Capitolo 12

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Pov Ryan




Quella sensazione di camminare senza meta, senza pensieri, senza badare a niente e nessuno.

Magari ti scontravi per sbaglio con qualcuno, magari qualcun altro che conosci ti chiama per un saluto.

Ma tu non senti nulla né il freddo, né il caldo, né la pioggia e né il vento.

Non sapevo che ore fossero, che giorno fosse e neanche la data.

Se mi avessero fermato probabilmente non avrei saputo dire neanche come mi chiamavo.

Ma c'era una strana quiete che mi regalava pace in quella mia apatia.

Ero immerso nel mondo eppure lo sentivo lontano anni luce.

Credo sia questo, quello che si fa quando la mattina ti alzi dal letto e la tua vita non è più la stessa.

Ti devi semplicemente fermare a cercare qualcosa che puoi trovare solo dentro di te.

La rabbia, paura, l'odio, il rancore.

Tutte emozioni che facevano parte di quello che ero ma ringraziavo Dio quel giorno per avermi regalato un po' di serenità.

Quella serenità che mi aveva mandato sottoforma di Christian.

Lui che stamattina piuttosto che il solito buongiorno mi aveva detto 'Prendi la tua fotocamera, vai fuori e sfogati'.

Prima che potessi arrivarci io, lui aveva capito che questo mi avrebbe aiutato.

La fotografia è arte e l'arte è vita.

Io avevo bisogno di vivere dopo essermi sentito morire ogni secondo un po' di più.

Dovevo riprendermi quei pezzetti di me stesso che stavo buttando a vuoto.

Mi ritrovai senza rendermene conto in mezzo a degli alberi in un parco dove non ero mai stato.

Nonostante vivessi da un po' a Dover, non conoscevo bene le ricchezze di questa città, come questo strano parco dove gli alberi ne contornavano i lati e la gente camminava tranquilla godendosi una passeggiata, gli innamorati si baciavano e tanta altra gente come me, sfuggiva dalla propria vita.

Scattai la prima foto della giornata proprio ad una coppia, una coppia di anziani, simbolo di una vita passata insieme, camminavano mano nella mano a finale della loro bellissima fiaba d'amore.

Continuai a camminare con lo sguardo fisso in alto dove tra i fitti rami e foglie, squarci di cielo colpito da qualche raggio di sole, filtravano.

In un gesto automatico come del resto capitava ogni volta che vedevo qualcosa che mi colpiva, afferravo la mia macchina fotografica e bastava un click per immortalare quel frammento di secondo per sempre.

E feci per premere il bottoncino quando qualcosa mi travolse facendomi perdere l'equilibrio e fare qualche passo indietro.

Ciò che sentii fu solo un tonfo sonoro, qualcuno che singhiozzava e cose che cadevano a terra una dopo l'altra.

Quando mi voltai, mi ritrovai di fronte quel qualcosa che si era scontrato contro di me, ovvero un ragazzino con le lacrime agli occhi e lo zaino con i libri di scuola sparsi al suolo.

"Scusa" mormorò appena mentre si affrettava a raccogliere le sue cose.

Mi abbassai appena per aiutarlo a prendere i libri a terra e puntai lo sguardo al suo viso.

"No, anche io ero distratto tranquillo non è colpa tua" dissi, ottenendo la sua attenzione.

Alzò lo sguardo verso di me e i suoi occhi scuri e lucidi mi squadrarono da cima a fondo.

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