchio disse

‘Non mi va di parlare ragazza..’
‘Non volevo disturbarti, scusami è che mi aspettavo di trovarti al lavoro..sai devo dirti una cosa!’ ero parecchio delusa dalla sua risposta. Perché non voleva parlarmi? Lui che non stava mai zitto al lavoro.
‘Me la dirai un’altra volta’ rispose con una voce sempre sottile, come se dolorante.
‘Mike stai bene?’ il mio tono di voce era cambiato. Da tranquillo a preoccupato. Lui continuava a respirare in modo strano ‘Mike ora vengo a casa tua. Ciao!’ buttai giù e misi il telefono in tasca. Non potevo scappare dal lavoro così, così decisi di inventarmi una scusa. Andai dal direttore.

‘Mi scusi signore, non mi sento molto bene stamattina’ cominciai a piangere, ma non troppo sennò si sarebbe capito che era una balla ‘sono venuta al lavoro lo stesso pensando di potercela fare ma evidentemente no.’
Il direttore ci era cascato e quindi mi diede un giorno di riposo.
Avevo già la borsa con me, così uscii subito in strada. Corsi per tutto il tempo. Con il fiatone, bussai bruscamente alla porta.

‘Mike..Mike aprimi o cerco in qualche modo di buttare giù la porta!’ continuai a bussare senza fermarmi neanche un secondo ‘Mike, apri immediatamente questa cazzo di porta! Non sto scherzando.’ Potei sentire dei passi pesanti dall’altra parte e poi un giro di chiavi. La porta si aprì, io la spinsi in avanti, entrando con violenza.
‘Mike guardami’ gridai ‘Alza quel cazzo di viso!’ dissi arrabbiandomi. Per quanto fosse stupido, avevo intuito cos’era successo, speravo non fosse così e quindi avevo bisogno di una conferma. Lui non mi ascoltò e così di mia iniziativa, mi avvicinai a lui e lo voltai.

La faccia era piena di lividi violacei. Sotto la bocca c’era ancora un po’ di sangue secco. Io indietreggiai. Continuavo a fissarlo. Avevo messo in pericolo la sua vita quindi..e lui non c’entrava niente.
‘Quando?’ chiesi. Lui si avvicinò a me cercando di abbracciarmi ‘Quando è successo?’ continuai spostandomi.
‘Ieri..mentre tornavo a casa dal lavoro..’
‘Scusa Mike. Tu non c’entravi niente.’ Dissi mentre incominciai a piangere.
‘Ehi, shh, non ti preoccupare! L’importante è che non lo abbia fatto a te’
‘No. Okay è uno stronzo e ora mi ha rotto’ dissi andandomene da casa sua senza nemmeno chiudere la porta.

Perché non lo hanno messo in prigione? Per la seconda volta lo avevano rilasciato così? Cazzo  ha menato una ragazza e creato problemi in un luogo pubblico. Cosa doveva fare di altro? Ammazzarmi direttamente forse.
Presi in mano il telefono e andai sui suoi messaggi. Lo chiamai direttamente.

Bellezza, mi cerchi tu stavolta?’
‘Scott sei un bastardo.’
‘Oh ti amo anch’io!’ rise.
‘Scott ma tu proprio non capisci che mi stai rovinando la vita?’
‘Voglio che tu torna con me a New York.’
‘Questo mai.’ Dissi arrabbiata il doppio ‘forza Scott, risolviamola come abbiamo sempre fatto!’
‘Oh senti un po’ qua, la ragazza vuole prenderle ancora!’ rise.
‘Smettila di ridere. Scontro diretto. Niente contatto’ dopo di che buttai giù.

Tornai a casa e dopo essere entrata mandai un messaggio di ‘scuse’ a Mike, non se lo era meritato.

Non mangiai niente per tutto il giorno. Oggi avevo l’appuntamente alla sala di registrazione, e Simon mi avrebbe ucciso sicuramente se non ci fossi andata.
Mancava un’ora alle cinque. Cominciai a prepararmi. Feci una doccia fredda, mi asciugai, mi lavai i denti e mi misi i primi panni che mi capitarono in mano e andai, in taxi, fino al posto dell’incontro. Ero fuori che aspettavo l’ora precisa per entrare. Un ragazzo tutto incappucciato mi si avvicinò e mi lanciò un pezzo di carta.

Non ti sto dicendo che sarà facile, ti sto dicendo che ne varrà la pena- TrilogyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora