Capitolo 87

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Pov William





Sciolsi per la terza volta il mezzo nodo alla cravatta, ricominciando da capo ma più tentavo di annodare, più non ci riuscivo.

Lo sguardo fisso alle mie mani sul riflesso dello specchio e all'ennesimo tentativo fallito, gettai l'inutile pezzo di stoffa nera lucida, per raggiungere il bordo del letto e la bottiglia di chissà quale alcolico.

I miei occhi incrociarono la finestra, dalla quale spuntava un sole caldo, che trovai fastidioso e in contrasto con ciò che provavo.

Il liquido amaro mi bruciò la gola e mi causò un leggero capogiro piacevole, non sarei arrivato a fine giornata lucido.

"William.."

Non mi voltai neanche quando Jonathan entrò in camera e mi chiamò più volte, per poi togliermi dalle mani la bottiglia.

"Lasciami in pace" dissi, non riuscendo a trovare altre parole o diversi modi.

Era più forte di me, non riuscivo a tenere vicino qualcuno, volevo solo disperarmi per i cazzi miei, senza dover niente a nessuno.

"Tutto ciò che vuoi ma ti conosco, ti pentiresti di arrivare al funerale ubriaco. Quindi questa la porto via" rispose con un tono rassegnato.

Alzai gli occhi verso di lui, era bellissimo in quel completo nero, era bellissimo con l'espressione triste stampata in faccia, era bellissimo e il mio corpo non resistette all'impulso di raggiungerlo.

"Mi aiuti con la cravatta?" domandai a un palmo dal suo naso, ottenendo un piccolo sorriso in risposta.

Posò la bottiglia e recuperò da terra la cravatta, per poi avvolgerla attorno al mio collo, concentrandosi sul nodo.

"Sono tutti giù, volevano vederti prima della cerimonia" sussurrò, finendo di tirare la stoffa, per stringerla sopra la camicia e alzare gli occhi dorati nei miei.

"Sei stato instancabile in questi giorni, nonostante io sia stato uno stronzo" sussurrai, posando la fronte alla sua mentre le sue mani si incastravano fra i miei capelli.

"Se ti serve una roccia, io divento una roccia o qualsiasi altra cosa tu abbia bisogno"

Sospirai, serrando gli occhi e scivolando fino alla sua spalla dove affondai il mento, facendomi stringere e abbandonandomi a l'unico calore che sapeva di famiglia.

"Sono così arrabbiato Jonathan.. Lui lo sapeva e non mi ha detto nulla, non mi ha concesso l'opportunità di dirgli addio.. Non l'ho mai ringraziato per tutto.. Non gli ho detto che gli volevo bene e che mi ha salvato.."

Quando riaprii le palpebre, le lacrime che avevo trattenuto sin dalla chiamata, decisero di sgorgare incontrollabilmente, contro la spalla dell'uomo che amavo.

"Amore no.. Non è vero, guardarmi" si tirò indietro per prendermi il viso tra le mani e guardarmi con gli occhi carichi della sofferenza che riflettevo.

"Lui sapeva benissimo quanto lo amassi e gli fossi grato e l'hai ripagato diventando un uomo perfetto e felice, fidati di me. Lui sapeva, lui sa"

Mi lasciai cullare da quelle parole appena sussurrate con dolcezza, cercando di appropriarmi del conforto che Jonathan mi serbava.

L'anello, nella tasca dei miei pantaloni, pesava come un macigno e il periodo che credevo dovesse essere solo di gioie, era iniziato col peggiore dei dolori.

Ore dopo, alla cerimonia, nonostante fossi lì fisicamente, la mia testa non riusciva a vedere come reale, tutto intorno a me.

Al mio fianco, la presa ferrea di Jonathan che tremava, non riuscendo a trattenere le lacrime. Dall'altro lato, l'uomo che aveva contributo a mettermi al mondo, dietro le mie spalle, la presenza di una grande famiglia, tutta lì per sostenermi.

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