Capitolo 35

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Pov Jonathan






Rialzai lo sguardo dal libro che stavo leggendo, per tener d'occhio Thomas e Caleb che stavano giocando con un pallone, poco lontano da me.

Sorrisi, nel vederli correre, urlando gioiosi, senza pensieri e mi immersi nella lettura del libro, materia d'esame.

Ma nonostante leggessi da un bel pezzo, non riuscivo a concentrarmi, non facevo altro che pensare a William, a come stesse.

Non aveva voluto più parlarne e io, per amor suo, non avevo insistito più di tanto.

Non potevo immaginare il dolore che provasse nell'aver riaperto vecchie ferite e per quanto potessi stargli accanto, non potevo fare molto e quel senso di impotenza, era devastante.

"Sentivo le rotelle del tuo cervello cigolare dal fondo del viale, pulcino"

Ridacchiai per quel stupido commento, voltandomi per poter scorgere Christian, in tutto il suo splendore.

"Che ci fai qui?" domandai, strizzando appena gli occhi, infastiditi dai raggi del sole, in pieno viso.

"Sono venuto a prendere Caleb, lo riporto da Clara e poi vado con Aiden a salutare Ryan prima che parta" spiegò, buttandosi a peso morto accanto a me e puntò lo sguardo ai bambini mentre rimasi a fissarlo di profilo, imbambolandomi in chissà quali pensieri.

"Vuoi una foto? Così te la tieni per ricordo" domandò, incurvando le labbra in un sorriso che ricambiai di getto, ricordando la primissima volta che aveva posto quella domanda.

"Gli anni passano ma il tuo ego non diminuisce mai" osservai, alzando gli occhi al cielo e aumentando il suo ghigno.

"Che ci vuoi fare, Scott si nasce" rispose e inevitabilmente, i miei pensieri ritornarono al mio ragazzo.

"A proposito di Scott, come sta William?" domandò d'un tratto serio, voltandosi per guardarmi in pieno volto.

Scrollai le spalle, pressando le labbra una contro l'altra, in una linea rigida.

"Non è di certo tranquillo ma si rifiuta di parlarne. Ciò che so, è che l'accaduto gli ha ricordato sua madre e non posso capire cosa sta provando" mormorai, prendendo l'argomento con le pinze.

Mi fissò ancora, con quegli occhi di un verde ghiaccio, scagliati da minuscole schegge marroni, attorno alle pupille.

Occhi, che negli ultimi anni avevo visto riaccendersi, erano diventati inquieti con il solo potere di una frase.

Riportò subito lo sguardo verso i bambini, quasi a sapere che ormai, avevo imparato a leggere dietro quegli specchi gelidi.

Scrutai il suo profilo, attendendo una risposta che non ebbi e quel silenzio, bastò più di mille parole.

Così lo imitai, riportando l'attenzione ai due bimbi sorridenti e spensierati, tanto che li invidiai per un attimo.

Ironico, come da piccoli si voglia crescere il più in fretta possibile e da adulti, si voglia ritornare indietro, a quando gli unici problemi erano i dubbi su cosa giocare.

"Da certe cose non guarisci" parlò dopo un lungo periodo di quiete, come se ci avesse riflettuto per tutto il tempo.

"Ti segna per sempre e nonostante la tua vita va avanti, sei felice, ricopri la ferita marginalmente. Ma arriva sempre un momento, un solo momento, che può presentarsi ogni giorno o un giorno a caso o anche a distanza di anni ma quando arriva, non importa cosa tu abbia costruito fin'ora, crolla tutto come castello di sabbia. Ricordi il dolore, la rabbia, ciò che hai passato e la parte davvero difficile, sai qual è?" si voltò nuovamente, così che potei notare i suoi occhi liquidi, vitrei e pieni di una tristezza che non potevo capire.

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