C.39:||AdventureBegins

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SIERRA

Connor si allunga leggermente verso la mia parte per guardare meglio l'edificio davanti alla cui abbiamo parcheggiato dal finestrino.
Arriccia le labbra in una smorfia che ritrovo estremamente tenera mentre i suoi occhi verdi esaminano il comune di Miami dove dobbiamo iniziare le nostre ricerche.
Con sguardo ancora fisso fuori dal finestrino spegne la macchina staccando le chiavi.

«No, non mi convince. Non ci daranno mai le informazioni che vogliamo!»
Alzo un sopracciglio tirando fuori i documenti dal mio zaino per dimostrarli il contrario.
Scocca la lingua contro il palato.
«L'hai pagato, ora non mettiamoci a fare donazioni non necessarie.»
Chiudo la cerniera dello zaino voltandomi verso di lui.
«E chi l'ha detto che lo pagheremo questa volta?»
Aggrotta le sopracciglia.

Lo lascio nella confusione uscendo dall'auto mentre butto lo zaino sulla spalla pentendomi subito della mia mossa.
Un dolore mi si diffonda tra le scapole facendomi imprecare a denti stretti.

«Certo che sei proprio stupida per essere furba.»
Cazzo, quanto concordo in questo momento.
«Te lo concedo, stronzo.» Rispondo a corto di fiato.

Sospira esasperato avviandosi verso il sentiero contornato da palme che si muovono per colpa del leggero venticello.
Lo seguo accelerando il passo.
Connor spinge la porta, per un attimo credo che me la voglia tenere aperta, ma quando entra la lascia andare e questa mi si schianta contro facendomi sbattere fortemente la fronte.
Per il tonfo si gira scoppiando a ridere quando mi vede massaggiare la fronte.
Spingo la porta guardandolo in cagnesco.

«Dico vuoi rompermi anche la testa!?» Grido io.
«No l'hai già persa per me.»
Li mollo un pugno sul braccio che lo fa ridacchiare ancora di più.

Neanche essere gentile e tenermi la porta finché entro, ma no, tanto lui è già entrato, chi se ne frega del resto!?
Non potrebbe essere più galante?...Io pure che vado a scervellarmi.
È Connor, l'unica persona con la quale potrebbe essere gentile è sé stesso e certe volte non lo fa nemmeno.
Quando sarà gentile sarà seriamente la fine del mondo.
Non mi ha nemmeno preso lo zaino sapendo che ho la schiena dolorante, non mi ha tenuto la porta.
Insomma lui è un vero gentleman, prendete esempio ragazzi che qui c'è da piangere, non da imparare.

Mi avvicino al bancone.

Una donna ha la cornetta all'orecchio che sta parlando con chissà chi, alza l'indice chiedendomi un minuto mentre segna con la penna su un foglio bianco.
Connor resta poco più lontano da me ammirando annoiato alcune immagini appese alle pareti con le braccia incrociate e il piede che batte ripetutamente sul pavimento lucido.
So per certo che non è a suo agio in posti come questo, li piace stare all'aperto o per lo meno in luoghi in cui possa fare casino e non stare fermo come una roccia.
Non fa per lui, è iperattivo.

«Prego, cosa posso fare per lei?» Chiede rivolgendomi un finto sorriso che ignoro bellamente.
«Potrebbe chiamarmi Thomas, per cortesia?» Chiedo annoiata sfogliando dei fogli che ritrovo sul bancone, qualcosa che riguarda il sindaco.

«Jane, ci penso io, grazie.»
Al suono di quella voce alzo lo sguardo incontrando due occhi color mare che mi guardano sorpresi.

La bionda lo guarda con aria sognante prima di annuire voltandosi per andarsene.

«Sierra, cara, che piacere rivederti.»
Stringo la sua mano sorridendoli complice.
«È sempre un piacere rivedere delle persone che ti danno soldi-» Alzo un sopracciglio. «-o sbaglio?»
Deglutisce ritirando la mano.
«Anche quando vuoi delle informazioni contro la legge.»
Sorrido alzando le mani in segno di resa. «Touchè.»
Sorride.

Still United (S.2) [NON PERMANENTE SU WATTPAD]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora