C.9:||WhyAreYouAngry?

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SIERRA

Mavis è uscita poco prima. Era alquanto entusiasta e la cosa mi ha fatto abbastanza ridere. A meno che non abbia scoperto che Maverick Baker frequenta l'università, credo che centri il buon vecchio Ash.

Chiudo la porta alle mie spalle a chiave infilandola nella tasca piccola dello zaino. Trotterello verso la porta di fronte bussando. «Vaffanculo.» Aggrotto la fronte.

Lui si che sa accogliere le persone.

«Sono io, imbecille, porta rispetto.» La porta si spalanca. Con lei spalanco gli occhi alla visione che mi si presenta di fronte. Capelli spettinati, occhi socchiusi, pettorali lisci e marcati, addominali scolpiti perfettamente, V che guizza dal bordo dei boxer visibili dai pantaloncini leggermente abbassati e piedi scalzi.

«So che sono sexy, ma contieniti.» Li mollo uno scappellotto sul petto sentendone la durezza. «Sbrigati, abbiamo una lezione in comune.» Avverto io ricordando il calendario. «Si, si, arrivo.» Dice lui stroppicciandosi l'occhio sbadigliando. «Prima di una possibile reincarnazione.» Sbuffa innervosito.

Mi chiude la porta in faccia sbattendola rumorosamente. «Idiota.» Mormoro. «Ti ho sentito!» Grida lui da dentro la stanza. Sbuffo irritata. Incrocio le braccia al petto appoggiandomi alla parete accanto all'entrata.

Penso che questa sia una grande possibilità per partire con il piede giusto. Magari resettare tutto ciò che è successo l'anno scorso e ricominciare da zero, magari diventare anche possibili amici. Direi che dovrei approfittarne. Finalmente vuole farmi entrare nel suo mondo, nella sua testa, insomma, mi accetta e spero che duri. Potrei imparare a conoscerlo meglio, magari -sotto, sotto- non è così cattivo come sembra.

Non c'è speranza, è un pazzo scatenato.

La porta si apre ancora una volta, esce chiudendola a chiave facendomi dedurre che Aston, come pensavo, non è in stanza ma con Mavis.

«Come mai sei venuta a svegliarmi?» Chiede lanciando le chiavi per aria per poi riprenderle continuando con questo gesto mentre ci incamminiamo verso l'ascensore. «Abbiamo la lezione in comune, te l'ho già detto, quindi tanto vale andarci insieme.» Faccio spallucce.

Mi fissa con la coda dell'occhio ghignando divertito. «Solo?» Chiede lui furbo. Metto le mani nelle tasche dei jeans fissando i miei occhi sulla moquette rosso fuoco. Ciò nonostante sento le sue iridi ardenti bruciarmi la pelle. «Si, solo.» Sentenzio io. «Quindi non è per il discorso di ieri mattina, giusto?» Chiede ancora. Sbuffo innervosita lanciandoli uno sguardo che lo diverte. «Non rigirare il coltello nella piaga.» Lo avverto io velocizzando il passo per arrivare all'ascensore ed evitare di vedere quel dannato sorrisino.

Sento anche lui camminare più velocemente per raggiungermi. Entriamo nell'ascensore. Schiaccio l'ultimo pulsante. Le porte si chiudono mentre mi appoggio con la schiena alla parete fredda.

«Perchè fai anche alcuni corsi di arte?» Chiedo io ad un certo punto. «Per l'azienda di papà. Se un giorno Lisa non la vorrà, tanto vale lavorarci.» Scrolla le spalle. Aggrotto le sopracciglia. «Ma non vuoi giocare a football?» Annuisce osservando il suo cellulare che ha tirato fuori da quando siamo entrati nell'ascensore. «Si, ma per precauzione tengo a mente anche l'azienda di papà.» Appena le porte si aprono, Connor mette via il telefono uscendo per primo seguito da me.

Il suo discorso ha una logica, il che è sbalorditivo. Non riesco a credere che Connor sappia usare il cervello alle volte. Avendo due possibilità, se una la scarta riesce sempre ad avere l'altra. Anche se credo che lavorare come architetto come papà non lo garba così tanto. Si, insomma, Connor Brooks usa la forza, non il cervello. Lui preferisce sudare correndo per un campo in totale libertà facendo fuori le persone come birilli. Vederlo dietro ad una scrivania, calmo, fermo e pacato sarebbe una cosa fuori dal mondo.

Still United (S.2) [NON PERMANENTE SU WATTPAD]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora