Capitolo 24

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Pov Jonathan







Appena infilai la chiave dell'appartamento facendo scattare la serratura, sospirai di sollievo.

Non vedevo William da quasi due giorni e stranamente non mi aveva neanche risposto ai messaggi, non sapevo cosa avesse tanto da lavorare ma non importava più di tanto ora che lo avrei rivisto.

"Amore?" chiamai, chiudendo la porta alle spalle e sfilandomi di dosso il giubbotto di pelle.

La solita fragranza dell'appartamento arrivò alle mie narici insieme ad un altro odore che riconobbi subito come alcool.

Mi accigliai confusamente mentre percorrevo il breve corridoio che portava al soggiorno.

Fu lì che mi bloccai sui miei passi, sgranando gli occhi davanti alla scena che si presentò.

Bottiglie su bottiglie ovunque, alcune rotte, pezzi di vetro a terra, una in particolare posata sul bilico del tavolo perdeva ancora liquido macchiando il tappeto.

Un senso di panico mi assalì d'un tratto appena posai lo sguardo alla figura di William buttato malamente sul divano a pancia in sotto.

Riuscivo a vedere solo la sua schiena nuda e il braccio a penzoloni sul bordo del divano.
Quasi ebbi paura di avvicinarmi ma costrinsi le gambe a muoversi nella sua direzione, evitando di calpestare i pezzi di vetro.

Appena udii il suo respiro regolare mi calmai per qualche secondo, lasciando che la mia mente si affollasse poi di domande.

Perché aveva bevuto così tanto? Non era da lui anzi era molto più che moderato, essendo uno sportivo e soprattutto per i spiacevoli ricordi della madre ubriaca.

Scossi la testa, liberandomi da quei pensieri per potermi occupare del mio ragazzo.

Posai una mano sulla sua spalla nuda iniziando a scuoterlo per svegliarlo, solo dopo svariati tentativi emise un grugnito ed iniziò a muoversi.

Aspettai con calma che aprisse le palpebre, mettesse a fuoco tutto e capisse la situazione.

Lo vidi alzarsi lentamente con il busto portando una mano sul viso, emettendo un altro lamento probabilmente dovuto al post sbornia, infine il suo sguardo cadde nell'angolo in cui ero accovacciato.

"Non dovevi venire più tardi?" domandò con tutta calma non degnandomi neanche più dell'attenzione dato che si concentrò sulle tempie dolenti che si stava massaggiando.

Aprii e richiusi la bocca più volte, preso alla sprovvista dalla sua domanda. Mi aspettavo una spiegazione o qualcosa del genere, non che reagisse così e mi trattasse con tutta quella freddezza.

"Non hai altro da aggiungere?!" sbottai, indicando tutto il casino che aveva creato nel soggiorno.

"Che mi fa molto male la testa, non urlare" rispose e capii che sarebbe stato inutile intavolare in quel momento una conversazione.

Mi alzai in piedi poggiando le mani sui fianchi e lo sguardo fisso a lui.
"Vai a farti una doccia, ne hai bisogno" ordinai con una punta d'astio prima di girare i tacchi e raggiungere il piccolo sgabuzzino in cucina.

Mi munii di guanti in lattice, dei grossi sacchi della spazzatura, scopa, paletta, stracci, detersivi di ogni tipo tanto che quando ritornai nel salotto vuoto e sporco, sarei potuto benissimo essere scambiato per una donna delle pulizie.

Sentii il lontano scroscio dell'acqua in bagno e sospirai accantonando momentaneamente tutto ciò a cui avevo assistito per dedicarmi alla pulizia.

Mezz'ora, un sacco pieno e tre stracci sporchi dopo il soggiorno splendeva. Avevo avuto anche il tempo di scendere a buttarlo, soprattutto per evitare che qualcuno si facesse male con i pezzi di vetro rotto all'interno.

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