Capitolo 38

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Pov Max





Camminare tra i fili d'erba sintetica di quel campo che mi aveva accompagnato per tutta la mia adolescenza, fu più doloroso che nostalgico.

Lì era nata la mia cotta per Derek, lì avevo sofferto la sua mancanza quando aveva lasciato il calcio, lì avevo coronato il mio sogno, giocando fianco a fianco del mio grande amore e infine lì, avevo concentrato le mie forze, per sopravvivere, al suo abbandono.

Troppi ricordi, troppe emozioni, troppa sofferenza che ero certo, di non meritarmi.

Mi lasciai alle spalle tutti quei pensieri, nel momento in cui raggiunsi la porta rossa dell'ufficio, del mio ex allenatore.

Bussai un paio di volte e dopo aver ricevuto una risposta, abbassai la maniglia, entrando all'interno di quello stanzino famigliare.

Notai con felicità che nulla era mutato, neanche il vecchio uomo scorbutico, che sedeva al di là della scrivania.

"Finalmente, eccoti qui! Fatti abbracciare ragazzo mio!" esclamò, alzandosi a fatica dalla poltrona per potermi raggiungere e stringere in un soffocante abbraccio.

"Ma guarda come sei diventato grande!" mi fissò a lungo, dandomi continue pacche sulle spalle.

"Prego siediti" invitò, ritornando a sedersi e indicando quella sedia davanti alla scrivania, che tutti temevano.

Quando il mister revocava qualcuno nel suo ufficio, era un presagio di una punizione molto severa.

Mi accomodai sulla sedia maledetta per la prima volta in tutta tranquillità, ormai lontano dal sistema scolastico, tal volta spietato.

"Ho saputo che hai un figlio" esordì, facendomi sorridere al pensiero del mostriciattolo biondo, che avevo lasciato a casa con Isabel.

"Sì, in realtà è figlio di mia cugina che è venuta a mancare poco tempo fa e l'ha lasciato in custodia a me" spiegai, sotto la sua attenzione.

"Una grossa responsabilità per un ragazzo di vent'anni ma d'altronde, a te le cose semplici non sono mai piaciute e stranamente gestirle, ti riesce sempre bene" osservò e nella mia mente apparve l'immagine nitida di Derek.

"È per questo che ti trovi qui adesso" disse, facendomi accigliare e incuriosire maggiormente.

Era dalla sera precedente, che cercavo di capire il perché di quella chiamata ma finalmente, non avrei più aspettato.

"Come ben sai, io ormai sono vecchio, non ho più forze e voglia di stare dietro a questi ragazzini. Ho passato tutta la mia vita a urlare dietro una banda di teste calde, è ora che lo faccia qualcun altro"

Mi fissò dritto negli occhi, rendendomi più chiare le sue attenzioni ma sperai che quella piccola idea che mi balenò in testa, fosse errata.

"Vuole andare in pensione?" azzardai, stringendo con una mano il bracciolo della sedia maledetta, che non sembrava più tanto innocua.

"Esattamente, mi è stato chiesto di cercare un mio valido sostituto ma i miei colleghi sono quasi tutti in pensione e voglio che sia un giovane a dirigere la squadra. Per questo sei qui" rivelò infine, concretizzando tutte le mie supposizioni.

Mi lasciai andare ad una risata alquanto isterica e incredula.

"Io? Non tocco un pallone dalla partita dell'ultimo anno, non ho una licenza per essere allenatore e come ben sa, ho un figlio da mantenere. Ha allenato come minimo centinaia di studenti, ci sarà qualcuno di più valido" risposi a tono, cercando di fargli capire quando quella idea fosse assurda.

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