Capitolo 25

2.9K 222 11
                                    

Pov William







Forse avrei dovuto immaginare che Marvin Scott non mi avrebbe lasciato in pace come avevo chiesto.

Non avevo ancora controllato il telefono lasciato spento per due giorni ma me lo ero ritrovato davanti, appena arrivato in palestra.

Stretto nei suoi vestiti firmati, accanto alla sua macchina sportiva e più lo guardavo, più non scorgevo nessuna somiglianza tra noi.

Il breve impulso di voltarmi e scappare il più lontano possibile fu ben presto placato dal mio buon senso, non ero il tipo che scappava davanti ai problemi ma li affrontava di petto.

Così costrinsi le mie gambe a percorre quei brevi metri che mi dividevano dal mio padre biologico, ignorando completamente il sorriso che mi rivolse troppo esagerato per i miei gusti.

"Ehi come stai?" domandò appena fui abbastanza vicino da poterlo sentire.

Scrollai le spalle, facendo un cenno verso la sua direzione.
"Tutto okay" risposi, infilando le mani nella tasca della tuta.

Mi fissò qualche istante e si fece bastare la mia misera risposta giusto il tempo di ripartire all'attacco con un'altra richiesta.

"Andiamo a prendere un caffè? C'è un bar qui vicino" propose, indicando dall'altra parte della strada.

"Devo lavorare" risposi di getto con una punta di astio nel momento in cui ricordai a me stesso che io per andare avanti, avevo sempre dovuto farmi il mazzo.

"William, per piacere non ti rubo molto tempo, prima o poi dobbiamo parlare" insistette e per quanto volessi rifiutare sapevo che avesse ragione e che prima avrei parlato con lui, prima mi sarei tolto il peso di quella situazione.

"Okay" concessi infine, voltandomi per raggiungere il bar dall'altro lato della strada, così da non vedere altre reazioni da parte sua.

Che lui lo volesse o meno in faccia aveva stampata l'espressione di chi trova un cucciolo smarrito e se ne vuole prendere cura ma io non ero più un cucciolo e non avevo bisogno di niente.

Una volta allo stesso tavolo, uno davanti all'altro lo guardai come forse non avevo mai fatto. Nel suo viso, nel modo in cui le sue dita picchiettavano sul legno e la sua fronte si corrugava in rughe di concentrazione mentre fissava il menu, trovai dettagli che mi rappresentavano.

"William?"

Mi riscossi nel momento in cui pronunciò il mio nome, rendendomi conto del fatto che mi avesse beccato mentre lo fissavo e la cameriera che con le labbra corrucciate mi guardava, in attesa della mia ordinazione.

Mi schiarii la voce, abbassando subito sguardo al tavolo che diventò particolarmente interessante in quel momento.

"Un caffè, grazie" dissi, rivolgendomi alla cameriera che dopo aver scarabocchiato sul suo taccuino, si allontanò.

Una volta soli, sapevo che avrei dovuto prepararmi a cose che non mi sarebbero piaciute e di fatto, le mie aspettative non furono sbagliate.

"Ho pensato alle tue parole e non le condivido affatto, ho comunque una famiglia, un figlio e loro hanno il diritto e il dovere di sapere di te" iniziò a dire con un tono dolce che mi obbligò ad alzare lo sguardo verso di lui.

Ciò che stava dicendo era più che giusto ma le parole che si infiltrarono nella mia testa brutalmente furono 'ho una famiglia, un figlio', come se non lo sapessi già.

"Lo capisco" risposi semplicemente, non avendo voce in capitolo riguardo ciò.

"Ho pensato ad una cena o qualcosa di simile.." si bloccò non appena la cameriera tornò con le nostre ordinazioni.

Keep Me SafeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora