Capitolo 61

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Pov Aiden







Mi svegliai in un incubo.

Ero stordito, infreddolito, sporco e affamato.

Non avevo idea di quanto avessi dormito, di che ora o giorno fosse e dove mi trovassi.

Mi ci erano voluti due interi minuti, guardandomi attorno, per realizzare che mi avessero rapito e rinchiuso in un vecchio magazzino logoro con un'unica minuscola finestra sbarrata, impossibile da raggiungere.

Tentai con tutte le forze di reggermi in piedi, nonostante mi sentissi svuotato di energie.

Mi chiesi se mi avessero drogato in qualche modo o se fosse ancora l'effetto del panno che avevano usato per tramortirmi.

Quel pensiero mi fece rabbrivire e raggiunsi a fatica l'unica porta di metallo.

Iniziai a sbattere i palmi sull'acciaio gelido, urlando a pieni polmoni.

"Aiuto! Fatemi uscire di qui! Aiuto!"

La porta venne bruscamente aperta, facendomi sussultare di paura e due uomini incappucciati, apparvero sulla mia visuale.

Uno di loro mi spinse verso l'interno talmente forte da farmi quasi cadere a terra.

"Sta zitto o ti sparo un buco in fronte!" sbottò uno dei due, facendomi raggelare.

Potevo morire nel giro di pochi secondi, potevo non rivedere mai più un'alba e non potevo.

Non potevo abbandonare Christian.

Christian.

Dov'era? Stava bene?

Senza pensarci, corsi verso la porta, cercando di oltrepassare i due uomini armati.

"Lasciatemi andare! Christian! Devo andare da Christian!" urlai, dimenandomi senza successo.

"Christian!" gridai in piena disperazione, avvertendo qualcosa spezzarsi all'altezza del petto.

"Ho detto che non devi gridare!" urlò l'uomo a sua volta, spingendomi all'indietro e alzando una mano per colpirmi in pieno volto.

Strizzai gli occhi, pronto a ricevere un dolore allucinante che non arrivò, venendo bloccato da una terza voce femminile.

"Non osare torcergli un capello. Sono gli ordini. Portate del cibo piuttosto, subito" disse la misteriosa donna in soprabito nero e occhiali scuri.

I due borbottarono imprecazioni e lasciarono la stanza, la donna mi fissò attraverso le lenti scure e mi strinsi nella mia giacca.

"Non rimarrai qui a lungo" esordì, causandomi un brivido di terrore.

Che significava? Che mi facevano tornare a casa? O che sarei morto nel giro di poche ore?

Christian.

La mia mente riusciva ad elaborare solo il suo nome e il suo bel viso.

Perché mi avevano portato via da lui? Come potevo solo pensare di sopravvivere senza?

Eppure pregai Dio che fossi solo io quello segregato in un posto del genere. Pregai che lui fosse a casa, che stesse bene e al sicuro.

Si voltò pronta ad uscire e la fermai sul posto, con la voce tremante, come tremava tutto il mio corpo.

"Per favore.. Non fate del male a mio marito Christian" mormorai, sentendo gli occhi ricoprirsi di calde lacrime.

Era l'unica cosa che mi importasse sul serio, l'unico motivo che mi avrebbe fatto rimanere lucido.

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