Capitolo 83

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Pov Ines




Per la terza volta mi trovavo davanti a svariati test, in attesa del risultato, con un groppo in gola e l'ansia alla bocca dello stomaco.

Mentre il tempo scorreva, il mio pensiero era finito dritto all'unica persona, di cui sentivo di avere bisogno.

Nella mia stupidità, avevo allontanato il mio unico porto sicuro, colei che in un modo o l'altro, mi aveva sempre salvato.

E ora chi lo avrebbe fatto? Come avrei affrontato le cose da sola?

Lei soltanto, possedeva la capacità di rendere tutto migliore, ogni situazione, affrontandola nel giusto modo e finendo col sorridere e andare avanti perché c'era sempre qualcuno al mondo, con problemi più gravi.

Questa era la sua logica e quella che forse tutti, avrebbero dovuto usare, me compresa.

Ma in quel momento, sapevo che se il test sarebbe risultato negativo, tutto il mio mondo avrebbe smesso di funzionare.

Non avrei avuto il mio bambino e mi domandai come si superassero cose come questa.

Sospirai, affondando il viso nel cuscino che stringevo al petto.

Dovevo calmarmi, in fondo c'era ancora una possibilità.

L'allarme del telefono segnò che il tempo era scaduto e i risultati erano pronti, così lentamente alzai il capo, per guardarli da lontano.

Le gambe tremavano leggermente mentre mi alzavo per raggiungere il comò, con il cuore che batteva impazzito e le mani congiunte sotto il mento.

Chiusi gli occhi e distesi le braccia avanti a me, fermandomi non appena le dita sfiorarono il bordo di legno.

Presi un lungo respiro profondo e di getto, spalancai le palpebre, fissando i test disposti sul tavolo, uno accanto all'altro.

Per svariati secondi li scrutai immobile, congelata sul posto, poi calde lacrime iniziarono a scendere senza che me ne accorgessi, bagnandomi il viso, rigandolo di trucco nero.

Ma non importava.
D'impulso, voltandomi verso la porta, iniziai a correre come una pazza fuori e giù per le scale, fino alla porta d'ingresso che spalancai, fiondandomi fuori per strada, sperando in qualche modo di poter aggiustare le cose.

Attraversai quei pochi metri, come avevo desiderato di fare tante volte, diretta dall'unica persona che volevo accanto.

E proprio quando stavo per entrare nel vialetto, la sua voce giunse alle mie orecchie, in modo dolce, facendomi scattare verso quella direzione.

Ironia della sorte, la vidi sorridere ampiamente, bellissima e felice, al fianco di un'altra ragazza dai capelli verdi, stretta al suo braccio.

Dovevo andarmene, sapevo che dovevo sparire ma non riuscivo a distogliere lo sguardo dalla sua mano, che si poggiava a quella della sconosciuta.

Sentii una fitta di dolore in pieno petto, non avevo minimamente pensato a una visione del genere, non quel giorno, non in quel momento, non immaginavo nessuno al suo fianco e invece lei era lì, una bellissima ragazza dagli occhi e capelli verdi.

Inevitabilmente, si accorsero della mia presenza e incrociai gli occhi scuri di Isabel, dopo mesi, da vicino.

Il suo sguardo era accigliato, confuso e accusatorio, sapevo che mi stava studiando bene e così anche la ragazza accanto.

"Cosa ci fai qui?" mi chiese tranquillamente, come se rivolgermi la parola dopo tutto quel tempo, non le pesasse affatto e forse, era realmente così.

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