C.46:||FirstStep:Spokane

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SIERRA

Il volo è durato meno del previsto nonostante lo scalo in Texas nel DFW.
Siamo finalmente giunti a Spokane all'una di pomeriggio ma siamo ancora in aeroporto perché stiamo aspettando l'auto che abbiamo noleggiato.

Connor è seduto su una sedia accanto ad una signora anziana che mi fissa con sguardo intenerito mentre gioco con il mio cane.
Il poverino non poteva fare altro che stare seduto al suo posto senza poter fare nulla.
Sarà anche un cane ma sa quando deve rispettare le regole e se non voleva essere chiuso nella gabbietta, doveva stare tranquillo.

Al contrario Connor non ha fatto altro che ancorarsi al sedile ogni volta che c'era qualche turbolenza.
Non l'ho mai sentito bestemmiare così tanto e si che stavo pure dormendo, ma se mi urla un porco d** accanto all'orecchio lo sento, non è che sono sorda.

«Salta.» Mi accovaccio a terra.
Al mio ordine Pascal mi scavalca.
Mi alzo divaricando le gambe.
«Passa sotto il ponte.» Abbaia strisciando sotto.
Mi volto verso la sua direzione.
«A due zampe.» Si mette a due zampe abbaiando.
«Ma bravo il mio piccolo cucciolone!»

Mi abbasso alla sua altezza strofinando le mani sul suo musetto.
Lo riempio di baci mentre emette dei lamenti contenti.
«Salta su.» Ubbidiente, corre dietro la mia schiena saltando sopra.

Porto le braccia all'indietro in modo da tenerlo da sotto perché non cada.
I suoi piccoli artigli si aggrappano alle mie spalle stringendo la felpa.
Vado verso Connor sedendomi sul pavimento di fronte a lui ancora sotto shock.
Inclino la testa di lato osservando i suoi occhi verdi persi nella contemplazione del vuoto assoluto.
Si tiene stretta la maglietta all'altezza del petto da mezza giornata, le gambe tese davanti e la pelle leggermente più bianca del normale.

«Meglio?» Chiedo preoccupata.
Connor porta i suoi occhi su di me. «Credo che il mio cuore sia rimasto su quel fottuto aereo. Non lo sento più.» Cerco a stento di trattenere le risate al suo volto scandalizzato.

Non credo che vorrà più salire in aereo la prossima volta.
Ma gli tocca se dobbiamo ritornare a Miami, non vorrà certo restare qui a Washington?
Spero per lui di no perché altrimenti lo faccio volare con un calcio dritto in quel bel culo che si ritrova.
Non posso nemmeno dire che è il suo viso perché è un fottuto dio greco anche di faccia.
Dannati genitori stupendi!

Lascio andare Pascal e mi sdraio sul pavimento.
Fisso Connor da sotto che a sua volta mi fissa da sopra scivolando leggermente dalla sedia.
Inizia a battere il piede contro il pavimento nervoso.
Dobbiamo aspettare che lo chiamino al telefono per prendere l'auto.
Pensate che non sono nemmeno uscita a prendere una boccata d'aria, non ho la minima idea di come sia fuori dall'aeroporto e non si riesce nemmeno a vedere dato che è mastodontico e le vetrate sono lontane.
Ci troviamo esattamente al centro di esso.

«Mi è venuta fame.» Mormoro io distogliendo lo sguardo.
Fisso i piedi della gente che cammina evitando di calpestarmi.

Credo che a Mr. Popular non dispiacerà di certo l'idea.
«Dai, andiamo a mangiare qualcosa. Non abbiamo nemmeno fatto colazione.» Balza in piedi. Sembra proprio che stesse sperando una qualsiasi scusa per alzarsi e muoversi un pò. Lieta di esserlo d'aiuto.

Mi alzo anch'io mentre mi passa il mio zaino.
Pascal mi salta in braccio, poggia le sue zampe sulle mia spalle nascondendo il muso sulla mia spalla mentre scodinzola.
Lo stringo a me come un bambino mentre affianco Connor per andare in qualche bar a pranzare.

«Non sei mai stato in aereo?» Chiedo io voltandomi verso di lui.

Mi immagino una sua solita risposta del tipo: "fatti i cazzi tuoi." oppure "che te ne frega?" e invece mi risponde tranquillamente facendo spallucce.

Still United (S.2) [NON PERMANENTE SU WATTPAD]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora