Capitolo 23

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Pov Isabel




Per come uscii da casa di Max per dirigermi nella villa di fronte, avrei potuto benissimo uccidere qualcuno.

Il sangue mi ribolliva nelle vene e se avessi incrociato quel pezzo di merda per caso, gli avrei tirato un bel calcio dritto nelle palle.

Vedere Max soffrire era una di quelle cose che più mi mandavano fuori di testa, soprattutto perché lui non si merita nessun male.

Una volta in cucina, aprii il frigo e stappai una bottiglia di birra a caso, portandola subito alle labbra e scolando d'un colpo, almeno metà del liquido chiaro ed alcolico.

"Is!"

Riabbassai la bottiglia sul bancone con un tonfo e mi voltai verso Ines che mi aveva appena chiamato.

"Che hai?" domandò e potei notare come sulla sua fronte candida, si fossero formate delle rughe di preoccupazione.

"Tuo cugino" mi limitai a rispondere, facendo una smorfia e in quel momento una lampadina si accese in un angolo remoto della mia mente.

"Tu lo sapevi? Del suo ragazzo intendo" le chiesi a bruciapelo e appena distolse lo sguardo in modo colpevole, ebbi la mia risposta.

"È mio cugino, non mi riguardavano gli affari suoi" si difese ed innarcai un sopracciglio completamente incredula a ciò che stesse dicendo.

"Non è tuo cugino a stare in un fottuto letto a piangere come un dannato!" sbottai e a passi spediti, la sorpassai per dirigermi fuori da quella casa.

"Dove stai andando?" mi chiese dietro mentre avevo ormai le dita poggiate sulla maniglia del portone.

"A casa" risposi semplicemente prima di uscire e raggiungere la mia auto.

Riuscii a guidare tranquillamente, nonostante il mio stato d'animo anche se il volante dell'auto aveva ben chiaro il mio nervosismo.

Una volta parcheggiata la macchina davanti casa, mi apprestai ad uscire e tirare fuori le chiavi del portone.

Non credevo che tornare momentaneamente in quel edificio, fosse la decisione più giusta ma mi sarei chiusa in camera per un po' senza sentire e vedere nessuno.

Appena entrata, potevo benissimo sentire i soliti rumori di quelle quattro mura, la tv accesa, il suono dei piatti e lo scroscio dell'acqua.

Dei suoni normalissimi che fanno parte di ogni casa, ma nella mia altro non era che la distrazione di due persone legate dall'odio, dalla sofferenza, dal nulla.

"Isabel sei tu?" sentii distintamente la voce di mia madre che subito sbucò fuori dal corridoio con un canovaccio in mano e il solito viso stanco, segnato dall'età.

Quel viso che terribilmente assomigliava al mio.

"Hai mangiato cara?" domandò di routine come un automa, pronto con le domande di rito.

"Sto in camera per un po', poi esco" risposi, indicando la mia stanza, ormai solo deposito dei miei oggetti.

La vidi annuire, accennando un piccolo sorriso che non ricambiai e una volta concluso quel breve momento, tirai dritta verso la mia stanza, sospirando di sollievo non appena fui chiusa dentro.

Passai lo sguardo sui dettagli di quelle quattro mura bianche, pensando che mi conoscessero sicuramente molto più delle due persone sotto quel tetto.

Feci per togliermi la giacca quando la porta della stanza si spalancò in modo brusco facendomi sobbalzare.

Mi voltai per ritrovarmi davanti lo sguardo duro di mio padre, pronto sicuramente a rimproverarmi come al solito di qualcosa.

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